Print Friendly, PDF & Email
mainstream

L'antipolitica, quella vera

Marino Badiale

Qualche tempo fa la stampa ha riportato la notizia delle aggressioni verbali in rete ad Antonio Boccuzzi, ex operaio Thyssenkrupp scampato all'incidente in cui morirono sette suoi colleghi, e diventato deputato PD. Le aggressioni derivavano dalla sua scelta di votare a favore del “Jobs act”. Non intendo qui discutere di questa sua scelta, aggiungo solo che le violenze verbali o gli auguri di morte rivolti agli avversari politici sono una cosa stupida e deprecabile. Volevo invece riflettere su un altro punto. Prima di leggere questa notizia, io non sapevo nulla dell'on. Boccuzzi. Su wikipedia trovo che è un sindacalista UIL, e che nella sua attività di parlamentare si è occupato, com'è naturale, di problemi del lavoro. La domanda che nasce spontanea è, ovviamente: perché questa persona, degnissima ma evidentemente simile a tante altre, diventa deputato? Sappiamo tutti che c'è una sola risposta: perché è scampato a un incidente che ha avuto grande risonanza mediatica.

I vertici PD che lo hanno scelto, e gli elettori PD che lo hanno votato, ritengono evidentemente del tutto normale determinare il corpo legislativo della Nazione in questo modo. Il punto interessante sta nel fatto che, io credo, nessuno, fra coloro che hanno scelto Boccuzzi, adotterebbe lo stesso criterio in altre situazioni.

Immaginiamo di avere un serio problema medico, di star cercando uno specialista e di rivolgerci ad un amico per un consiglio. L'amico ci consiglia il dott.XY. Noi gli chiediamo “è bravo?” e l'amico ci risponde “non lo so, ma si è salvato da un incidente all'ospedale nel quale sono morti vari suoi colleghi”. Ovviamente penseremmo che l'amico è impazzito, o ci vuole prendere in giro, o forse non ci è poi tanto amico.

Allo stesso modo, se fossimo coinvolti in una vicenda giudiziaria, o se avessimo dei soldi da investire, ci affideremmo ad un avvocato o ad un esperto di finanza il cui principale titolo di merito fosse l'essere sopravvissuto ad un incidente?  È ovvio che il giochetto si può ripetere per qualsiasi professione. Qual è il punto? Il punto è che la salute, i processi, i soldi (e i tanti altri problemi della vita quotidiana) sono cose serie, e nessuno vuole correre il rischio di affidarsi, quando si tratta di cose serie, a persone sulle cui capacità si possono nutrire dubbi. Ma è appunto quello che succede se il criterio di scelta è il fatto di essere sopravvissuto ad un incidente.

Con questo non si vuol dire che la politica debba essere lasciata in mano a ristretti gruppi di “esperti”, o che un operaio non possa andare in Parlamento. Il vero punto è il criterio di selezione. In questa vicenda, e in tante simili (magari senza fatti tragici sullo sfondo) quello che appare evidente è che il criterio di scelta è la notorietà mediatica, comunque ottenuta. E allora l'obiezione sopra svolta si può ripetere: è questo un criterio che sarebbe sensato adottare nelle vicende serie della vita, come quelle prima indicate? Mi sembra evidente che la risposta è no.

Che cosa ci dice allora questa vicenda? Ci dice che elettori e vertici del PD, evidentemente, non credono che la politica sia una cosa seria. E poiché analoghe vicende vi sono state in tutti i partiti, e non hanno causato particolari proteste mediatiche, possiamo dire che l'intero ceto dirigente italiano è convinto che la politica non sia una cosa seria, e che la maggioranza degli elettori italiani condivide questa opinione. È questa l'antipolitica, quella vera. Non Grillo.

Add comment

Submit