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Il laboratorio Tor Sapienza

Ovvero la nostra incapacità di incidere nelle contraddizioni popolari

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Non siamo di Tor Sapienza né in questi giorni siamo passati a vedere quello che succedeva. Non abbiamo dunque alcuna voglia di consigliare o solo commentare quello che sta avvenendo. Allo stesso modo, però, abitiamo le altre decine di periferie cittadine, quanto o più degradate del quartiere di Roma est, quanto o più attraversate da razzismi striscianti, da risentimenti populistici, da contraddizioni vere e presunte che potrebbero esplodere da un momento all’altro lasciandoci pericolosamente afoni di fronte a una destra che non aspetta altro che cavalcare il risentimento popolare in chiave razzista. E’ dunque di questo che dovremmo discutere, di come impedire sul nascere la possibilità di questa deriva pericolosa. Sabato ci sarà un primo tentativo di raccogliere politicamente i mille rivoli del degrado delle periferie, un tentativo che se dovesse riuscire sarebbe un passo in avanti verso il baratro di un front national all’italiana.

Le decine di periferie che circondano la capitale soffrono degli stessi, identici, problemi. Nessuna di queste contraddizioni, a cui la crisi ha aggiunto il carico di povertà, disillusione e rabbia, riesce ad essere organizzata o solo intercettata dalle sinistre. Soprattutto perchè tali contraddizioni stanno eruttando per colpa della “sinistra” comunale che ha contribuito a crearle, ammassando nei quartieri già degradati di loro ulteriori concentrazioni di esclusione sociale, in un mix perverso dal risultato garantito: la guerra fra poveri.

Anche prima della conferma della visita di Borghezio a Tor Sapienza domani, tutti già immaginavano la volontà e la possibilità di cavalcare queste proteste da parte di quel tipo di destra. Non riusciamo neanche più a pensare di essere noi ad andare in mezzo a quelle contraddizioni, a starci nonostante la merda che si respira in quel contesto. Di fronte però ad una protesta “endemica”, e non determinata da un agente esterno, la nostra posizione non può essere né il disinteresse né la contrapposizione frontale. Queste due soluzioni non farebbero altro che consegnare quel particolare disagio sociale alle destre, sfruttando l’istinto razzista di queste proteste, amplificandolo, dandogli una sponda politica, esattamente ciò che chiede quella gente. Una sponda politica capace di non far sentire più sola quella gente, emarginata dalle politiche comunali di espulsione dalla città ufficiale, quella che termina con le mura Aureliane.

Non c’è alcuna soluzione immediata né predisposta, se non un percorso da avviare e la disponibilità politica ad abbandonare il centro e le sue propaggini per tornare interni politicamente alle periferie. Non saremo noi ad insegnare agli abitanti di Tor Sapienza cosa fare, non perché ci piace quello che sta accadendo, ma perché non ne abbiamo più – come sinistra – i titoli per poterlo fare. Per poter indicare una soluzione credibile e progressiva a quella gente non basta il dialogo, serve essere riconosciuti. Oggi noi, a Tor Sapienza, non lo siamo, e il fatto che lo sia il Borghezio di turno, uno che continua a spalare merda su Roma giorno dopo giorno, la dice lunga  sulla nostra condizione incapacitante.

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