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dinamopress

No all'avventura libica

di Augusto Illuminati

Squillano le trombe, si provano gli elmetti (Onu, Nato, anonimi). Siamo alla vigilia di una guerra neo-coloniale sotto pretesto della minaccia terrorista: una guerra per far dimenticare la crisi europea e per sfogare il bullismo di Renzi.

Nel 1911 Giolitti preparò con accortezza politica (un po’ meno militare) la conquista della Libia, per acchiappare l’ultima occasione disponibile per partecipare al banchetto coloniale sull’Africa. I nazionalisti erano già entusiasti, ai socialisti riformisti promise il suffragio universale (concesso un anno dopo) e, per mantenere i futuri equilibri elettorali, cominciò a rimettere in gioco i clerico-moderati, autoesclusisi dalla vita politica dopo il non expedit papale del 1868 e la presa di Roma. A tal scopo trattò con le due rappresentanze informali della Santa Sede, il conte Vincenzo Ottorino Gentiloni, presidente dell’Unione Elettorale Cattolica, e il Banco di Roma, braccio della finanza vaticana e dei palazzinari romani. A essi fu promessa, in cambio del sostegno alla spedizione, mano libera nello sfruttamento delle risorse libiche e un‘improbabile conversione degli indigeni alla vera fede. Il patto Gentiloni del 1913 chiuderà il cerchio.

Oggi –siamo in clima recalcatiano di “eredi”, di Telemachi affezionati a padri di cui concupiscono l’eredità, tipo Fusaro di Gramsci– un altro Gentiloni, Paolo, rinnova i fasti africani e minaccia in tempi brevissimi, entro fine febbraio, un intervento contro l’Isis in Libia sotto egida multinazionale: non sarà certo l’Onu, troppo soggetta a veti, bensì la Nato (se Turchi e Greci non scassano) o qualche coalizione di volenterosi coglioni (willing arse-holes). Gentiloni crociato, come dicono i terroristi a Radio Sirte? Io userei un altro aggettivo…

Stavolta, infatti, la solita macchina degli annunci sbruffoni alla Renzi è diventata troppo rischiosa. Perfino Lazzaro, cioè Berlusconi, è uscito dal sepolcro avvolto in un lenzuolo e ha consentito all’azione militare (Nazareno risorto): una ripetizione spettrale di quando Chirac scatenò, per conto degli Usa, il golpe contro Gheddafi e malvolentieri il Cav, spinto da Napolitano (grazie Giorgio), gli andò a rimorchio. Oggi è Renzi, con Gentiloni e Pinotti ilari al guinzaglio, a condurre le danze. Quasi tutte le forze politiche stanno accodandosi, perfino un’incomprensibilmente interlocutoria Sel a condizione che a promuovere la crociata sia l’Onu e che, nel pidgin english del capogruppo alla Camera A. Scotto, si tratti di «funzione di peace keeping e di state building, ovvero di ricostruzione della statualità condivisa» (ma che dici?). Solo Prodi e il M5s mostrano perplessità e scetticismo.

Rispetto alla disastrosa impresa precedente –che rovesciò un dittatore per innestare un’interminabile guerra civile e spartire le risorse libiche, un tempo Eni, fra Eni e Total– la situazione è addirittura peggiore. Abbiamo una pluralità di fazioni tribali in lotta, due governi e due parlamenti entrambi non solo illegittimi ma privi di potere, l’lsis insediata stabilmente a Derna e a Sirte e in grado di egemonizzare buona parte dei caotici aggregati islamici locali, le condutture di gas, petrolio e acqua sotto minaccia, pozzi, raffinerie e terminal bloccati. La stessa idea di giocare una fazione contro le altre è piuttosto implausibile, al massimo si può contare sull’intervento egiziano del “laico” al-Sissi, amico di Renzi e idolo del Foglio, massacratore equanime di Fratelli musulmani e attivisti democratici.

A parte la strategia complessiva di contenimento dell’Isis –basti pensare l’ostilità e l’iniziale indifferenza di due paesi Nato quali la Turchia e gli Usa per l’epopea di Kobanê– e a parte il fatto che il Califfato nero è il frutto degli errori americani in Irak e in Siria, come la Libia è il retaggio del fallimento anglo-francese del 2011 (finanziato allora dal Qatar, oggi finanziatore di Isis!), a parte tutto questo, se c’è un paese dove l’Italia non può tornare alla testa di una raffazzonata coalizione è proprio la Libia. Non si può calcare con gli stivaloni la terra che fu già nostra colonia, conquistata e mantenuta con il sangue, non si possono spedire alpini e granatieri sulle montagne dove abbiamo massacrato i guerriglieri con Badoglio e Graziani (le cui ville e mausolei contaminano ancora l’Italia) non possiamo spedire i nostri blindati nelle sabbie dove abbiamo rinchiuso con il filo spinato gli arabi negli anni ‘30 e gli ebrei negli anni ’40, dove abbiano impiccato Omar al-Mukhtar nel 1931. Diciamola tutta: con l’obbiettivo quasi ragionevole di ristabilire i flussi di gas e petrolio e quello infame e perdente di riaprire quei campi di concentramento per stiparvi i migranti a provenienza sub-sahariana e arrestare i barconi del Canale di Sicilia. Con questa logica, il prossimo passo sarà di occupare l’Egitto e la Siria, visto che ormai di lì partono le nuove direttrici marittime di emigrazione…Vasto programma, da perfetti cretini geopolitici! Dall’«aiutiamoli a casa loro» di Salvini a «occupiamo la sponda sud del Mediterraneo» di Renzi. Roba da Tso…

Si tratta, oltre tutto e a prescindere da qualsiasi considerazione umanitaria e anti-coloniale, di un’impresa destinata al fallimento in termini politici e militari, peggio della Somalia. Per mancanza di complici locali attendibili, di obbiettivi strategici e di strumentazione militare. Obama e Merkel hanno altre gatte da pelare e per ora ci mandano avanti senza troppa convinzione. Putin si frega la mani. Grande occasione, invece, per prenderci a qualsiasi prezzo tutti gli F-35 e i rottami navali sul mercato, riaccendere il Muos e distribuire appalti, magari pure per reclutare volontari con la Youth Guarantee, ma poi chi resta sul posto a giocare a un ordine imperiale? Ci mandiamo la Mogherini e La Russa in mimetica? A giocare a “state building”?

Per Renzi è un’eccellente occasione (molto meglio della riforma costituzionale ormai impaludata) per lanciare il Partito della Nazione. La grande Proletaria si è mossa –morto Pascoli, bisognerà accontentarsi di Adriano Sofri. Invece del futurismo tripolino di Marinetti, le scoregge di Galli della Loggia. Non c’è più Gea della Garisenda a cantare, nuda e avvolta nel solo tricolore, Tripoli bel suol d’amore. Suppliranno Marianna Madia e Maria Elena Boschi? Saranno la Banca Etruria di Boschi padre o il Credito cooperativo di Pontassieve di Renzi padre all’altezza del vecchio Banco di Roma guerrafondaio?

Quel che è certo che i tempi potrebbero essere brevissimi e noi non vogliamo andare al macello sotto le bandiere della civiltà occidentale, non vogliamo andarci nel posto sbagliato (meglio affiancare i combattenti curdi nel remoto Rojava che invadere la vicina Libia, dovessimo scegliere).

STOP ALLA MILITARIZZAZIONE DELLA SICILIA!

STOP ALLE SPESE IN ARMAMENTI!

STOP ALL’INTERVENTO IN LIBIA!

NOT IN OUR NAME!

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