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phastidio

Il Pil sale meno della propaganda

Mario Seminerio

La stima preliminare della variazione del Pil italiano nel primo trimestre di quest’anno (più 0,3%) è risultata migliore delle attese, poste ad un +0,2%. Quale migliore opportunità, quindi, per consentire ad esponenti di governo e maggioranza di esercitarsi nell’abituale disciplina olimpionica del lancio di agenzia, in cui si magnificano le epocali riforme dell’esecutivo quando vengono pubblicati dati macro vagamente positivi, salvo essere colti da afasia in caso contrario? Tornare alla crescita dopo cinque trimestri consecutivi di segni negativi o nulli, e farlo con la maggiore variazione dal primo trimestre 2011 (tutto è relativo) può in effetti dare le vertigini.

La terapia per questo stato vertiginoso è una sola: contestualizzare. Dai dati degli altri paesi europei notiamo, ad esempio, che siamo ancora nel gruppo di coda per magnitudine di crescita, confermando la nostra “vocazione” a crescere meno della media. Poi, servirebbe ricordare che parliamo della prima stima di variazione del Pil, in cui cioè non vi sono disaggregazioni che consentano di capire da dove provengono i contributi alla crescita. In astratto potrebbe trattarsi anche di un accumulo indesiderato di scorte, e sarebbe evidentemente spiacevole. Considerazioni di prudenza inducono quindi ad attendere la stima finale, per esprimere un compiuto giudizio qualitativo.

L’esercizio della contestualizzazione consentirebbe anche di focalizzare le irripetibili circostanze favorevoli esterne (prezzo del greggio, deprezzamento del cambio dell’euro, crollo dei rendimenti obbligazionari), che sono alla base del sin qui modesto impulso espansivo di cui l’Eurozona sta oggi godendo, dopo anni di carestia. Circostanze favorevoli che, nelle ultime settimane, si sono tuttavia attenuate col repentino rialzo dei rendimenti obbligazionari in Eurozona, partito dai Bund tedeschi ed esteso anche ai nostri Btp, dopo che i mercati si sono risvegliati di soprassalto ed hanno realizzato che, anche dopo il forte rialzo del greggio, forse il rischio-deflazione non è più così attuale ed i rendimenti obbligazionari sono davvero eccezionalmente bassi, troppo bassi.

A questo proposito è utile osservare che, ai livelli correnti di mercato, le ipotesi su cui è costruito il Documento di Economia e Finanza rischiano di essere troppo ottimistiche. Quello che al momento appare evidente è che questa sorta di “ripresa” (la “finestra di opportunità “ a cui spesso si riferisce il ministro dell’Economia, Padoan) è e resta una jobless recovery, cioè troppo esile per produrre un riassorbimento della disoccupazione, con buona pace della maliziosa ambiguità con cui, dall’esecutivo, si gioca invece sui “meriti” del Jobs Act. Che sono, nella migliore delle ipotesi, quelli di riduzione delle forme più gravi di precarietà, e non certo di promuovere l’aumento netto di occupazione. Basterebbe un minimo di logica economica per comprendere che, se il Pil cresce in maniera asfittica e si parte da una disoccupazione molto elevata, non ci sono reali spazi per aumentare l’occupazione, perché diversamente ciò si tradurrebbe in un crollo della produttività del lavoro.

Ma in questo momento, in Italia, siamo sottoposti ad un bombardamento propagandistico senza precedenti, mosso forse dal desiderio molto naif di indurre nei consumatori quell’ottimismo che possa finalmente smuovere la congiuntura. E c’è anche una curiosa asimmetria, in questo baccanale di propaganda: a dati economici positivi seguono trionfanti rivendicazioni di merito per l’esecutivo, senza por tempo in mezzo tra la “cura” e l’esito. Per contro, su dati negativi (come l’ultimo, francamente preoccupante, sulla disoccupazione), si leggono inviti alla virtù della pazienza, “perché le misure sinora messe in campo richiedono tempo per produrre i loro positivi effetti”. Come avrebbe detto Catalano, meglio una crescita dello zerovirgola che una contrazione ma cerchiamo anche di ricordare che, ad oggi, siamo sempre la solita Italia ritardataria e col freno a mano tirato. L’unica cosa che sta crescendo a livelli di boom, in questo paese, è la propaganda. Qualcosa su cui servirebbe una approfondita riflessione.

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