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lafionda

Golpisti siete voi: a casa il governo dei Signori!

di Savino Balzano

La bassezza del dibattito pubblico attorno alla possibile crisi di governo non sorprende di certo: da anni, ormai, siamo abituati ad un livello della discussione che non sarebbe probabilmente tollerato nemmeno nella più periferica e malfamata delle osterie, nemmeno negli ambienti più triviali e suburbani (che poi sono i migliori, a pensarci).

In Senato, ieri, ne abbiamo sentite di tutti i colori: a superarsi probabilmente ancora una volta Renzi, dal basso del suo 2% giustamente preoccupato dall’eventuale confronto con gli elettori, si è permesso di paragonare quanto accadeva e accade con quanto successo in Sri Lanka. La crisi (eventuale) del governo Draghi fatta passare per una specie di golpe, per una specie di colpo di stato: tutto sommato non è paradossale, in effetti è perfettamente coerente con l’idea di “democrazia” che questa classe dirigente concepisce. La logica è la medesima che di Draghi ne ha visto l’insediamento, non molto diversa da quella che a Palazzo Chigi ci ha posto Mario Monti: due alfieri scelti da una regia elaborata al Colle, nell’interesse della finanza internazionale.

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lantidiplomatico

Golpe, le ammissioni di Bolton e il silenzio (imbarazzato e imbarazzante) dell'UE

di Geraldina Colotti

Ipocriti e prezzolati. Così, con la consueta vis polemica che lo caratterizza, il presidente del parlamento venezuelano, Jorge Rodriguez, ha stigmatizzato i media egemonici, che si mostrano stupiti di fronte alle dichiarazioni di John Bolton.

L’ex consigliere per la Sicurezza nazionale di Donald Trump tra il 2018 e il 2019, ha infatti ammesso che il governo nordamericano “ha aiutato” a compiere colpi di stato in altri paesi. Lo ha fatto rispondendo alla domanda di un giornalista della Cnn, Jake Tapper, a proposito dell’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021: non si è trattato di un colpo di stato, ha detto, “credete a me che di golpe me ne intendo, avendo aiutato a pianificarli non qui ma in altri paesi”. Per preparare un golpe – ha aggiunto – “c’è bisogno di molto lavoro”, mentre Trump non ha fatto che “saltare da un’idea all’altra, finché ha finito per aizzare i responsabili dei disturbi al Campidoglio”.

Quanto agli interventi in altri paesi – sia rivendicati in precedenza dai funzionari nordamericani, come ha fatto anche Hillary Clinton nel suo libro a proposito del golpe contro Manuel Zelaya in Honduras, sia provati a distanza di anni dai documenti desecretati, come per l’intervento della Cia contro Salvador Allende in Cile - Bolton è rimasto nel vago.

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linterferenza

Sbigottimento di regime

di Ferdinando Pastore

Volti increduli, pallidi, nevrastenici. Così si presentano gli stati d’animo degli affidabili. Di chi negli anni ha lavorato perché l’Italia diventasse il laboratorio più collimante con il modello post-democratico, quello dei vincoli indissolubili, calati dalle elucubrazioni degli esperti. Europeisti e oggi atlantisti. Ragionieri contabili in grado di recepire ossequiosamente protocolli schematici chiamati riforme. Quelle riforme ispirate a concetti razionalmente semplici. Allargare lo spettro degli investimenti privati, per svalutare il lavoro e disincentivare gli esseri umani nel rappresentarsi come parte di una collettività in grado di ottenere protezione e sicurezza.

L’assillo dei liberali, sin dal dopoguerra, riuniti nei loro club esclusivi, abbarbicati nei loro pensatoi ginevrini dove lanciavano strali contro l’espansione della giustizia sociale e le de-colonizzazioni, era principalmente uno. Superare le democrazia. Ridurre la competizione politica a creatura ornamentale. Lo spirito di concorrenza doveva costituzionalizzare l’ineguaglianza. Un quadro normativo statico, indiscutibile, che superasse in un sol colpo l’incespicante andatura del conflitto di classe.

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clarissa

Italia, di tutti e di nessuno

di Gaetano Colonna

Fra i diversi punti interessanti che il segretario Stoltenberg ha toccato nella sua conferenza stampa sulla “nuova impostazione strategica” (New Strategic Concept) della Nato presentata al vertice di Madrid lo scorso 30 giugno, non sono da trascurare i riferimenti alla situazione di Marocco, Tunisia, Mauritania, vale a dire all’impegno della Nato in Nord Africa e Sahel.

