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conness precarie

La fabbrica delle differenze

Forza lavoro, mobilità e lotta di classe attraverso i confini d’Europa

Devi Sacchetto

Pubblichiamo la versione rivista di uno degli interventi introduttivi del workshop «Trasformazioni del lavoro e sciopero transnazionale: nuovo regime di fabbrica, precarizzazione e composizione del lavoro» organizzato da ∫connessioni precarie con Worker’s Initiative (Polonia), TIE – Global Worker’s Network (Germania), Angry Workers (Regno Unito) durante il meeting per uno sciopero sociale transnazionale che si è tenuto a Poznan all’inizio di ottobre

La fabbrica delle differenzePer almeno vent’anni il lavoro di fabbrica in Europa è apparentemente scomparso. Quando ha cominciato a riapparire, è stato a prima vista relegato nell’Europa dell’est. Tuttavia, la crisi economica nel 2008 ha mostrato che il sistema manifatturiero, con il suo portato di servizi più o meno esternalizzati, costituisce ancora un fattore determinante per le condizioni di lavoro in Europa. Stiamo parlando di una fabbrica che ha subito diverse trasformazioni sia dal punto di vista tecnologico sia organizzativo e, ancora più importante, che è quotidianamente connessa con altre realtà in Europa e nel mondo. La fabbrica oggi è il luogo di connessione di diverse storie del lavoro che hanno luogo a migliaia di chilometri l’una dall’altra e con cui siamo costantemente in contatto. Per questa ragione, la fabbrica rappresenta il punto di intersezione di diverse forme di organizzazione del lavoro, ma anche di diverse precarietà.

Immaginiamo un giovane lavoratore o una giovane lavoratrice est-europea che abbia finito le scuole superiori. Che cosa può fare? Può cercare un lavoro, magari provando a trovare qualcosa che ha a che fare coi suoi studi.

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euronomade

EXPO 2015. Vettore di spoliazione e laboratorio di nuovo sfruttamento

di Emanuele Leonardi e Ugo Piazza

pagailavoroConsiderate come ‘pulsazioni’ del pianeta,
le esposizioni vanno misurate nei loro intervalli
e nelle loro intensità,
nelle loro scelte territoriali
e nelle loro politiche celebrative,
sino a ricomporre andamenti sincronici e diacronici
di un apparato in cui ‘lavoro concreto’
e ‘lavoro astratto’ trovano soluzioni ‘esemplari’
estremamente articolate e profondamente legate
agli automatismi ma anche alle derive
della società meccanica.
 

Alberto Abruzzese1

Si è finalmente concluso il grande circo mediatico dell’EXPO milanese, dedicata al tema Nutrire il pianeta, energia per la vita. Non siamo affatto certi che il trionfalismo governativo sarà confermato da un’attenta lettura dei dati, né che la patata bollente del post-esposizione sarà gestita in maniera adeguata e trasparente. Si tratta di problemi seri e urgenti, cui i movimenti No EXPO non potranno sottrarsi. In questo breve intervento2 vorremmo tuttavia focalizzare l’attenzione su tre elementi più generali, in grado forse di fornire all’ondata informativa che si appresta a travolgerci un contesto storico di riferimento, uno sfondo capace di dare senso politico al mega-evento dell’anno.

