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manifesto

Alle oligarchie il contante piace elettronico

Andrea Fumagalli

«The End of Money» di David Wolman per la casa editrice Laterza. Tradotto il best-seller sui cambiamenti della moneta, ormai ridotta a puro segno dei rapporti di potere

Da quando la crisi finan­zia­ria è comin­ciata, il tema della moneta e la discus­sione sul suo ruolo e soprat­tutto sulla sua forma hanno acqui­stato sem­pre più rile­vanza. Una rile­vanza più di natura divul­ga­tiva che pro­pria­mente acca­de­mica, che ha inte­res­sato più un pub­blico curioso che gli addetti ai lavori.

La cre­scente popo­la­rità dei Bit­coin ha poi fatto il resto, spo­stando l’interesse non tanto sulla natura e le fun­zioni della moneta ma sulla sua forma. Ed è di que­sto aspetto che si occupa, con taglio gior­na­li­stico, sem­plice e chiaro, il best-seller di David Wol­man, dal titolo The End of Money, oggi tra­dotto con lo stesso titolo ori­gi­na­rio inglese da Laterza nella nuova col­lana «che futuro!», rea­liz­zata in col­la­bo­ra­zione (non casuale) con la banca digi­tale «Che banca!» (pp. 244, euro 18).

In realtà il titolo è fuor­viante. Sarebbe stato più cor­retto par­lare di The End of Cash, ovvero «La fine del con­tante», piut­to­sto che della moneta. In effetti, i diversi capi­toli del libro hanno come filo con­dut­tore la dimo­stra­zione dei diversi van­taggi che l’abolizione del con­tante potrebbe comportare.

Con piglio aned­do­tico, si fa l’esempio del mal­de­stro terrorista-kamikaze, che alla vigi­lia di Natale del 2009, acqui­sta a Lagos un biglietto di sola andata per Detroit, via Amster­dam, pagando in con­tanti il prezzo di 2381 dol­lari (con ban­co­note di pic­cola taglia). Nes­suno si inso­spet­ti­sce e solo la pron­tezza di alcuni pas­seg­geri a bordo impe­di­sce che l’aereo esploda sopra il cielo del Canada.

Oppure, si rac­conta di famosi casi di fal­si­fi­ca­zione di ban­co­note, come nel caso del cana­dese Wesley Weber che dif­fuse a par­tire dal 2000 ban­co­note fasulle per un con­tro­va­lore di 7,7 milioni di dol­lari, costrin­gendo la Banca Cen­trale a cam­biare il design. Ma l’uso del con­tante, secondo nume­rosi report citati da Wol­man, è soprat­tutto col­le­gato a pra­ti­che mala­vi­tose e all’evasione fiscale. E sono pro­prio que­sti due fat­tori a spin­gere sem­pre più a favore della ridu­zione e alla limi­ta­zione nell’uso del con­tante. Al riguardo, già a par­tire dai primi anni Ottanta si sono svi­lup­pati negli Usa movi­menti, più mossi da intenti reli­giosi che eco­no­mici, per l’abolizione delle moneta metal­lica, come nel caso delle pre­di­che del reve­rendo geor­giano Guest, che auspica la fine del denaro, in quanto «stru­mento di satana».

 

Un chip per pagare

Ma anche a livello isti­tu­zio­nale ci si sta muo­vendo velo­ce­mente in que­sta dire­zione. Già alcuni paesi del Nord Europa hanno appro­vato piani per la limi­ta­zione del con­tante. In primo luogo pro­ce­dendo a nazio­na­liz­zare la stampa delle ban­co­note (Stati, Uniti, Cina, Rus­sia e Giap­pone); in secondo luogo, impo­nendo forme di cir­co­la­zione digi­tale e elet­tro­nica. È il caso, ad esem­pio, della Sve­zia, ma anche delle recenti dispo­si­zioni prese in Ita­lia, per limi­tare l’uso di con­tante per tran­sa­zioni supe­riori a 1.500 euro. Ed è ancora in corso il pro­getto per il paga­mento delle pen­sioni per via digitale.

È evi­dente che l’innovazione tec­no­lo­gica gioca un ruolo fon­da­men­tale. Non fac­ciamo solo rife­ri­mento alle forme di tra­smis­sione mone­ta­ria tra­mite bit ma anche allo svi­luppo di inno­va­zioni bio­tec­no­lo­gi­che, che potreb­bero con­sen­tire in un futuro non troppo remoto di poter pagare con la pres­sione di un pol­pa­strello, eli­mi­nando così qual­siasi stru­mento di inter­me­dia­zione mone­ta­ria. L’idea di dotare il corpo umani di chip sot­to­cu­ta­nei per favo­rire tran­sa­zioni mone­ta­rie è già in fase di alta sperimentazione.

Non si può che con­cor­dare con la pre­vi­sione che il con­tante, metal­lico o car­ta­ceo, sia in via di estin­zione. Ma ciò che non è sicu­ra­mente in estin­zione è il ruolo e la fun­zione della moneta come espres­sione di un rap­porto sociale di potere.

