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micromega

Il "Corriere" contro la Consulta: non si piega al dio mercato

Carlo Formenti

Quando si dice il colmo dell’ipocrisia. In un editoriale apparso sul Corriere della Sera del 28 maggio scorso, intitolato “Le sentenze che danno incertezza”, Pierluigi Battista rilancia un argomento che da qualche anno tiene banco sulla stampa nostrana, vale a dire le – vere o presunte – “invasioni di campo” della magistratura nei confronti del potere legislativo ed esecutivo. La democrazia, argomenta Battista, si basa su un sistema di contrappesi fra i diversi poteri dello Stato, sistema che rischia di incepparsi se la bilancia pende a favore di uno di tali poteri, se, per esempio, il giuridico prevarica sul politico.

Ma basta scorrere poche righe per capire che non siamo di fronte a un sofisticato dibattito di ingegneria costituzionale, bensì a un tema decisamente più prosaico e contingente: Battista si riferisce, infatti, alla sentenza della Corte Costituzionale che sta obbligando il governo a restituire ai pensionati parte del mal tolto che lo Stato ha incamerato grazie alla mai troppo vituperata Legge Fornero. “Se un intero progetto di politica economica di un governo, scrive, viene smantellato da una sentenza della Corte Costituzionale, la sentenza va applicata e non elusa, però il rischio è che l’autonomia dei governi, già fortemente indebolita dal trasferimento di consistenti quote di potere a entità sovranazionali, ne esca fortemente minata e compromessa”.

Par di sognare: autonomia dei governi!? Di che autonomia stiamo parlando? Ma soprattutto: di che democrazia stiamo parlando? La decisione di pescare nelle tasche di una categoria di cittadini particolarmente esposta ai rigori della crisi è stata assunta da un governo liberamente eletto dal popolo? O non è stata invece assunta da un governo “tecnico” sotto dettatura/dittatura dei burocrati (non eletti) di Bruxelles? E ancora: i cittadini sono stati chiamati a esprimere la propria opinione sul progetto di politica economica del governo oggi in carica? E infine: il modo migliore di difendere la nostra autonomia nei confronti delle entità sovranazionali che la minacciano, consiste forse nel subordinare l’autonomia della Corte Costituzionale ai vincoli imposti da quelle stesse entità?

In soccorso della barocca argomentazione di Battista accorre tuttavia, nello stesso numero del Corriere, la risposta di Sergio Romano alla lettera di un lettore, il quale chiede lumi in merito alla presunta esistenza di un conflitto fra sentenza della Consulta e testo costituzionale: “Ho pubblicato il testo del nuovo art. 81 della Costituzione, scrive Romano, perché mi è sembrato utile che i lettori lo avessero sotto gli occhi quando si parla di bilancio. Ma non sono convinto che tra l’articolo e la sentenza della Consulta vi sia necessariamente un conflitto giuridico. Vi è tuttavia una antinomia sostanziale”.

L’antinomia nasce dal fatto che la “costituzionalizzazione” del pareggio di bilancio (destinata a passare alla storia come un mostro giuridico partorito dalla elezione a principio assoluto dei valori dell’ideologia ordoliberista) impedisce ai governi nazionali che aderiscono alla Ue di esercitare la propria sovranità in materia di politica economica. Così tutto si tiene e le contorsioni dialettiche di Battista ottengono una perversa legittimazione: la Consulta ha invaso il campo del governo in quanto si è rifiutata di piegare la schiena di fronte alle leggi del dio mercato.

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