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militant

Il rancore proprietario verso i poveri

Analisi di un’ideologia trasversale e politicamente corretta

di Militant

FullSizeRender 367x500Roma fa schifo, la livorosa bacheca razzista filo-padronale, ha purtroppo assunto nel corso del tempo il ruolo di voce “dell’uomo qualunque”, del “cittadino” romano mediocre, sfogatoio qualunquista del peggior odio anti-proletario, aiutata in questo da un supporto mediatico senza precedenti volto ad elevare ad “opinione pubblica rilevante” qualsiasi espressione del malcontento purchè (apparentemente) non organizzata politicamente. Il qualunquismo a-partitico e anti-politico, superficialmente criticato, è invece il requisito fondamentale per essere presi in considerazione dall’informazione mainstream. Partito con l’obiettivo (anche qui apparente) di denunciare il “degrado” cittadino fatto di muri sporchi, tombini otturati, marciapiedi ingombri di immondizia, il sito è rapidamente evoluto in denuncia permanente della povertà, accusando i poveri, i lavoratori dipendenti, i militanti politici, i migranti, del declino economico, sociale e culturale della città. Ovviamente la fortuna del covo razzista-qualunquista è dovuta anche ad una situazione oggettiva, quella del suddetto declino, che riguarda la città e che non è stato minimamente compreso dalla sinistra cittadina, che da una parte ha governato questo declino per un ventennio, mentre dall’altra ammiccava al “buongoverno” centrosinistro interpretato come “male minore” rispetto alle opzioni politiche di centrodestra. Per altro verso, quello della sinistra non compromessa con i passati governi cittadini, il tema del declino metropolitano è stato abbandonato cedendolo alle retoriche di una destra reazionaria che ovviamente oggi cerca di cavalcare un malcontento popolare che pure è legittimo e anzi sacrosanto. Bene, questa la premessa. Oggi però il ruolo e gli obiettivi polemici del sito in questione sono cambiati smascherando non solo l’intento reale del suo curatore, Massimiliano Tonelli, cioè quello di incolpare lavoratori e disoccupati del declino cittadino, ma soprattutto manifestando la propria ideologia proprietaria neoliberista, volta a difendere la proprietà dei possidenti dalle pretese dei “diversamente ricchi”. Insomma, da sito moralistico-perbenista si è trasformato in sito della destra cittadina in campagna permanente contro l’economia pubblica, i lavoratori dipendenti e i militanti politici. In realtà, ovviamente, lo è sempre stato, ma se prima copriva questa sostanza da una patina politicamente accettabile o spendibile venendo per l’appunto ripreso dall’informazione generalista, oggi il Tonelli ha gettato la maschera per motivi che magari capiremo in primavera.

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infoaut2

Che cosa sono i nostri amici?

di Gigi Roggero

12189982 1119160464778842 1983339579603091559 nAi nostri amici, l’ultimo libro del Comitato Invisibile, è un libro da leggere. In parte studiando quello che gli autori dicono, in parte studiando i lettori, reali o potenziali, che lo leggono. A chi si rivolge, infatti? La risposta è contenuta nel titolo, indubbiamente azzeccato: agli amici. Sono gli amici di un “partito” invisibile e disperso, immaginario e privo di organizzazione. Anzi, che rifugge l’organizzazione. È un partito che emerge laddove vi è un’insorgenza, “là dove l’epoca si incendia”, si inabissa laddove vi è apparente calma, quando si torna a registrare lo “scarso entusiasmo della ‘gente’ nel lanciarsi in una battaglia perduta in anticipo”. Il libro parla agli amici concreti e virtuali di questo partito: a quelli che già lo sono, rafforzando le loro convinzioni, a quelli che lo possono diventare, offrendo argomenti affascinanti per diventarlo.

Il linguaggio è adatto allo scopo, a volte colto e altre popolare, con diversi richiami filosofici, espliciti o impliciti, e con numerose citazioni di amici del partito, che prendono parola dal vivo delle lotte in Egitto o in Grecia. Gli obiettivi polemici sono spesso centrati con cura, i principali sono rivolti alla sinistra e agli anarchici, ovvero al senso profondo di sconfitta di cui la prima è portatrice, ai guaiti ideologici dei secondi. Più problematica ci pare, su diversi nodi, la direzione data alla critica, peraltro coerente a un’impostazione di fondo del libro.

Procederemo in modo rapido sui punti di accordo, ci soffermeremo invece sui problemi che riscontriamo. L’obiettivo di questo testo non è infatti una semplice recensione, ma è contribuire a una discussione militante, chiara e produttiva. Anche i nostri amici pensiamo condividano questo proposito.

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senzatregua

Generazione Millennial

Un’arma ideologica contro i giovani lavoratori

di Carlo Tommolillo

Startup Idea will it workPochi giorni fa (il 9 ottobre), il Censis ha presentato a Milano una ricerca realizzata per il Padiglione Italia di Expo 2015 intitolata «Vita da Millennials: web, new media, startup e molto altro. Nuovi soggetti della ripresa italiana alla prova». Oggetto dell’indagine sono i giovani italiani di età compresa tra i 18 e i 35 anni, i cosiddetti Millennials appunto. A questa ricerca è stato dato grande risalto, e molti dei principali giornali e agenzie di stampa nazionali hanno diffuso i risultati, a loro dire, incoraggianti di questo studio. Ma cosa sono i Millennials?