Di fatto, la sto­ria dell’umanità è la sto­ria dell’evoluzioni delle forme di paga­mento, da quando i Lidi hanno comin­ciato a coniare la prima moneta metal­lica in Europa, fon­data pre­va­len­te­mente sull’oro, sino a pas­sare alla moneta car­ta­cea con la for­ma­zione dei grandi stati nazio­nali euro­pei e la con­cen­tra­zione dei diritti di signo­rag­gio su base nazio­nale. Que­sto pas­sag­gio, dove la forma moneta non incor­pora più in modo diretto il valore stesso che dichiara ma sarà comun­que, sep­pur indi­ret­ta­mente, col­le­gata ad unità di misura mate­riale (sistema gold-standard), subirà un altro dra­stico cam­bia­mento, quando, nel 1971, venuta meno la parità aurea-dollaro fis­sata a Bret­ton – Woods nel 1944, la moneta si sma­te­ria­liz­zerà com­ple­ta­mente, diven­tato pura moneta-segno. Si tratta di cam­bia­menti nella «forma» della moneta essen­zial­mente fina­liz­zate a velo­ciz­zare la sua cir­co­la­zione, in coin­ci­denza con lo svi­luppo di un sistema prima mer­can­tile e poi di accu­mu­la­zione come è quello capi­ta­li­stico. E ciò può avve­nire pro­prio nel momento in cui le moda­lità della sua emis­sione e il potere che la moneta eser­cita ten­dono sem­pre più con­cen­trarsi, prima negli Stati-Nazioni, oggi nelle oli­gar­chie finanziarie.

ll tema della velo­cità della cir­co­la­zione e del potere della moneta, fat­tori tra loro stret­ta­mente cor­re­lati, non sono mai affron­tati nel testo. Que­sto è il limite prin­ci­pale del libro di Wol­man: che si sof­ferma sull’evoluzione della «forma» senza inda­gare la «sostanza» e e la strut­tura di potere sottostante.

Con la vir­tua­liz­za­zione del moneta dopo Bret­ton Woods, la moneta non è più una merce o un bene. Non esi­ste più un’unità di misura del suo valore, come il metro per la lun­ghezza o il chi­lo­grammo per il peso. Nel capi­ta­li­smo con­tem­po­ra­neo, il suo valore non è più deter­mi­nato esclu­si­va­mente da chi la emette in base alle riserve valu­ta­rie e auree. La sovra­nità mone­ta­ria (nazio­nale o sovra­na­zio­nale, che sia), la cui gover­nance è com­pito della Banca Cen­trale, tende a per­dere sem­pre più significato.

In un sistema capi­ta­li­stico che si basa su un’economia finan­zia­ria di pro­du­zione, la quan­tità di moneta esi­stente viene, infatti, endo­ge­na­mente deter­mi­nata dal livello di atti­vità eco­no­mica che si regi­stra e, sem­pre più, dall’evoluzione delle con­ven­zioni finan­zia­rie che rego­lano il mer­cato inter­na­zio­nale della finanza e delle valute. La Banca Cen­trale può solo cer­care di aumen­tare o di ridurre la massa mone­ta­ria cir­co­lante (che oggi è pic­cola quota), ma nulla più. Tale pos­si­bi­lità viene oggi ulte­rior­mente ridotta dal nuovo ruolo che hanno assunto i mer­cati finan­ziari, sia nel finan­ziare l’attività di inve­sti­mento (tra­mite le plu­sva­lenze gene­rate), sia come crea­tori di titoli alta­mente liquidi (defi­nita near money, quasi moneta).

 

Ostaggi della finanza

Nel momento stesso in cui la liqui­dità è pura moneta segno, essa sfugge a ogni con­trollo pub­blico. Essa perde lo stato di «bene di pro­prietà pub­blica». Il suo valore viene deter­mi­nato di volta in volta dall’operare dell’attività spe­cu­la­tiva dei mer­cati finan­ziari. Le sue fun­zioni di mezzo di paga­mento e unità di conto (misura del valore), non­ché di riserva di valore e di stru­mento di finan­zia­mento dell’attività di accu­mu­la­zione /valorizzazione, sfug­gono a qual­siasi con­trollo. La moneta diventa così ostag­gio delle aspet­ta­tive che le oli­gar­chie (o meglio, la dit­ta­tura delle oli­gar­chie) dei mer­cati finan­ziari di volta in volta è in grado di eser­ci­tare. Oggi, pos­siamo affer­mare che la crea­zione di moneta-finanza è l’esatta espres­sione del «comu­ni­smo del capi­tale». Ne è riprova il fatto che le scelte sta­tuali di poli­tica mone­ta­ria sono in fun­zione della dina­mica finanziaria.

La moneta con­tem­po­ra­nea è, dun­que, rap­pre­sen­ta­zione del bio-potere finan­zia­rio, in quanto il suo valore è deter­mi­nato dalle con­ven­zioni che l’oligarchia tecno-finanziaria è, di volta in volta, in grado di imporre.

Sono que­ste le tra­sfor­ma­zioni che occor­re­rebbe appro­fon­dire: è pos­si­bile «La fine del potere della moneta»?

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