Non casualmente, pochi giorni prima dello storico vertice, il gen. Thierry Burkhard, nominato nel luglio 2021 capo di stato maggiore della Difesa francese, la più alta carica militare del Paese, si è recato in Italia per incontrare il suo omologo italiano, l’amm. Giuseppe Cavo Dragone, con lo scopo dichiarato di «dare concretezza agli aspetti militari del Trattato del Quirinale, andando oltre i termini di sviluppo della nostra interoperabilità e condivisione, e preparandoci a condurre operazioni congiunte, se necessario».

Crediamo che in Italia ben pochi siano al corrente di questo trattato, siglato lo scorso novembre 2021 fra Italia e Francia, fra qualche sommessa polemica per essere stato elaborato dalla diplomazia diretta da Mario Draghi, senza peraltro passare per un voto parlamentare. Un trattato che include anche una specifica collaborazione in campo militare (art. 2) e spaziale (art. 7).

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bastaconeurocrisi

La moneta sovrana non risolve tutti i problemi ma....

di Marco Cattaneo

Siccome l’euro lo usano 19 paesi (dal 2023, 20 con la Croazia, good luck) e una duecentina di altri invece no, ovviamente tra gli altri 200+ qualcun altro ha qualche problema (di tipo economico, s’intende) pur disponendo della propria moneta.

Per cui ogni giorno si leggono articoli e commenti che parlano caso per caso dell’Argentina o della Turchia o del Venezuela o di qualcun altro e pensano di dire qualcosa d’intelligente formulando domande retoriche tipo “ma come ! guarda qui ! come lo spiegano questo i sovranisti ?”.

Caso per caso, le spiegazioni dei guai di questi paesi ci sono (vedi ad esempio qui e qui) e guarda un po’ tendono a ricollegarsi all’utilizzo di una moneta straniera. Mi preme però sottolineare un fatto molto più elementare ma non per questo sufficientemente compreso.

Usare la propria moneta è in primo luogo una questione di AUTODETERMINAZIONE NAZIONALE.

Con la MIA moneta, ho spazio per condurre politiche economiche decise e gestite DA ME, DI MIA INIZIATIVA.

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andreazhok 

Colonizzatori e colonizzati

di Andrea Zhok

L'altro giorno stavo assistendo ad una bella discussione di tesi avente per oggetto autori dei cosiddetti "postcolonial studies".

Era tutto molto interessante, ma mentre ascoltavo gli argomenti di Frantz Fanon, Edward Said, ecc. ad un certo punto ho avuto quello che gli psicologi della Gestalt chiamano un'Intuizione (Einsicht, Insight).

Ascoltavo di come gli studi postcoloniali cercano di depotenziare quelle teorie filosofiche, linguistiche, sociali ed economiche per mezzo delle quali i colonialisti occidentali avevano "compreso" i popoli colonizzati proiettandovi sopra la loro autopercezione.

Ascoltavo di come veniva analizzata la natura psicologicamente distruttiva del colonialismo, che imponendo un'identità coloniale assoggettante intaccava la stessa salute mentale dei popoli soggiogati.

Queste ferite psicologiche, questa patogenesi psichiatrica avevano luogo in quanto lo sguardo coloniale toglieva al colonizzato la capacità di percepirsi come "essere umano pienamente riuscito", perché e finché non riusciva ad essere indistinguibile dal colonizzatore.

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lafionda 

Bilancio commerciale della Russia: disastro occidentale ma vittoria di Pirro per Mosca?

di Matteo Bortolon

Una mezza vittoria è una mezza sconfitta.
(Principessa Leila Organa, Star Wars)

Com’è noto, il sostegno del blocco euroatlantico all’Ucraina contro la Federazione Russa si è concretizzato con aiuti finanziari e invio di armi a Kiev, escludendo il diretto coinvolgimento di soldati regolari occidentali nello scontro.

A quattro mesi dall’inizio dell’invasione, mentre la situazione militare si trascina con uno sguardo sempre meno attento dei media occidentali, pare arrivare ad un punto di svolta la guerra parallela intrapresa da Ue e Usa verso Mosca: quella delle sanzioni.

L’obiettivo era di isolare il paese, sebbene la necessità politica abbia indotto a non farlo completamente per via del flusso di materie prime energetiche così vitale per le economie europee; al di fuori di tale settore Mosca ha subito un embargo molto stretto con l’esclusione dal sistema di comunicazione per i flussi finanziari (SWIFT) ed il congelamento delle riserve di valuta russe detenute da paesi occidentali.

