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oltreleuro

Sinistra no euro: un passo avanti di una marcia complicata

Si è svolto il 22 novembre a Roma, il previsto incontro “La sinistra e la trappola dell’euro“. Sala gremita, come speravamo.  Il dialogo tra i relatori, malgrado l’assenza di Stefano Fassina (dovuta ad un impedimento improvviso e di forza maggiore) è stato di ottimo livello, a tratti vibrante e intenso. Pur con diverse letture, condivisa da tutti i relatori la critica ai trattati su cui l’Unione europea è stata edificata, e dunque quella alla moneta unica, considerata un fattore decisivo della crisi senza precedenti in cui versano le economie italiane ed europee. Comune la considerazione che il regime della moneta unica, oltreché sull’orlo del collasso, è per sua natura oligarchico, antipopolare e antidemocratico.

Diverse tuttavia le ricette per venir fuori dal marasma. Sul piano delle misure economiche, non temiamo di sbagliare se affermiamo la soatanziale sintonia tra quelle avanzate da Brancaccio, Giacché e Mazzei: l’uscita dall’eruozona, anche unilaterale, è un atto decisivo e preliminare, ma dovrà essere accompagnata da non meno importanti misure quali il controllo pubblico sulla Banca d’Italia, la nazionalizzazione del sistema bancario, una ristrutturazione del debito pubblico, un piano per la piena occupazione, misure di protezione dei salari e di salvaguardia dell’economia italiana dall’assalto delle forze che guidano la globalizzazione. Quella che noi, definiamo un’uscita da sinistra dall’euro.

Dissonanti, da questo punto di vista, le proposte avanzate da Enrico Grazzini e Paolo Ferrero. Entrambi ritengono che l’euro sia “insostenibile”, ma siccome l’agonia della moneta unica potrebbe durare a lungo vista la potenza delle forze che lo difendono, invece di puntare sull’uscita, occorre avanzare proposte “più realistiche” e “mediane”.

Grazzini, ritenendo che “l’uscita unilaterale è difficilmente praticabile, e avrebbe comunque esiti molto incerti, per non dire pericolosi e negativi”, ha quindi difeso la proposta dei “Certificati di credito fiscale”, idea che per primo avanzò Marco Cattaneo nell’ottobre 2012, ed oggi rilancita e precisata da un appello sottoscritto assieme, oltre a Cattaneo, a Luciano Gallino e Stefano Sylos Labini. Per i dettagli vedi anche qui.

Paolo Ferrero, anche lui sottolineando i “gravi rischi di un’uscita unilaterale”, ha difeso la prospettiva, secondo Ferrero non solo più “realistica” ma dal punto di vista politico “capace di costruire consenso egemonico”, della “disobbedienza ai trattati”, a partire dal Fiscal compact. Così fara Syriza, ha affermato Ferrero, se, come è auspicabile, andrà al governo prossimamente in Grecia. In quest’ottica, ci permettiamo di ricordare la cantonata che Ferrero ha preso con Hollande, che salutò come “disobbediente”.

Al netto del successo dell’incontro, sul piano della partecipazione e della qualità degli interventi, è emerso un dato evidente, quanto sia difficile e arduo conformare una forza politica no-euro di sinistra che abbia un peso ed una taglia tali da giocare un ruolo decisivo nel marasma che vive il nostro Paese. La consapevolezza della necessità dell’uscita dall’eurozona, come pure la condivisione delle misure economiche che andrebbero prese contestualmente alla riconquista della sovranità monetaria, non paiono un “collante” sufficiente per rendere possibile l’unità politica, pur pluralistica. Pesano, e come, differenze di natura politica e teorica che vengono da molto lontano, due nodi vengono anzitutto al pettine, quello delle alleanze, eventuali o necessarie, nonché il giudizio sulla “questione nazionale”, o della sovranità.

Da questo punto di vista sono da segnalare le dissonanze tra Emiliano Brancaccio da una parte, e dall’altra Giacché e Mazzei. Ma su questo dovremo tornare. Insomma, si diceva che non c’era una “sinistra no-euro”. Anche grazie al nostro Coordinamento quest’idea è stata smentita. Anche troppo, visto che di sinistre no-euro ce n’è più d’una.

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