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micromega

Il bluff di Draghi sul “Quantitative Nothing”

Sergio Cesaratto

La pros­sima set­ti­mana sarà fon­da­men­tale per i destini euro­pei. Il 22 il diret­tivo della Bce dovrà deci­dere moda­lità e tempi del tanto pro­messo Quan­ti­ta­tive Easing (QE), men­tre il 25 si svol­ge­ranno le fati­di­che ele­zioni greche.

Su cosa farà la Bce girano molte voci, ma tanto per pre­pa­rarci alle deci­sioni effet­tive pro­viamo a chia­rirci cos’è il QE.

Dal 2008 la Bce ha reso dispo­ni­bile alle ban­che tutta la liqui­dità che richie­de­vano. E ne hanno richie­sta molta, in par­ti­co­lare nel 2011 e 2012.

In que­gli anni le ban­che ita­liane e spa­gnole hanno impie­gato cen­ti­naia di miliardi di euro per acqui­stare i titoli sovrani dei rispet­tivi Paesi, con­sen­tendo agli inve­sti­tori dei paesi nor­dici di rim­pa­triare i pro­pri capi­tali evi­tando il default degli stati periferici.

Nel marzo 2012 il bilan­cio della Bce rag­giunse la cifra di 3 tri­lioni di euro a cui Dra­ghi dice di voler ora tor­nare. Infatti, dopo le sue famose dichia­ra­zioni di fine luglio 2012 e il suc­ces­sivo impe­gno della Bce di soste­nere i titoli di stato (subor­di­nato all’accettazione della Troika) i capi­tali stra­nieri sono tor­nati sui titoli di stato peri­fe­rici e le ban­che hanno resti­tuito la liqui­dità alla Bce il cui bilan­cio si è per­ciò sgon­fiato a 2 trilioni.

Si noti che la liqui­dità creata non ha in alcun modo sti­mo­lato il cre­dito a imprese e fami­glie, cre­dito stretto nella tena­glia di ban­che recal­ci­tranti a con­ce­derlo e sog­getti restii a richie­derlo visti i chiari di luna della crisi.

L’austerità che per­vi­ca­ce­mente la Ger­ma­nia ha impo­sto e gli altri hanno mise­re­vol­mente accet­tato ha nel frat­tempo deva­stato le eco­no­mie della peri­fe­ria euro­pea, e pochi si azzar­dano ora a pro­met­tere una ripresa seria in tempi ragio­ne­voli. Le spe­ranze di una resi­pi­scenza euro­pea in una dire­zione soli­dale e key­ne­siana comin­ciano final­mente ad appa­rire come illu­so­rie – visto che non ce ne sono mai state le basi storico-politiche — anche a coloro che le hanno tena­ce­mente coltivate.

In que­sto qua­dro deso­lante il QE di Dra­ghi appare come l’ultimo appi­glio, fon­dato su poco, come vedremo.

Que­sta volta alla crea­zione di liqui­dità da parte della Bce sarebbe asse­gnato il com­pito nien­te­meno che di rilan­ciare la domanda aggre­gata e dare avvio all’agognata ripresa.

Con il QE la banca cen­trale acqui­sta sul mer­cato titoli, prin­ci­pal­mente di stato, immet­tendo liqui­dità nel sistema (Dra­ghi ha alluso a un 1 tri­lione di euro, ora si parla di 500 miliardi, sta­remo a vedere).

Con quale scopo?

La domanda di titoli da parte della Bce, e l’impiego della liqui­dità da parte di chi glieli vende per acqui­stare altri titoli, gene­re­rebbe un aumento dei valori bor­si­stici e una dimi­nu­zione dei tassi di inte­resse nel mer­cato (valore dei titoli e tassi di inte­resse sono in una rela­zione inversa). Da que­sti primi effetti ne dovreb­bero sca­tu­rire diversi altri, posi­tivi, sulla domanda aggregata.

1) La mag­giore liqui­dità dovrebbe sti­mo­lare il cre­dito, ma già s’è visto negli scorsi anni che mag­giore liqui­dità non genera cre­dito addi­zio­nale.

2) L’ aumento del valore dei titoli a lungo ter­mine potrebbe sti­mo­lare gli inve­sti­menti. Ma non si vede per quali ragioni le imprese dovreb­bero inve­stire con aspet­ta­tive di domanda a dir poco depresse.

3) La bolla bor­si­stica potrebbe sti­mo­lare i con­sumi, basti tra­scu­rare il fatto che le fami­glie che deten­gono titoli sono poche e hanno una bassa pro­pen­sione al con­sumo.

4) Con grande dispiego di fan­ta­sia gli organi di infor­ma­zione, incluso il Sole, ci stanno ven­dendo l’idea che il QE deter­mini aspet­ta­tive di infla­zione nel pub­blico (l’idea che più moneta generi più infla­zione è in fondo uno dei luo­ghi comuni più radi­cati ) e ciò sti­moli con­sumi e inve­sti­menti. Che una ripresa della domanda aggre­gata si possa basare sul susci­tare aspet­ta­tive di infla­zione è ven­dere fumo, l’arrosto non c’è.

Sin qui il QE non rap­pre­sen­te­rebbe altro che un facite ammuina, ridi­colo quanto il piano Junc­ker, misure utili solo acché Renzi possa amma­liare il pub­blico dei talk show. Riman­gono due altri pos­si­bili effetti del QE.

5) Il primo è il deprez­za­mento dell’euro: la liqui­dità si rivol­gerà infatti anche verso titoli esteri deter­mi­nando un apprez­za­mento delle divise stra­niere e un gua­da­gno di com­pe­ti­ti­vità euro­peo. Nel caso dell’Eurozona, che già pre­senta un enorme sur­plus com­mer­ciale verso il resto del mondo, que­sto suo­ne­rebbe però come un com­por­ta­mento inaccettabile.

6) Infine, l’acquisto di titoli pub­blici da parte della Bce può rap­pre­sen­tare la messa in sicu­rezza di una quota di debiti sovrani in con­ti­nuo peg­gio­ra­mento a causa dell’austerità e la cui soste­ni­bi­lità è insi­diata dal pos­si­bile venir meno della fidu­cia degli inve­sti­tori come acca­duto nel 2011 e 2012 (sotto l’effetto degli acca­di­menti in Gre­cia e comun­que a fronte dell’insostenibilità eco­no­mica e sociale della situazione).

Il QE non sarebbe altro che una ripetizione con altre modalità delle misure tampone intraprese negli scorsi anni

Ma allora il QE non sarebbe altro che una ripe­ti­zione con altre moda­lità delle misure tam­pone intra­prese negli scorsi anni e si può ben con­clu­dere che il suo senso, per­sino se effet­tuato senza i pro­ba­bili paletti tede­schi, non vada oltre il pro­cra­sti­nare della nostra agonia.

Diverso il caso in cui un acqui­sto mas­sic­cio di titoli pub­blici accom­pa­gnasse una poli­tica fiscale for­te­mente espan­siva, allora sì che il QE avrebbe effetti sulla domanda aggre­gata. Ma que­sto non accadrà.

Da ultimo, il bluff del QE sarà sma­sche­rato, ma a costo di ulte­riori mesi di inu­tili sacri­fici per le popo­la­zioni e di danni irre­ver­si­bili alle eco­no­mie periferiche.

Alla sini­stra il dovere di riflet­tere se lasciarsi cul­lare ancora nelle illu­sioni euro­so­li­dali e per­sino nelle pro­prietà magi­che di Dra­ghi o pen­sare ad altro.

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