Con i termini Generazione Y, Millenial Generation o Millennials si indica la generazione dei nati in occidente tra gli anni ottanta e i primi duemila; seguono ai Baby Boomers (nati tra i ’50 e i ’60) e alla Generation X (nati tra i ’60 e gli ’80). Giornalisti e sociologi di tutto il mondo occidentale negli ultimi anni – oltre ad assegnare nomi fastidiosissimi a qualsiasi fenomeno – hanno descritto abitudini e caratteristiche di questa generazione: nati nell’era digitale, utilizzatori abituali di tecnologia, iscritti ai social network e sempre connessi in rete.

La ricerca del Censis pretende di dimostrare una straordinaria capacità di adattamento e spirito di sacrificio da parte della gioventù italiana, doti che sarebbero dovute ad un nostro innato spirito imprenditoriale: “alle barriere di accesso al mercato del lavoro e ai rischi di incaglio nella precarietà” ci spiega il Censis “i Millennials italiani hanno opposto una forza vitale partendo da una potenza italiana consolidata: l’imprenditorialità”.

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il rasoio di occam

La favola del postcapitalismo

di Lelio Demichelis

Il nesso tecnologia/capitalismo è tornato recentemente alla ribalta, interpretato in termini ottimistici, nel fortunato libro di Paul Mason, "Postcapitalism" (che a breve uscirà anche in Italia). L'errore è pensare che la tecnologia abbia il potere di liberarci dal capitalismo. È piuttosto il contrario: è la tecnologia che permette al capitalismo di sopravvivere ai suoi problemi

tumblr ltswdxD3HY1r4h4p6o1 500E’ arrivato un nuovo profeta che promette un postcapitalismo meraviglioso, umano, collaborativo, intellettuale, gratuito. Un postcapitalismo che sta nascendo dal capitalismo stesso e che, come il proletariato di Marx cancellerà questo capitalismo e ci porterà gioia, felicità, condivisione libera, la liberazione dalla fatica, eccetera eccetera. Perché si compia il passaggio al postcapitalismo basta confidare nella potenza rivoluzionaria e salvifica delle nuove tecnologie, confidare nel loro potere liberatorio e liberante nonché libertario, nella loro capacità di diffondere nuovi modi di lavorare e di consumare liberando il tempo dal lavoro e permettendo a noi mortali attività in rete finalmente libere e quindi non capitalistiche. Basta credere che il web sia la nuova fabbrica e che svolga la stessa funzione delle fabbriche del XIX° secolo e che il suo proletariato digitale, diverso da quello industriale perché più informato e più connesso, possa abbattere questo capitalismo.

Tutto bello e affascinante. Dimenticando però che se il vecchio proletariato – che era classe in sé ma anche per sé avendo una propria coscienza di classe capace di fare contrasto al capitalismo – è stato ormai in-corporato nel (è parte del corpo politico e culturale del) sistema capitalista, si è progressivamente sciolto nel capitalismo e ne condivide l’egemonia, questo proletariato digitale è nato invece già antropologicamente capitalista, non ha alcuna idea di una possibile alternativa, ha assunto in sé l’imperativo della propria integrazione nel sistema (il dover essere connessi) e pur essendo forse ancora classe in sé

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attiliofolliero

Razzismo e schiavitù

Come e perché il rapporto sociale capitalista procede svilendo l’umanità

Dante Lepore/Ponsinmor

Considerazioni in margine ai saggi di Loren Goldner raccolti in Il concetto di razza e il secolo dei lumi (1997), parte I: Prima dei Lumi: La Spagna, gli Ebrei e gli Indiani; parte II: L’Illuminismo anglo-francese e oltre (1998)