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piccolenote

Il fallito golpe ucraino e le visite di Biden e Putin in Medio oriente

di Piccole Note

Il dimissionario Boris Johnson ha svolto un ruolo di primo piano nella guerra Ucraina. Riportiamo quanto scriveva venerdì scorso Gian Micalessin sul Giornale: “Perché se Boris non avesse dato carta bianca alla propria «intelligence» e alle proprie «forze speciali», Zelensky non sarebbe certo sopravvissuto al «pronunciamento» dei generali ucraini che il 24 febbraio scorso doveva garantire – nelle previsioni (sbagliate) dell’Fsb – l’instaurazione di un governo filo russo. E se non fosse stato per Boris il presidente ucraino avrebbe probabilmente dato ascolto a chi da Washington suggeriva di portarlo via dalla capitale”.

“Grazie all’insistenza di un BoJo convinto di essere un novello Churchill, il presidente-comico non solo respinse le profferte Usa restando al proprio posto, ma si trasformò in un leader-guerriero capace di galvanizzare i propri combattenti. Non a caso, ieri, [giorno delle dimissioni di Boris, ndr] uno dei primi a farsi sentire è stato proprio Zelensky ricordando l’amico e l’alleato dei «momenti più difficili»”.

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paroleecose

Perchè in America amano Agamben

di Andrea Sartori

Chi non ha sognato, a un certo punto della propria vita, di poter stare al mondo senza dover dimostrare nulla, né a sé, né agli altri? Chi non ha sognato di sbarazzarsi della necessità di affinare costantemente le proprie qualità migliori – intelligenza, umorismo, prestanza fisica etc. – per non doverle più mettere in mostra, ed esporle alla percezione altrui, allo scopo d’ottenere un vago e indefinito successo? Chi, ancora, non s’è stancato di celare quelle caratteristiche personali che, a torto o a ragione, sono ritenute impresentabili, quasi fossero una business card stampata male, un biglietto da visita dalla linea grafica improbabile?

L’America è il luogo in cui convivono il marketing del sogno e l’orrore dei mass shootings, ovvero la mistica del fresh start capace di dare nuovo slancio ed empowerment all’esistenza, e il Reale che viceversa resiste a ogni tentativo di trovare un senso. Questo è anche il luogo dell’occidente in cui è massima la frenesia associata alla performance del sé, al bisogno di mettere in vetrina il profilo migliore di chiunque (e di qualunque cosa), ma in cui chiunque non è legittimato all’esistenza per il solo fatto di essere appunto chiunque, ovvero uguale a tutti gli altri.

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pierluigifaganfacebook

“Weird Shit happens in a War"?

di Pierluigi Fagan

Ricorderete un recente post riferito alle dimissioni di Boris Johnson, in cui davo evidenza ad un tweet dell’ex Chief advisor del Primo Ministro britannico, D. Cummings. Sosteneva il tipo di non credere più di tanto alle dimissioni di BJ che però rimaneva in carica fino a sostituzione: “cose strane accadono in guerra”, a dire che la guerra in Ucraina avrebbe sempre potuto prender una svolta inaspettata ed improvvisa che poteva portare a ripensare la situazione.

Non so dirvi se quella di Cummings fosse una semplice freccetta avvelenata verso il suo ex-capo che poi lo licenziò in maniera un po’ brutale o se Cummings si riferiva a voci che giravano in certi ambienti londinesi.

Scorrendo le notizie, si presenta però una catena inferenziale di cui forse è bene esser consapevoli.

Oggi 17 luglio: lancio 16.40, Dimitry Medvedev afferma che “in caso di attacco alla Crimea, l'Ucraina dovrà affrontare il giorno del giudizio” (fonte Ria Novosti).

Giorni scorsi: fonti ucraine avanzano l’idea che con i nuovi sistemi missilistici forniti dagli USA, potrebbero arrivare a colpire la Crimea o addirittura il ponte strategico che la collega alla Russia.

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italiaeilmondo

Forza Mario!!

di Andrea Zhok

In un paese dove gli ospedali sono oramai allo stremo anche per un raffreddore, dove non si fa più manutenzione di strade o ferrovie, dove la polizia non ha benzina per le volanti, dove si attende la fine dell’emergenza siccità solo per aprire l’emergenza dissesto idrogeologico, dove una popolazione sull’orlo di una crisi di nervi si aggira spettrale con la mascherina nei parchi pubblici e nelle spiagge, è giunto il momento di appellarsi al cervello e al cuore del nostro premier.

Mario, mettiti una mano sulla coscienza:

è davvero questo il paese che vuoi lasciare ai pensionati americani?

 

IL CAPITANO e la Concordia….ovvero l’inchino e i prostrati

L’impressione rispetto al balletto istituzionale di ieri è straniante.

Quel che resta del M5S, dopo aver visto gli ultimi sondaggi, è stato attraversato da un piccolissimo sospetto e si è immaginato a breve in compagnia degli stegosauri, nella compagine degli organismi estinti.

