Print Friendly, PDF & Email
tysm

Inversione di flusso

di Christian Marazzi

In questi giorni i quotidiani finanziari hanno pubblicato dati e analisi del Fmi e della Banca dei regolamenti internazionali che indicano una vera e propria inversione di flussi di capitali dai paesi emergenti verso i paesi occidentali.

Si tratta di questo: a partire dal 2009 e fino a circa la metà dello scorso anno, i 15 paesi emergenti, tra cui in particolare Cina, Russia, Corea del Sud, Taiwan e Tailandia, hanno conosciuto un forte e continuo afflusso di capitali dai paesi occidentali più colpiti dalla crisi finanziaria.

In questi anni, per contrastare la crisi, paesi come gli Stati Uniti e l’Inghilterra hanno adottato politiche monetarie molto espansive, abbassando praticamente a zero i tassi d’interesse e iniettando quantità enormi di liquidità sui mercati finanziari (il famoso quantitative easing). Come da manuale, questo afflusso di capitali alla ricerca di rendimenti più elevati ha favorito l’indebitamento delle grandi imprese dei paesi emergenti e la speculazione dei mercati immobiliari.

Ma negli ultimi mesi la situazione nei paesi occidentali è mutata, e questo per almeno tre ragioni.

In primo luogo, la Federal Reserve, la banca centrale americana, sta cercando – non sappiamo con quale esito – di invertire la sua politica monetaria, orientandosi verso un aumento dei tassi d’interesse per evitare di alimentare una bolla finanziaria incombente.

In secondo luogo, vi è stato il crollo del prezzo del petrolio e di altre materie prime che per paesi esportatori come la Russia sta avendo effetti devastanti sulla crescita interna e sull’occupazione.

In terzo luogo, l’avvio, in Europa, di una politica monetaria espansiva sta contribuendo a rafforzare il dollaro e a indebolire non solo l’euro, ma anche le monete dei paesi emergenti.

Sta di fatto che questi tre fattori hanno innescato (a partire dall’ultimo trimestre del 2014) un esodo di capitali dai paesi emergenti, in particolare dalla Cina. In questo paese la crescita del Pil sta rallentando fortemente e il settore della costruzione si sta sgonfiando, e così grandi quantità di capitali se ne vanno alla ricerca di mercati in cui i rendimenti sono più elevati e, soprattutto, più sicuri.

La fuga di capitali comporta a sua volta una forte riduzione delle riserve in valuta estera detenute dalla Banca centrale cinese, quelle riserve che per diversi anni sono state investite sul debito americano, garantendo a questo paese di crescere a mezzo di indebitamento.

La crisi dei subprime, esplosa negli Stati Uniti nel 2008, ha in seguito contagiato l’Europa. Ora sembra contagiare i paesi emergenti. Il cerchio è chiuso.

Add comment

Submit