Nella precedente newsletter 48 (1) avevamsvod di amistad cast 1605352304o concluso, in merito alla «libertà», che il suo vessillo venne impugnato storicamente come bandiera dei ceti radicali borghesi, allora in ascesa e rivoluzionari, contro il principio d’autorità, contro l’assolutismo feudale aristocratico, per evolvere poi nella forma di un radicalismo espressione dei ceti medi e di borghesia grande o piccola di volta in volta proprietaria benestante o in crisi come nell’attuale fase di regressione sociale, oscillante tra una visione della libertà come «trasgressione», violazione della legge, rifiuto delle «costrizioni», e una forma tipica di segno opposto, di garantismo e legalitarismo della pletora dei parassitari delle scartoffie, dei funzionari e burocrati pubblici e privati, politici e sindacali, che ormai infestano il corpo sociale in putrefazione nella fase del capitale stramaturo e marcio, il capitale fittizio, ceti che prosperano sulle miserie, le tragedie e le guerre in cui si dibatte il capitalismo da sempre. 

Entrambi sono ossessionati dalla «gerarchia», dall’«autorità», dal «dominio» e dal «potere», e si è visto che in definitiva i loro progetti sono conservativi del sistema capitalista della proprietà, della legge del valore. Quanto al progetto di libertà come propugnato dal marxismo, che essi avversano senza sapere neppure di cosa parlano, esso prevede il comunismo molto semplicemente come: l’abolizione del valore, che rende inconcepibile la proprietà privata dei mezzi di lavoro, l’abolizione della produzione di merci, del lavoro salariato e del proletariato in quanto forma mercificata della forza-lavoro nel capitalismo.

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contropiano2

L'utopia reazionaria della nuova “classe agiata”

Forma e dominio delle élite globali

Giulia Bausano ed Emilio Quadrelli

Lo “sfruttamento” è proprio non già di una società corrotta o imperfetta e primitiva, ma appartiene all'essenza del vivente come funzione organica fondamentale; è una conseguenza della vera e propria volontà di potenza, che è la volontà stessa della vita. (F. Nietzsche, Al di là del bene e del male)

5d4a925c2abb23da34212a5c30f65557 LIl discorso del generale cinese Qiao Liang, pronunciato di recente presso l'Università della Difesa di Pechino e riportato nel n.7 della rivista Limes1, offre l'occasione per dare uno sguardo dentro le “visioni del mondo” delle classi dominanti contemporanee. Capire cosa pensano, cosa anima le loro strategie, in che modo organizzano i conflitti che, ogni giorno che passa, con sempre maggior forza delineano gli scenari della politica internazionale, è qualcosa di più che un semplice vezzo intellettuale. Sappiamo da tempo che ogni Weltanschauung ha ricadute materiali e oggettive non meno reali dei “fatti” anzi, a ben vedere, sono proprio le visioni del mondo e le idee forza che esse veicolano a dare senso e significato ai fatti. Se così non fosse ben difficilmente diventerebbe comprensibile, ad esempio, la partita mortale che intorno alla Storia e alla sua narrazione/interpretazione si gioca. Al contempo altrettanto inspiegabile sarebbero la quantità di risorse ed energie dedicate dalle intelligenze delle classi dominanti a ordinare il mondo e il corso delle cose in un certo modo piuttosto che in un altro.

Per ricordare quanto grande sia il peso delle parole può essere utile riportare alla mente la famosa asserzione di Margaret Thatcher: “La società non esiste”. Lì per lì poteva sembrare come una boutade dal sapore vagamente dadaista ma, ben presto, tutti dovettero riconoscere come, in una semplice battuta, fosse racchiusa tutta la Weltanschauungdi un intera fase storica. Certo tutto ciò che forma la società non cessava ovviamente di esistere solo perché Thatcher ne aveva decretato l'estinzione ma, ed è questo il punto, attraverso quella sorta di aforisma venivaarchiviato un intero modello politico che, a partire dal riconoscimento della “questione sociale”, aveva influenzato complessivamente il modo politico di gestire e amministrare la vita degli individui.