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comidad

La NATO destabilizza se stessa

di comidad

Il giornalista Federico Rampini rappresenta il modello ideale dell’italiano, infatti si è preso la cittadinanza americana, il che gli conferisce uno status, un rango particolare. Da questa condizione di privilegio morale e geografico può dedicarsi senza rischi allo sport nazionale, cioè istigarci alla guerra civile, in questo caso contro i “putiniani”, che secondo Rampini sarebbero in Italia un partito “immenso”. Le incongruenze del messaggio sono dissimulate con la tipica retorica suggestiva in cui si alternano moralismo e cinismo per confondere le acque. Non a caso Rampini prima predica ossessivamente che l’Occidente dovrebbe liberarsi dei suoi sensi di colpa verso il proprio passato coloniale, poi si indigna a morte se la Russia continua a considerare l’Ucraina come una propria colonia e non come una colonia USA. Il problema è che il colonialismo occidentale non è mai “passato”, quindi è una balla che l’Occidente si senta in colpa, semmai è solo ipocrisia. L’ultimo mantra che Rampini ci impone è che l’accordo con l’altro autocrate, il dittatore turco Erdogan, sarebbe giustificato dalla priorità in campo, che oggi vede Putin come maggiore pericolo; ciò allo stesso modo in cui Roosevelt si alleò con il diavolo Stalin contro Hitler.

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labottegadelbarbieri

Questa transizione energetica “non s’ha da fare”

di Giorgio Ferrari

Ricordate lo slogan siamo ancora in tempo che qualche anno fa riassumeva la necessità, a livello globale, di modificare il paradigma energetico per attutire l’impatto dei cambiamenti climatici?

Beh, forse è il caso che l’insieme del mondo ambientalista e di quella parte della politica più sensibile alle sorti del pianeta, lo rivolga al proprio interno per rivedere l’approccio fin qui tenuto nei riguardi della transizione energetica. Lo dico anche a seguito dei commenti susseguiti alla ratifica della Tassonomia UE da parte del parlamento europeo, giudicata senza mezzi termini un tradimento, come se quanto fin qui prodotto sul tema della transizione non fosse anche frutto di uno strabismo concettuale di quelle componenti sopracitate, senza dubbio più avvedute di quanto dimostrino di essere i governi e lo stesso parlamento europeo.

In estrema sintesi a me pare che la differenza sostanziale tra le due posizioni, non stia tanto nella manifestazione di intenti, quanto nei tempi e nelle modalità di attuazione, ma onde evitare di concedere al diavolo che, come si dice, si nasconde nei “particolari” un qualsivoglia pretesto, bisogna essere assolutamente certi della validità dei “fondamentali”. Ed è su questi che, fuori da ogni intento polemico, vorrei sollecitare una riflessione.

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contropiano2

La danza immobile della “crisi politica”

di Dante Barontini

Difficile trovare nuove parole per resocontare la “crisi politica” italiana. Gli ultimi eventi – i Cinque Stelle che, alla Camera, votano la fiducia al governo ma si astengono sul “decreto Aiuti” – erano stati ampiamente annunciati, ma nessuno gli aveva dato peso.

Anche il fatto che al Senato quel giochino distintivo non si può fare (per regolamento, a Palazzo Madama, l’astensione vale come voto contrario) era stato considerato poco, attendendo gli sviluppi.

Ora si è vicini al “grande evento”, che grande proprio non è, e Mario Draghi che sale al Colle sembra risvegliare dal coma le ritualità della Prima Repubblica.

Il nodo del contendere non è in effetti chiarissimo, se si guarda – come fanno i media mainstream – alle dichiarazioni di Conte e altri cosiddetti “protagonisti” della politichetta nostrana.

Ma il dato politico è invece semplicissimo: i grillini, maciullati dall’esperienza di governo nell’arco di cinque anni, e in tutte le salse (insieme alla Lega, poi insieme al Pd, poi insieme a tutti), devono distinguersi in qualche modo da un esecutivo che fa regolarmente il contrario di quel che avevano promesso.

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piccolenote

Un primo accordo sul grano ucraino e lo sblocco di Kaliningrad

di Piccole Note

Ha avuto esito positivo l’incontro di Istanbul sul ripristino del transito del grano ucraino nel Mar Nero. Antonio Guterres, Segretario generale dell’Onu, organismo che ha mediato tra russi e ucraini affiancando la Turchia, ha dichiarato che la riunione delle delegazioni dei Paesi in guerra è stata “un raggio di speranza”.

