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manifesto

Il revisionismo storico investe il Sessantotto

di Mario Pezzella

"May '68 and its afterlives", un saggio dello storico statunitense Kritin Ross per University Of Chicago Press

È abba­stanza dif­fusa un’interpretazione del Ses­san­totto come moder­niz­za­zione del capi­ta­li­smo: que­sto sarebbe il suo merito o al con­tra­rio il suo pec­cato ori­gi­nale. Da un Ses­san­totto certo un po’ per­ver­tito qual­cuno fa discen­dere per­fino il ber­lu­sco­ni­smo, con la sua cari­ca­tura di libertà ses­suale e oltrag­gio alle isti­tu­zioni. Il libro di Kri­stin Ross May ’68 and its after­li­ves (Uni­ver­sity of Chi­cago Press) con­si­dera que­ste inte­pre­ta­zioni come il pro­dotto di una revi­sione sto­rica, pro­dotta dalla «tra­di­zione dei vin­ci­tori», come avrebbe detto Wal­ter Ben­ja­min. La vit­to­ria del neo­ca­pi­ta­li­smo è pro­iet­tata all’indietro nel tempo, tor­cendo in suo favore la con­si­stenza del pas­sato, ridu­cendo il Ses­san­totto a un suo prologo.

L’evento inde­ciso, in cui la plu­ra­lità dei pos­si­bili in sospeso ancora si apriva a esiti diver­genti, viene ridotto uni­vo­ca­mente alla visione neo­li­be­ri­sta: l’esito deter­mi­nato di un con­flitto sociale, che vede il pre­va­lere del capi­tale, viene ri-esposto come legge sto­rica. Le «comuni» anta­go­ni­ste del Mag­gio diven­tano poco a poco astra­zioni, uto­pie, poi sono defi­nite vel­lei­ta­rie, mino­ri­ta­rie, infine mai esi­stite; come è avve­nuto per la Comune ed altre brecce di libertà.

Ross pro­pone una «let­tura a con­trap­pelo» di que­sto revi­sio­ni­smo sto­rico. La sua non è una cro­naca del Mag­gio, ma un’analisi del modo in cui è stato rap­pre­sen­tato, prima dai suoi attori e poi dai suoi inter­preti pre­sunti. Risa­lendo con il recu­pero di docu­menti e testi­mo­nianze fino al cuore inde­ciso dell’evento, Ross rin­trac­cia gli ele­menti irri­du­ci­bili al con­cetto di moder­niz­za­zione ed ad esso anta­go­ni­sti: la ricerca di rela­zioni sociali comuni, costi­tuive di un noi che rifiuta ogni prin­ci­pio gerar­chico e rap­porto di padro­nanza; la cri­tica della sepa­ra­zione spa­ziale della città in set­tori estra­niati, distrug­gendo i vec­chi quar­tieri popo­lari; la cri­tica della par­ti­zione del sen­si­bile.

Ross riprende quest’ultimo ter­mine dal filo­sofo fran­cese Jac­ques Ran­cière. Esso indica una netta con­trap­po­si­zione tra poli­zia (uno stato gerar­chi­ca­mente ordi­nato) e vera demo­cra­zia e segnala la divi­sione tra chi ha cit­ta­di­nanza e chi è respinto al di fuori di essa (i «senza parte»). La par­ti­zione del sen­si­bile non riguarda solo i ruoli eco­no­mici, ma il sim­bo­lico, il quo­ti­diano, lo psi­chico, le rela­zioni per­so­nali e sen­ti­men­tali, lo spa­zio urbano: si decide ciò che «può essere oggetto di per­ce­zione e ciò che non lo è», «ciò che può essere visto», o inteso, e ciò che è espulso dalla parola e dall’immagine. Nel Ses­san­totto «l’apertura poli­tica all’alterità ha per­messo… di rom­pere con quest’ordine, di scon­vol­gere… i ruoli asse­ganti dalla poli­zia, di ren­dere visi­bile ciò che non lo era», cri­ti­cando in primo luogo la sepa­ra­zione tra lavoro manuale e lavoro intel­let­tuale e pro­po­nendo invece una costante ibri­da­zione delle ete­ro­ge­neità sociali.