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senzatregua

Non chiamiamoli migranti

deserto4Gli uccelli migrano a primavera e in autunno. Migrano anche le balene, gli gnu, le antilopi, le zebre, e i salmoni per riprodursi. Lo fanno da sempre, è la loro natura. Le migliaia di donne e uomini, con figli al seguito, che quest’estate stanno scappando dai loro paesi, imbarcandosi su navi di fortuna o percorrendo chilometri a piedi lungo le frontiere del nostro continente non lo fanno per natura. Scappano da una condizione di miseria, di fame, di guerra, che ha precise responsabilità nel modo di produzione capitalistico, nel potere indiscusso dei monopoli transnazionali, nell’attività dei paesi imperialisti che impongono regimi politici favorevoli al potere economico dei grandi monopoli, anche attraverso la guerra e il terrorismo. Solo perbenisti e benpensanti possono pensare che assegnando a questa condizione drammatica un nome mite e romantico possano rendere un servigio alla condizione reale di chi è costretto ad emigrare.

A differenza degli uccelli, delle balene e delle antilopi gli uomini non sono fatti per migrare. È vero che la storia dell’umanità è piena di fenomeni di questo tipo, anzi si può dire che i popoli, per come oggi li conosciamo, sono il prodotto di queste storie, che ciascuno di noi nel suo dna porta impressa questa caratteristica millenaria. Ma dietro ogni migrazione di massa c’è sempre stata una catastrofe, una carestia, una guerra. Dietro la decisione di lasciare la propria terra e i propri affetti non c’è mai una scelta naturale, scontata, ma un dramma personale, storico e sociale che spinge centinaia di migliaia di persone ad un gesto così drammatico e innaturale.

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commonware

La generazione scomparsa

di Gigi Roggero

1ax0. Se non lo affrontiamo da un punto di vista esclusivamente sociologico o meramente anagrafico, sappiamo bene che quello di generazione è un concetto materialistico. È cioè uno degli elementi centrali che rende peculiare la collocazione sociale dei singoli dentro i rapporti di produzione e di classe. Nell’ultimo ventennio, per esempio, la precarietà e poi la crisi hanno progressivamente dilatato la categoria di giovani, fino a farla esplodere. Se nell’epoca definita “fordista” il giovane medio era colui che studiava e/o era in attesa di entrare nel mercato del lavoro, di passare dalla famiglia di provenienza a una propria famiglia, oggi che ne è di quella categoria a fronte della scomparsa del tradizionale rapporto tra formazione e lavoro, della rottura della supposta linearità delle successioni temporali di vita, della precarietà e disoccupazione che diventano elementi strutturali e permanenti? La precarietà e la crisi ci rendono giovani in modo duraturo, nel segno dell’impoverimento e dell’assenza di tutele.

Fondandosi su una struttura materiale e storicamente determinata, il concetto di generazione è importante per analizzare anche le forme della militanza. È indispensabile, cioè, per comprendere la costituzione della soggettività militante, al di fuori delle mitologie o dei fallaci racconti basati sull’eroismo individuale.

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infoaut2

Cyber-Proletariat

G. Mueller intervista Nick Dyer-Witheford

marx nobrowGavin Mueller: Il tuo libro del 1999 Cyber-Marx è un ottimo sunto dell'approccio marxista autonomo e post-operaista, e rappresenta una riflessione rispetto alla loro rilevanza nella lotta contro un capitalismo sempre più pervaso di tecnologie comunicative e informazionali. Con Cyber-Proletariat appari meno ottimista rispetto all'abbraccio che usualmente il post-operaismo propone rispetto alle tecnologie. Puoi spiegare questo cambio di posizione? Che cosa ha reso le tecnologie comunicative e informazionali sembrare sempre più come una sfida alla classe operaia globale?

Nick Dyer-Witheford: Il mio cambio di posizione riflette il coinvolgimento in due momenti di lotta – quello dell'alter-globalismo da metà anni '90 fino ai primi Duemila; e poi, dal 2008 a oggi, i nuovi antagonismi sociali e le lotte emerse sull'onda del collasso finanziario. Entrambe le lotte hanno rivelato nuove possibilità e nuovi problemi per i movimenti anticapitalisti rispetto all'uso delle tecnologie cibernetiche. Da un lato c'è stato un evidente – e molto dibattuto – uso dei social media e delle reti di telefonia mobile in ciò che possiamo chiamare come le rivolte del 2011 – i riot, gli scioperi, le occupazioni. Al contempo, e d'altra parte, tutti questi eventi hanno mostrato le difficoltà insite nel considerare tali tecnologie come matrici organizzative - ad esempio quello che potremmo definire come sindrome "dalle stelle alle stalle" che ha caratterizzato alcuni movimenti del 2011. Anche durante questo ciclo, e in particolare con le rivelazioni di Snowden in Nord America, è divenuto chiaro lo scopo e l'intensità della sorveglianza alla quale sono sottoposti i militanti grazie a questo milieu cibernetico.