Una dichiarazione rilanciata dall’agenzia Anadolu, che aggiunge: “Il ministro della Difesa turco Hulusi Akar ha annunciato che funzionari turchi, ucraini, russi e delle Nazioni Unite hanno concordato di istituire un centro di coordinamento a Istanbul per facilitare le esportazioni del grano ucraino”.

“Akar ha affermato che i partecipanti hanno trovato un terreno comune su diverse questioni tecniche, come la sicurezza della navigazione sulle rotte commerciali, nonché sui controlli congiunti all’ingresso e all’uscita dei porti”.

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altrenotizie

Gli assassini di Sua Maestà

di Michele Paris

Una recentissima indagine della BBC ha fatto emergere nuove prove della condotta da criminali di guerra dei componenti delle forze speciali britanniche (SAS) durante gli anni dell’occupazione dell’Afghanistan. I documenti esaminati si riferiscono a un solo squadrone e a un periodo di appena sei mesi, ma certificano un comportamento e un numero di casi “sospetti” tali da far pensare a un bilancio complessivo a dir poco scioccante in termini di omicidi di presunti “insorti”, di torture e di molti altri abusi commessi dai militari di Sua Maestà.

La BBC ha avuto la possibilità di mettere le mani su nuove carte nell’ambito di un procedimento legale in corso e scaturito da un’indagine del 2019 della stessa rete pubblica e del Sunday Times su un singolo “raid notturno” delle SAS in Afghanistan. Questa circostanza ha fatto emergere le prove di un sistema di assassinii deliberati di uomini afgani dopo l’esecuzione di arresti nelle abitazioni di questi ultimi, quando cioè non vi erano rischi o minacce contro i soldati britannici.

A rivelare il modus operandi degli assassini delle forze speciali è stata una situazione che si veniva a creare con una regolarità tale da ipotizzare l’esistenza di una tattica ben studiata.

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andreazhok

Autoritarismi

di Andrea Zhok

Quando si solleva il tema della crisi della democrazia in Occidente, con fastidiosa frequenza l'eventuale interlocutore ostile, quanto più si approssima alla fine dei propri argomenti, tanto più è incline a sbottare con un "Ma allora perché non te ne vai in... (segue nome di una qualche proverbiale 'dittatura'; Russia, Cina, Iran, ecc.).

Questo è uno di quei casi in cui la stupidità della replica è talmente robusta che c'è il serio rischio ci lasci tramortiti.

Affinché il tramortimento non sia preso per efficacia dell'argomentazione, è utile replicare con calma per iscritto.

1) Innanzitutto, e a futura memoria: tutti gli stati che proverbialmente vengono definiti dal mainstream come dittature - in quanto estranei al blocco dei protettorati americani in occidente - sono formalmente democrazie non meno di quanto lo siano la Francia o gli USA o l'Italia: ci sono governi eletti dal popolo in Iran non meno che in Russia o in Cina.

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gyorgylukacs

Lukács tra nazismo e stalinismo: un libro vituperato da riabilitare?

di Massimo Raffaeli

Ormai perfettamente storicizzate, la parabola di György Lukács (1885-1971) e il suo grandioso lascito bibliografico sono divisi grosso modo dagli studiosi in quattro segmenti temporali:

  • il primo è del giovane formatosi a Heidelberg e al cospetto di Weber e Dilthey, firmatario di opere quali L’anima e le forme (1910) e Teoria del romanzo (’20), latrici di un romanticismo torrido e già proto-esistenzialista;
  • il secondo, poi prediletto in particolare dalla Nuova Sinistra, è del rivoluzionario che è entrato nel governo di Béla Kun e ha firmato Storia e coscienza di classe (’23), un’opera che recuperando il metodo dialettico libera l’eredità marxista dalle scorie sia del positivismo sia del revisionismo riformista;
  • il terzo è di colui che emigra a Mosca e assume via via un atteggiamento «nicodemico» e in pectore contraddittorio nei confronti dello stalinismo, dedicandosi prevalentemente a lavori di storiografia e di critica letteraria (fra i numerosi altri titoli, Il giovane Hegel, ’37, Il romanzo storico, ’38, Goethe e il suo tempo, ’49);

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linterferenza

La morte cerebrale degli imperialismi inglese e giapponese

di Stefano Zecchinelli

 

Gli avvenimenti degli ultimi giorni sono sintomatici della decomposizione di alcuni stati imperiali e imperialisti del ventunesimo secolo. Le dimissioni del ‘’sociopatico’’ Boris Johnson (dietro la protesi mediatica dello scandalo sessuale) e l’assassinio di Shinzo Abe, uno dei più lucidi rappresentanti dell’imperialismo nipponico, non rappresentano incidenti di percorso decontestualizzabili, ma s’inseriscono nel fallimento della geopolitica del Grande Reset: l’agonia dell’Occidente.

