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La bandiera rubata del papa progressista

di Sebastiano Isaia

Una parte della borghesia desidera di portar rimedio ai mali della società per assicurare l’esistenza della società borghese. Ne fanno parte gli economisti, i filantropi, gli umanitari, gli zelanti del miglioramento delle condizioni delle classi operaie, gli organizzatori della beneficienza, i membri delle società protettrici degli animali [già allora!], i fondatori di società di temperanza e tutta la variopinta schiera dei minuti riformatori (Marx-Engels, Manifesto del partito comunista).

Nell’intervista di ieri a Papa Francesco curata per Messaggero.it, Franca Ginasoldati non resiste alla tentazione di rivolgere al Supremo Vicario la solita rivelatrice domanda: «Lei passa per essere un Papa comunista, pauperista, populista. L’Economist che le ha dedicato una copertina afferma che parla come Lenin. Si ritrova in questi panni?»

Quindi: comunismo, pauperismo e populismo messi nello stesso evangelico sacco. Amen! Il povero Lenin trattato alla stregua di un qualsiasi amico dei poveri, lui che ancora giovanissimo e con qualche capello in testa sostenne a muso duro contro gli amici del popolo la tesi secondo la quale i contadini martirizzati dalle continue carestie avevano bisogno più di coscienza rivoluzionaria, che del soccorso della borghese filantropia e del conforto della religione.

 

Ma a ben considerare la giornalista non commette poi un così grave peccato dinanzi alla verità, visto il concetto di “comunismo” che è venuto fuori dalla teoria e dalla prassi dei “comunisti” negli ultimi ottant’anni. Se persino un personaggio come Enrico Berlinguer è ricordato in questi giorni come uno degli ultimi leader “comunisti” degni di rispetto, si comprende bene come il termine “comunismo” non sia oggi che una vuota parola, che si può spendere appunto anche a proposito del capo di una delle più vecchie, strutturate ed efficaci agenzie politico-ideologiche al servizio del Dominio.

Ma veniamo alla risposta di Francesco (Lui ama farsi chiamare così): «Marx non ha inventato nulla! Io dico solo che i comunisti ci hanno derubato la bandiera. La bandiera dei poveri è cristiana. La povertà è al centro del Vangelo. I poveri sono al centro del Vangelo. Prendiamo Matteo 25, il protocollo sul quale noi saremo giudicati: ho avuto fame, ho avuto sete, sono stato in carcere, ero malato, ignudo. Oppure guardiamo le Beatitudini, altra bandiera. I comunisti dicono che tutto questo è comunista. Sì, come no, venti secoli dopo. Allora quando parlano si potrebbe dire loro: ma voi siete cristiani». La Ginasoldati ci fa sapere che Francesco «ride» pronunciando queste parole. E ne ha tutti i motivi.

Ora, come sa chiunque abbia anche solo una conoscenza approssimativa degli scritti marxiani, il Papa di Treviri non ebbe mai i poveri come sua bandiera, ma il proletariato cosciente della propria posizione sociale e della propria “missione storica”: emancipare l’intera umanità attraverso la propria emancipazione. Al centro del discorso marxiano vi è l’attualità del dominio capitalistico e la possibilità della liberazione da ogni forma di coazione e di miseria (materiale e “spirituale”), non certo la povertà (compresa quella “esistenziale”), materia prima per riformisti, filantropi, preti e psicoanalisti. La Comunità netta di classi sociali e fondata sui bisogni umani (eliminazione del valore di scambio a esclusivo beneficio del valore d’uso): questa è l’originale “invenzione” marxiana.

«È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio»: lo disse, a quanto pare, Gesù non Carlo Marx. infatti, per il comunista tedesco si trattava di fare entrare nel Regno dell’Uomo non il povero, e magari anche il ricco di buona volontà, bensì l’uomo in quanto uomo, cosa che per lui presupponeva il superamento rivoluzionario della vigente società borghese fondata sulla ricerca del profitto.

L’ubriacone teutonico fece, con rispetto parlando, un uso igienico che non sarebbe educato precisare nei dettagli (ma ci siamo capiti!) della cosiddetta bandiera della povertà, che personalmente lascio volentieri nelle mani del Papa Progressista e dei suoi numerosissimi tifosi, molti dei quali di religione “comunista”, più o meno ortodossa o rifondata. Marx non aderì mai a quella «morale degli schiavi», vero e proprio veleno ideologico inoculato nelle vene degli ultimi che attendono – invano – di diventare i primi, che giustamente Nietzsche, profondo conoscitore della psicologia dei dominati, sempre condannò, anche se da un punto di vista filosofico e politico che non è certamente affine a quello di chi scrive.

Detto en passant, forse non è del tutto casuale se la prima enciclica di Benedetto XVI, il Papa teologo, ebbe come suoi oggetti critici espliciti proprio Nietzsche e Marx.

Scriveva Engels nel 1894, in una delle sue “volgarizzazioni” del pensiero socialista (non sempre utili alla causa, bisogna ammetterlo): «Entrambi, cristianesimo primitivo e movimento operaio moderno, predicano un imminente riscatto dalla schiavitù e dalla miseria; ma il cristianesimo primitivo pone questo riscatto in una vita dell’al di là, dopo la morte, in cielo; il socialismo lo pone in questo mondo, in una trasformazione rivoluzionaria della società». Ora, che ci azzecca la bandiera di Francesco, la cui stessa ragion d’essere si fonda sull’eterna esistenza del Male su questa Terra, con la bandiera di Federico, il quale nella sua utopistica ingenuità (che condivido) il Male voleva sradicare hic et nunc? Misteri della fede (progressista)!

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