Quanto alla cri­tica della sepa­ra­zione urbana, essa fu pro­ba­bil­mente il con­tri­buto più spe­ci­fico dei situa­zio­ni­sti alle gior­nate di Mag­gio: essi rifiu­ta­rono l’idea che lo spa­zio dovesse essere com­par­ti­men­tato e diviso secondo le stesse linee delle gerar­chie sociali. L’urbanesimo neo­ca­pi­ta­li­sta divide i set­tori sociali invece di unirli e sta­bi­li­sce i con­fini con­creti dell’estraniazione, sta­bi­lendo una cor­ri­spon­denza tra l’articolazione dello spa­zio e quella del domi­nio. Nella con­fu­sione e nella tra­sgres­sione degli ordini estra­niati e della sepa­ra­zione, si con­cre­tiz­zava il pia­cere e il desi­de­rio di vivere da parte dei mili­tanti del Mag­gio: «Il pia­cere di vio­lare la com­par­ti­men­ta­zione, fisica o sociale, è pro­por­zio­nale alla durezza della segre­ga­zione sociale urbana dell’epoca; i dia­lo­ghi intrec­ciati a dispetto di tale segre­ga­zione vei­co­lano un sen­ti­mento di tra­sfor­ma­zione urgente». Que­sto pia­cere sov­ver­sivo di vivere oltre l’ordine sim­bo­lico del capi­tale, abbat­tendo le bar­riere dello spa­zio e del tempo domi­nati, lasciando emer­gere un nuovo spa­zio sociale, è stato poi rein­ter­pre­tato come «edo­ni­smo» dai can­tori della modernizzazione.

Altro deci­sivo ele­mento di distor­sione dell’evento è per Ross il così detto «gene­ra­zio­ni­smo», ben descritto da una cita­zione di Hoc­quen­ghem (si tratta di una let­tera aperta ai vec­chi com­pa­gni pas­sati «da Mao al Rotary Club»): «Si diviene una “gene­ra­zione” quando ci si ritrae come una lumaca nella con­chi­glia o il pen­tito nella sua cella: il fal­li­mento di un sogno, la stra­ti­fi­ca­zione dei ran­cori, il resi­duo di un’antica insur­re­zione, si chia­mano “gene­ra­zione”». Il gene­ra­zio­ni­smo dis­solve in un dato bio­lo­gico il con­flitto dei pos­si­bili e lo spazio-tempo impre­ve­di­bile dell’evento, il ritmo dello svi­luppo sto­rico è ridotto – come diceva Man­n­heim — a legge posi­ti­vi­sta della «durata di vita». L’essere per l’inizio, da cui balza il tempo-ora del pre­sente, ponendo in discus­sione ogni pre­ce­dente media­zione e scan­sione del tempo, viene così risolto in «fase della vita», desti­nata a pas­sare. La lotta e il con­flitto tra chi ha parte e chi è «senza parte», si ridu­cono a una ine­vi­ta­bile lace­ra­zione tra padri e figli, e in una altret­tanto ine­vi­ta­bile, suc­ces­siva, conciliazione.

D’altra parte, anche l’idea che il Mag­gio sia stato un tumulto effi­mero e improv­viso è con­te­stata da Ross. L’evento è il cul­mine di una durata lunga del con­flitto sto­rico; la brec­cia è solo l’atto finale di una lenta ero­sione del muro del domi­nio, che comin­cia in Fran­cia con la guerra d’Algeria.

Una rivo­lu­zione pas­siva ha distorto l’ultimo ten­ta­tivo nove­cen­te­sco di scuo­tere l’ordine del capi­tale. Lo scio­pero gene­rale, che portò nei giorni di Mag­gio al col­lasso del governo gol­li­sta, è certo uno dei dati più impor­tanti della memo­ria col­let­tiva che Ross cerca di resti­tuirci: per pochi giorni milioni di per­sone com­pi­rono l’esperienza che vivere senza il peso del potere sulle spalle è dif­fi­cile e possibile

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