 

Boris Johnson, un ‘’sociopatico’’ guerrafondaio

Le dimissioni del premier inglese vanno ricercate nel fallimento della declinazione neocons della BREXIT e nell’organizzazione della nuova gerarchia imperiale europea: la BREXIT non s’inserisce geopoliticamente nella riscossa dei ceti medi produttivi sconfitti dalla globalizzazione neoliberista, ma nell’agonia dell’imperialismo britannico davanti alla costruzione di un polo imperiale europeo a trazione carolingia, ovvero franco-tedesca.

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marx xxi

Il rischio nucleare “tattico” esiste e l’unica a pagare sarà l’Europa

di Fabio Mini

Con il passare del tempo e l’aumentare dei costi umani e materiali della guerra si dovrebbe assistere all’usura sia dei mezzi sia della volontà di proseguirla. In Ucraina si assiste al fenomeno inverso. Russi e ucraini fanno sfoggio di una inconsueta spavalderia. Zelensky perde truppe e terreno ma ostenta la sicurezza di poter presto passare al contrattacco e riprendersi il territorio perduto nei primi quattro mesi di guerra e di riguadagnare quello perduto dal 2014. La giustificazione di questo ottimismo sta nel fatto che “presto” arriveranno le potenti armi occidentali. Nel frattempo vanta la riconquista dell’isola dei Serpenti sulla quale sventola la bandiera giallo-azzurra.

In realtà la bandiera sull’isolotto non dimostra la forza ucraina e nemmeno la debolezza russa. Semmai si tratta di un segnale di razionalità. Tenere in una zona minuscola in mezzo al mare una piccola guarnigione che diventa un obiettivo visibile, circoscritto ed eliminabile in qualunque momento deve valere il rischio e la pena. L’importanza dell’isolotto come avamposto è proporzionale alla capacità di tenerlo in sicurezza.

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ilrovescio

Experimentum mundi

di Il Rovescio

La macchina tecno-industriale affinatasi negli ultimi due secoli prosegue e amplifica la propria violenza originaria. Il suo tempo non è né omogeneo né lineare, bensì stratificato. Spesso i suoi mezzi più innovativi non scalzano quelli più arcaici; li inglobano.

Nulla lo dimostra meglio del conflitto in Ucraina, il quale sembra affastellare e mettere in evidenza diverse epoche della storia del dominio.

Si tratta di una “guerra di materiali”, ovverosia di trincea e logoramento, che ricorda, forse come nessun altro conflitto degli ultimi decenni, la Prima Guerra mondiale. Come mostra anche il linguaggio impiegato dagli antimilitaristi, nel quale ricorrono parole come disfattismo e diserzione; riferite ai conflitti del passato prossimo, simili parole avevano una valenza decisamente più allusiva e meno concreta. Circa 200 mila giovani hanno abbandonato in questi mesi la Russia per sottrarsi a un’eventuale mobilitazione generale. Uno scenario, anche questo, che fa ripiombare in pieno Novecento.

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ilsimplicissimus

Per chi gira la turbina

di ilsimplicissimus

Le risse tra disgraziati e mendicanti che si svolgevano davanti alle cosiddette corti dei miracoli, erano niente di fronte a quanto accade in Europa dove un ceto politico ormai fallimentare che parla al futuro non con la speranza, ma con la minaccia, si divide in una ridicola guerra tra poveri e futuri poveri e si accapiglia persino sulla turbina del gasdotto Nord Stream 1. Così in Germania lo squallido ministro dell’economia Robert Habeck e il cancelliere Scholz girano la ruota della preghiera accusando Putin delle conseguenze delle loro sanzioni, che rischiano di provocare il crollo economico del Paese, ma fuori dai riflettori combattono una guerra intestina contro Kiev e Zelensky, in realtà contro gli Usa che controllano e impostano qualsiasi mossa ucraina. La questione è quella delle turbine che spingono il gas russo nei tubi del nord Stream1: sono di proprietà russa, però costruite dalla Siemens che è anche responsabile della manutenzione e tuttavia per motivi tecnici misteriosi facenti parte di quegli arcana aziendali che non vengono mai spiegati, la revisione e la rettifica di queste apparecchiature può essere effettuata solo in Canada.

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aginform

Una sinistra in cerca di voti condanna l'aggressione russa. A chi giova?

di Aginform

Era inevitabile che con l'approssimarsi delle elezioni i soliti gruppi che tentano la scalata al parlamento provassero di nuovo a riorganizzare le fila. La questione non desta scandalo perchè ciascuno ha diritto di presentarsi come vuole al giudizio degli elettori anche se il livello delle astensioni, che tende a superare il 50%, dimostra che questi non sono poi così ingenui da abboccare all'amo di chi gli promette il paradiso.

