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kelebek3

Medio Oriente, bombe, silenzi e architetture

Miguel Martinez

Come ho già avuto occasione di dire, ho sempre più coscienza di quanto poco riusciamo a combinare nelle nostre brevi vite.

E quindi, per quanto io abbia dedicato molta attenzione al cosiddetto Medio Oriente in passato, non posso permettermi oggi di dire quasi nulla a riguardo. Perché esprimere sdegno è tanto facile quanto inutile (fai clic e salvi un palestinese): si deve piuttosto incidere realmente, oppure almeno dire qualcosa di veramente originale.

Per dire qualcosa di veramente originale, bisogna innanzitutto concentrarsi mentalmente solo su ciò che si vuole dire, studiare, riflettere, correggere dieci volte ciò che si è scritto.

Il piccolo mondo in cui ho scelto di ritirarmi, incastrato tra le mura e l’Arno, almeno credo di conoscerlo ormai davvero; e posso dire che assieme ai nostri amici, siamo anche riusciti a incidere, a segnarne in qualche modo la storia, anche se davvero a fatica. Quindi, visto il numero limitato di anni che ho davanti, di neuroni e di minuti a disposizione, mi dedico a questo.

Detto questo, credo che l’essenza della questione israelo-palestinese (non di tutte le questioni del Medio Oriente) sia in fondo la stessa della nostra questione, portata però all’estremo.

Cioè la divisione degli spazi geografici dell’umanità tra chi è dentro il recinto e chi è fuori.

Tra le casette dei benestanti con i loro guardiani armati, e la periferia dei reietti, di coloro che non servono nemmeno come braccia, cui si ruba pian piano ogni centimetro, con implacabile metodo e con un ordine da geometri. Come si fa a non cogliere come l’architettura di Gaza sia semplicemente l’architettura futura delle nostre banlieues?

La gentrificazione al fosforo bianco, insomma.

Se riuscissimo a guardare così la questione, non salveremmo delle vite, ma ci toglieremmo almeno un bel po’ di deliri sulla ferocia dei maomettani o la perversità dei giudei, sulla Civiltà Occidentale e tutto il resto.

La ferocia e la perversità sta nel Grande Flusso, non in queste o quelle persone, nell’ambiguità dei loro immaginari, che Dio ne abbia misericordia…

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