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Il Pd perde la sfida dei comuni, ma la notizia peggiore per Renzi è un’altra

Aldo Giannuli

In sintesi, 7 a 4 per il centrodestra: Lecco, Macerata, Mantova e Trani al centrosinistra; Venezia, Arezzo, Chieti, Fermo, Matera, Nuoro, Rovigo al centro destra. Considerando che sui centri maggiori (Venezia, Arezzo, Mantova) la partita si schiude 2 a 1 per il centro destra, che il Pd aveva il sindaco uscente candidato in diverse di località, che la scommessa principale era Venezia e che Arezzo è antico feudo della sinistra, direi che non c’è dubbio che si tratti di una sconfitta secca. Ma questa non è neppure la notizia peggiore per Renzi.

Date un’occhiata a questi conti: nella colonna di sinistra troverete i voti in cifra assoluta in più o in meno ottenuti dai candidati del centro sinistra fra primo e secondo turno, in quella di destra troverete le differenze di quelli di centro destra sempre fra primo e secondo turno

Venezia: + 1.540 | + 19.615
Arezzo: – 867 | + 3.258
Chieti: + 1.188 | + 1.457
Fermo – 289 | + 5.812
Lecco + 1.425 | + 2.535
Macerata – 121 | + 1.882
Mantova +531 | + 598
Matera – 1.532 | + 2.518
Nuoro -955 | + 6.263
Rovigo + 266 | + 5.634
Trani – 1.193 | – 195

La somma algebrica dice che il Pd perde 7 voti (quindi è ai valori del primo turno), mentre la destra prende 49.377 voti in più e supera seccamente il totale del Pd.

Dunque: la sinistra aggiunge pochissimi voti al secondo turno (va oltre i 1.000 solo a Venezia, Chieti e Lecco e non tocca mai i 2.000) e non di rado ne perde (con punte di oltre 1.000 a Matera e Trani), mentre la destra regolarmente aumenta i voti (con la sola eccezione di Trani) toccando punte oltre i 3.000 a Venezia, Fermo, Nuoro e Rovigo, quel che gli ha permesso di ribaltare il risultato del primo turno, che la vedeva quasi dappertutto in seconda posizione.

E’ interessante notare che anche nei tre comuni non capoluogo (Porto Torres, Quarto) dove il ballottaggio era con il M5s, il Pd è regolarmente battuto.

Insomma: il Pd non esercita alcuna attrazione verso l’elettorato Non-Pd (essenzialmente liste di centro destra e M5s) e, non di rado, perde slancio, verso l’astensione (probabile effetto psicologico della sconfitta di due settimane fa che, così, si approfondisce). Insomma: chi vota Pd lo vota al primo turno, dopo non si prende un voto in più o quasi. Al contrario, la destra, spesso presente con più candidati, si ricompatta e recupera anche parte dell’elettorato M5s in funzione anti Pd. E’ interessante notare che dove il ballottaggio è con il M5s, la dinamica si inverte e gli elettori del centro destra votano per i grillini in funzione anti Pd. Per la verità, la tendenza degli elettori di destra a preferire il M5s al Pd si era già manifestata nel 2013 (vedi caso Parma), la novità è quella precedente: la tendenza dell’elettorato M5s a preferire il candidato di destra a quello Pd, mentre prima si asteneva compattamente.

Qui pesa l’errore di Renzi e della sua tattica dell’ “uno contro tutti” che ha reso il Pd odioso a chiunque non sia suo simpatizzante e, per di più, ha provocato emorragie anche nel suo elettorato, stufo della politica del “decido tutto io” e deluso dall’indirizzo di destra delle politiche governative. In politica le alleanze sono importanti, ricordiamolo. E ne prenda nota anche il M5s che ostinatamente rifiuta ogni possibile intesa: così si perde.

Si sta profilando una tendenza per la quale “vince il secondo”, per cui il Pd arriva primo al primo turno, ma poi perde al secondo perché la maggioranza dell’elettorato delle liste escluse dal ballottaggio si riversa sul secondo candidato, portandolo al sorpasso.

Morale: cari amici del Pd, siete sempre convinti dell’Italicum? Perché, di vincere al primo turno con il 40% mi pare che sia proprio difficile, in compenso ci sono ottime probabilità di perdere al secondo. E sarebbe una giusta nemesi se i truffatori restassero truffati.

Meditate gente, meditate!

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