La questione è diversa se parliamo di gruppi che si presentano con un programma che pone al centro la questione della pace. In questo caso i requisiti minimi che si richiedono a chi tenta l'avventura elettorale dovrebbero essere che si fossero effettivamente misurati con il problema per cui rivendicano la rappresentanza dei cittadini e soprattutto che dicessero la verità sulla guerra e le sue cause.

Negli ultimi giorni, per guadagnare consensi e arrivare alla meta agognata, cioè entrare in parlamento, sta circolando un appello elettoralistico che fa leva sulla questione emotiva della guerra.

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sinistra

Dimissioni

di Salvatore Bravo

Non pochi esultano per le dimissioni di Draghi, già respinte da Mattarella, ma ad un’analisi più attenta non si può che constatare che le dimissioni improbabili del leader del “governo dei migliori” non cambieranno la situazione di fatto della nazione. L’eventuale successore dovrà rispettare i vincoli di Maastricht, del Trattato di Lisbona, dell’agenda 2030 e del PNRR. La politica nazionale è impossibile, i rappresentanti del popolo lo sono soltanto nominalmente, in realtà sono gli esecutori degli ordini di Bruxelles. In questi anni il Parlamento ha approvato l’articolo 81, per cui è in Costituzione la parità di bilancio. Senza la possibilità di battere moneta e di indebitarsi lo Stato non può avviare politiche coerenti con la Costituzione, ma si deve convertire ad un liberismo darwiniano senza precedenti. La nazione è assediata dall’esterno e dall’interno, i barbari dal sorriso draculesco sono nei nostri confini, pertanto le possibilità di manovra per chiunque sia il successore di Draghi sono limitatissime. Si possono eseguire gli ordini in modo plurale, si possono applicare i trattati con modalità e tempi differenti, ma il risultato sarà comunque simile: lo smantellamento dello stato sociale e dell’identità nazionale, linguistica e culturale dell’Italia.

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bastaconeurocrisi

Risparmio privato e investimenti

di Marco Cattaneo

Ogni tanto penso (e non vorrei che mi fosse imputato di assumere atteggiamenti elitari…) che prima di commentare dati e fatti economici occorrerebbe che chi parla dimostrasse di aver sostenuto un esame di contabilità nazionale, o quantomeno (o forse meglio ancora) di ragioneria e partita doppia.

Per carità, elitario mai. Tutti hanno diritto di parola e di opinione.

Però debunkare alcuni ragionamenti apparentemente sensati, ma in realtà sconnessi dalla realtà, è un esercizio utile, anzi doveroso.

Ad esempio, un classico è l’affermazione che “l’Italia ha un enorme risparmio privato ma viene utilizzato per alimentare investimenti esteri, bisogna che rimanga qui e sostenga la crescita italiana”. E quindi via con le proposte sugli incentivi fiscali alle quotazioni in borsa, o roba del genere.

Come al solito, meglio guardare i dati e rifletterci un po’ sopra.

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chartasporca

L'(auto)imprenditorialità come “competenza chiave di cittadinanza”. Parodia di un abominio

di Andrea Muni

Infine bisogna che la vita stessa dell’individuo – ad esempio, il suo rapporto con la proprietà privata, con la famiglia, con la sua conduzione, con i sistemi assicurativi e con la pensione – faccia di lui e della sua vita una sorta di impresa permanente e multipla. […] Il soggetto è sottoposto alla governamentalità (ossia, si potrà aver presa su di lui) solo e unicamente nella misura in cui egli è un homo oeconomicus. […] L’homo oeconomicus è colui che accetta la realtà. E la condotta razionale è dunque ogni condotta che risulta sensibile a modificazioni nelle variabili dell’ambiente e che risponde a esse in modo non aleatorio, e dunque sistematico, mentre l’economia potrà definirsi [allora] come la scienza della sistematicità delle risposte alle variabili dell’ambiente. […] L’homo oeconomicus [contemporaneo] – colui che che accetta la realtà e che risponde in modo sistematico alle modificazioni prodotte sull’“ambiente” [che lo circonda] – appare come colui che è possibile maneggiare a partire dalle modificazioni sistematiche che vengono introdotte. […] L’homo oeconomicus è l’imprenditore, l’imprenditore di se stesso, [colui] che è il proprio capitale, il produttore di sé e della fonte dei propri redditi.