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palermograd

Il male oscuro (ma non troppo) del Capitale  

di Giovanni Di Benedetto

Prosegue su Palermograd il dibattito avviato dagli interventi di Totò Cavaleri (9 Aprile 2015) e Calogero Lo Piccolo (3 Giugno 2015) su disagio mentale, desiderio, lavoro e nuove forme di schiavitù del godimento. L’intento è quello di tracciare una cartografia in grado di individuare le forme della sofferenza psichica nell’attuale contesto sociale e di provare a legarle all’analisi della società capitalistica, alle forme contemporanee del lavoro e del suo sfruttamento

12359Alcuni articoli comparsi negli ultimi mesi su Palermograd hanno provato a sottolineare il nesso strettissimo che lega le condizioni del benessere psicologico soggettivo e l’assetto della sfera dei rapporti sociali e di produzione dell’attuale formazione sociale dominata dal modo di produzione capitalistico. Mi riferisco, nella fattispecie, alle riflessioni di Calogero Lo Piccolo e Totò Cavaleri. Si sottolineava, in particolare, come il campo dell’attuale crisi economica abbia determinato un conseguente incremento di infelicità e malessere, aggravato peraltro dalla percezione di non reversibilità di una tale condizione di naufragio e spaesamento. In una recente intervista, l’economista Emiliano Brancaccio ammoniva chi, in Italia, si è recentemente esaltato per l’andamento dell’economia e dell’occupazione ricordandogli che se alla fine del 2015 l’occupazione, come previsto dalla Commissione Europea, dovesse crescere di 130.000 unità, ci troveremmo comunque con un milione di posti di lavoro in meno rispetto al 2008. Stesso discorso andrebbe fatto per la tanto celebrata economia della Spagna che si ritroverà, alla fine dell’anno, con due milioni e mezzo di occupati in meno in confronto all’anno in cui è esplosa la crisi dei mutui subprime. Il governo greco, alla vigilia del referendum a seguito della rottura delle trattative sul debito, rottura, è bene ricordarlo, voluta dai “creditori” della Troika, ha pubblicato alcune significative informazioni sulla situazione economica del Paese. L’austerità, imposta dalle istituzioni europee, dal Fondo monetario internazionale e dal governo tedesco, ha prodotto i seguenti risultati: tra il 2010 e il 2014 la pressione fiscale è cresciuta di 5 punti percentuali rispetto al Pil, la spesa pubblica è diminuita di un quarto e i salari monetari sono caduti di 20 punti percentuali.

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antiper

Lenin, Lenin sempre Lenin

Introduzione a Classe partito, guerra, 2014

Emilio Quadrelli e Giulia Bausano

Il proletariato non ha altra arma che l’organizzazione nella lotta per il potere.
(V. I. Lenin, Un passo avanti due indietro)

lenin workers soldiers1Nell’editoriale Musica d’avanguardia del 30 luglio 2014, il Collettivo Militant constatava con non poca amarezza come, di fronte al massacro sionista perpetuato nei confronti della popolazione palestinese di Gaza e del golpe neonazista in atto in Ucraina, nel nostro Paese le mobilitazioni di solidarietà al fianco di queste popolazioni non abbiano potuto vantare iniziative di una qualche consistenza. Le retrovie dell’imperialismo, per usare un lessico forse un po’ datato, sembrano essere sostanzialmente sicure. Neppure a livello simbolico il complesso militare – industriale imperialista è stato sfiorato, le sue sedi economiche e commerciali sono rimaste intonse, mentre il personale politico – diplomatico e le sue strutture non sono stati vittime di alcuna contestazione. 

