Print Friendly, PDF & Email
linterferenza

La sostenibile e schizofrenica scissione di Mario Tronti

Fabrizio Marchi

Proprio questa mattina ho letto questo interessante e in larga parte condivisibile articolo: http://www.sinistrainrete.info/sinistra-radicale/5185-militant-tra-impossibile-riformismo-e-necessaria-mediazione.html

Però…C’è un però che è grande come una montagna e che fa a cazzotti con l’analisi contenuta nell’articolo stesso in cui si fa esplicito riferimento alle elaborazioni filosofiche-politiche di Mario Tronti, “inventore” e teorico dell’ “operaismo” prima, sostenitore del “Primato Leninista della Politica” (con la P maiuscola e anche col K…) poi, uno dei grandi “maitre a penser” della Sinistra italiana (primato conteso con Alberto Asor Rosa e pochi altri…), a suo tempo considerato uno dei “cattivi maestri”, insieme, fra gli altri, ad Antonio (Tony) Negri, intellettuale di punta dell’Autonomia Operaia anni ‘70.

Mario Tronti, che nonostante le sue posizioni “eretiche” se non addirittura “sovversive” (per lo meno in linea teorica…) non è mai uscito dal PCI e poi dal PDS e dai DS, è stato eletto alle ultime elezioni senatore nelle file del PD, e continua a restarci. Non quindi nel PD “socialdemocratico” (magari lo fosse stato, diciamo che questa è l’immagine costruita dai media…) di Bersani o di D’Alema (il che sarebbe comunque grave, specie per un uomo con la sua storia) ma in quello di Renzi, cioè il neo “partito della nazione”, l’architrave dell’attuale sistema politico, il garante degli interessi del grande capitale finanziario (e non solo) europeo e internazionale attualmente dominante.

Ora, la domanda (molto semplice e intuibile) è: cosa sta a fare un uomo come Tronti nel PD? Come è politicamente giustificabile una simile schizofrenica scissione fra teoria e prassi, fra analisi politica e scelte personali? Quale alchimia, quale metaforico triplo salto carpiato può riuscire a conciliare le elaborazioni di Tronti con la sua permanenza nel PD, cioè nell’attuale struttura politica-amministrativa dell’avversario di classe?

E’ ovvio che non può esserci una risposta provvista di razionalità politica. Per la semplice ragione che non è oggettivamente possibile. E’ quindi evidente che va cercata altrove. Forse nelle praterie di quelle “strutture psichiche” che la Sinistra, da sempre malata di eccesso di economicismo, sociologismo e politicismo, non ha mai esplorato. Forse, e sottolineo forse, solo esplorando quei “territori” si può dare una risposta logica e razionale alla scelta di Mario Tronti (e a tanto altro ancora…). La questione riguarda il tema della famosa “complessità”, all’interno della quale facciamo comunemente rientrare tutto ciò che non riusciamo a capire. Eppure il tema è sul piatto e non può essere eluso se vogliamo cominciare a sbrogliare il bandolo della matassa in cui siamo finiti.

Perché si fa un gran parlare (a ragione) della crisi della Sinistra, e proprio questo tema è oggetto da tempo delle riflessioni, sempre molto interessanti, dello stesso Mario Tronti: partito, forma-partito, classe,capitale, lavoro, forma-lavoro, autonomia del politico, autonomia della classe, primato della politica, addirittura utopia, teologia, profezia e spiritualità. Questi i temi che in tutti questi anni proprio Tronti ha affrontato nella loro complessità, nel tentativo di dare una spiegazione alla suddetta crisi della Sinistra. A questo punto – sono costretto a pensare – senza essere in grado di dare una risposta credibile neanche a se stesso, altrimenti non si sarebbe fatto eleggere nelle file del PD.

Ed è forse proprio la sua scelta, un mistero non spiegabile con i soli strumenti (pur fondamentali) della Politica, a fornirci la testimonianza più chiara della drammatica crisi in cui versa la Sinistra stessa. E’ ovvio che la risposta non potrà venire da Tronti. E men che meno è in grado di fornirla il sottoscritto.

Il quale però, umilmente, si permette di dare alcuni suggerimenti. Anche questa (tutto sommato) piccola vicenda dimostra quanto sia necessario e improcrastinabile rompere tutti quegli argini e quegli steccati ideologici e politici che hanno reso impossibile fino ad ora una discussione a tutto campo.

E proprio la triste – lasciatemelo dire, sia pure con affetto – parabola politica di un uomo come Mario Tronti, ci dice che non c’è tempo da perdere.

Add comment

Submit