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sinistra

Il signor Mario

di lorenzo merlo

Stupido o comandato? In ogni caso, anello della catena del nuovo ordine della vita a punti, imperativo categorico per un’egemonia occidentale tanto in sgretolamento quanto disposta a tutto per mantenere la posizione

L’opera del signor Mario

Il signor Mario ci rassicura che il vaccino è indispensabile per non morire e che il grinpaz permette di ritrovarsi in ambiente asettico dal Sars-Cov2. Ma tanta fluida impudenza allude a essere presi dall’esaltante emozione del dominio. Un’esperienza ordinaria quando si ha a che fare con chi consideriamo senza valore, impaurito, impotente.

L’appello a non vaccinarsi è un appello a morire. Non ti vaccini, ti ammali, muori. Oppure fai morire. Non ti vaccini, contagi, lui o lei muoiono” e “Il Green pass è una misura con i quali i cittadini possono continuare a svolgere attività con la garanzia di ritrovarsi tra persone che non sono contagiose. È una misura che dà serenità, non che toglie serenità”(1).

Il signor Mario si esprime nei confronti del parlamento come nei confronti di un sottoposto. E intima anche di non fargli perdere la pazienza sennò pianta tutto e ci lascia a piedi.

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letadeldisordine

Come sta andando

Il capitalismo occidentale a guida angloamericana sta perdendo il confronto con il capitalismo orientale a guida sino-russa. Tale confronto, iniziato nei primi anni del nuovo millennio, è andato progressivamente trasformandosi in scontro aperto, con una particolare accelerazione nell’ultimo periodo, caratterizzato da una guerra in atto dallo scorso Febbraio in territorio ucraino e che vede schierati gli USA e la NATO a supporto delle forze armate ucraine contro quelle russe. Oltre l’ingente fornitura di armi e munizioni, l’invio di istruttori e consiglieri militari nonché di combattenti irregolari (mercenari), l’impegno occidentale s’è concentrato su tutta una serie di misure sanzionatorie miranti ad infliggere il maggior danno possibile all’economia russa, con l’obiettivo dichiarato di generare un cambio di regime in quel paese.

Valutata a diversi mesi di attuazione, questa strategia decisa dalle élite occidentali si sta rivelando velleitaria, controproducente e di conseguenza perdente. Vediamo perché.

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codicerosso

L’uomo-macchina, l’amicizia e il Covid: “siamo tutti in pericolo”

di Guy Van Stratten 

Nomen amicitiae, sic, quatenus expedit, haeret
La parola amicizia solo se serve dura
Petronio, Satyricon

Una cosa è certa: gli strascichi sociali e psicologici dell’emergenza Covid hanno ‘macchinizzato’ ancora di più le persone. Già negli anni Sessanta, Herbert Marcuse, nel suo celebre saggio L’uomo a una dimensione, osservava come gli individui, nella società industriale avanzata, fossero ormai ridotti a degli ingranaggi, a delle macchine, sottoposti a una diffusa disumanizzazione e meccanizzazione. Pier Paolo Pasolini (il cui pensiero deve non poco a Marcuse e agli altri ‘francofortesi’) poco prima di essere ucciso, il 2 novembre del 1975, rilasciò un’intervista, poi pubblicata col titolo Siamo tutti in pericolo, in cui affermava: “La tragedia è che non ci sono più esseri umani, ci sono strane macchine che sbattono l’una contro l’altra” (Siamo tutti in pericolo, in “Tuttolibri”, I, 2, 8 novembre 1975 ora in P.P. Pasolini, Scritti sulla politica e sulla società, a cura di W. Siti e S. De Laude, Mondadori, Milano, 2016).

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lantidiplomatico

Shinzo Abe: l'attentato di Nara porta alla luce inquietudini e timori

di Francesco Maringiò

La morte di Abe Shinzo a seguito di un attentato non poteva avvenire in un momento più delicato per l’Asia ed il mondo. Il doveroso cordoglio per la sua tragica fine e le condoglianze alla famiglia non riescono tuttavia a contenere dentro una sfera intima e familiare questa vicenda che indubbiamente ha dei risvolti politici.

A partire dal contesto. La morte per mano di un attentatore proveniente della marina delle forze di autodifesa giapponesi non può non portare alla mente gli attentati politici ad opera di elementi dell’estrema destra negli anni Venti e Trenta del secolo scorso. E soprattutto, ancora peggio, al conflitto interno alle forze armate che, sempre in quegli anni, portano ad uno scontro tra esercito e marina. O ancora, consolidando una consuetudine nipponica, ad una spaccatura generazionale (gekokujo) tra vecchi generali moderati e giovani ufficiali con forti simpatie fasciste, che mettono in scena assassinii politici.

Forse le indagini porteranno in tutt’altra direzione. Ma è indubbio che l’attentato di Nara porta alla luce inquietudini e timori.