I tempi del Vietnam appaiono distanti anni luce. A conti fatti, nel nostro Paese, i più attivi e incisivi sostenitori della lotta del popolo palestinese e della popolazione del Donbass si sono mostrati due gruppi musicali le 99 Posse per quanto riguarda la Palestina, la Banda Bassotti per quanto concerne gli antifascisti ucraini. La presenza attiva di queste due band al fianco delle resistenze popolari, in una condizione di normalità politica, avrebbe dovuto e potuto essere la classica ciliegina sulla torta mentre, nell’asfittico panorama politico nostrano, le due formazioni musicali sono diventate la torta tout court. Succede così che, a loro, sia destinato il compito tanto di cantare quanto di portare la croce. Di ciliegine, quindi, meglio non parlare.

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euronomade

Politiche di coalizione nella crisi europea

Toni Negri e Sandro Mezzadra

euronomade scuola roma 2015 2 locandina low1Costruire potere nella crisi: così abbiamo intitolato il seminario di Euronomade che si terrà a Roma dal 10 al 13 settembre. È del resto questo il problema di fondo attorno a cui abbiamo cercato di lavorare negli ultimi due anni. A fronte della violenza della crisi, dell’attacco portato alle condizioni di vita e lavoro in particolare nei Paesi mediterranei dell’Europa, abbiamo continuato a domandarci come sia possibile passare dalla resistenza alla effettiva costruzione di alternative. Il potere che ci interessa costruire è alimentato dalla dinamica e dal ritmo delle lotte sociali, ma deve fissarsi al tempo stesso in una stabile configurazione istituzionale. Come molti e molte abbiamo l’impressione che oggi si pongano questioni che in qualche modo stanno al di qua (o al di là) della grande divisione tra “riforme e rivoluzione” che si impose all’interno del movimento operaio europeo nel primo Novecento, nel solco del dibattito sul “revisionismo”. L’esaurimento del riformismo storico, socialdemocratico, è sotto gli occhi di tutti. Ma dobbiamo avere l’onestà di riconoscere che anche le ipotesi rivoluzionarie che abbiamo conosciuto appaiono svuotate di efficacia politica, ridotte a roboante retorica consolatoria o a farsesca messa in scena di un’insurrezione a venire. Alle spalle di questa duplice crisi c’è una trasformazione radicale del modo di produzione capitalistico e della composizione del lavoro, che da qualche decennio abbiamo contribuito ad analizzare senza essere ancora riusciti a forgiare gli strumenti politici necessari per rendere efficace, nelle condizioni nuove della lotta di classe, il nostro persistente desiderio comunista.

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alfabeta

Una scommessa politica

Benedetto Vecchi

776e657a594563f007a2b543857adbb0La coerenza è un elemento che va sicuramente incoraggiato in un presente opaco e segnato da repentini cambiamenti del punto di vista di chi lo interroga criticamente. Talvolta, però, la coerenza induce a semplificazioni e a riprodurre pregiudizi che poco fanno comprendere l'analisi critica che viene proposta. È questo il caso di Carlo Formenti nel testo pubblicato su queste pagine qualche giorno fa relativo all'analisi del libro La Rete. Dall'utopia al mercato di chi scrive, pubblicato da manifestolibri. Esprimo l'imbarazzo che anima questa risposta, perché quando si scrive un testo ci si espone all'analisi di chi lo legge. La critica, anche feroce, fa parte delle modalità di comunicazione dentro la sfera pubblica.

È il rischio e, cosa più importante, funzione propria della discussione pubblica far emergere punti di vista tra loro diversi e conflittuali tra loro. Carlo Formenti manifesta il fatto che il libro lo ha letto con attenzione. Di questo non posso che essere contento, indipendentemente dalla critiche dure espresse senza le odiose e talvolta ipocrite cerimonie del bon ton: i suoi argomenti vanno al di là del libro e investono il tema, caro ad entrambi, dello sviluppo di un punto di vista adeguato alla critica del capitalismo contemporaneo, dopo il lungo inverno della controrivoluzione neoliberista e della crisi radicale che ha investito i rapporti sociali emersi da quella controrivoluzione. Per questo penso che una risposta alla sue critiche possa essere espressa.