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micromega

Il Jobs Act e il “modello Foxconn”

di Domenico Tambasco

L’approvazione in via preliminare del cosiddetto “schema di decreto sulla semplificazione” sembrerebbe aver introdotto la possibilità di controllare i lavoratori attraverso gli strumenti di svolgimento della prestazione lavorativa: al di là della sua dubbia legittimità ed efficacia pratica, appare ormai evidente l’orizzonte di riferimento del Jobs Act: più che la flexsecurity, è il “modello Foxconn”

Immaginatevi sul posto di lavoro, dinanzi al terminale mentre navigate su Internet, o al telefono mentre state parlando con un vostro collega, o mentre siete impegnati ad aprire un’applicazione sul vostro tablet.

Immaginate ora un datore che abbia il potere di controllare a distanza tutte le vostre attività lavorative, creando un pervasivo sistema di vigilanza.

Non è il distopico incubo del Grande Fratello orwelliano, ma è la realtà del modello “Foxconn”, così come descritto in recenti ed importanti studi (da ultimo “Morire per un iphone”, ricerca degli studiosi Pun Ngai, Jerri Chan e Mark Selden, Jaka Book, 2015), in cui si evidenziano le disumane condizioni lavorative degli operai del noto colosso cinese dell’elettronica, appaltatore di ancor più noti brand dell’elettronica mondiale.


È a tinte fosche la fotografia scattata all’interno della Foxconn: “Dal momento in cui oltrepassano la Porta d’Entrata, gli operai sono seguiti da un sistema di vigilanza che non ha eguali nelle vicine imprese di componenti elettronici e di lavorazione di materie plastiche.....Nella fabbrica strettamente vigilata un operaio comunicava questa sensazione: <<Ho perso la mia libertà. La Foxconn ha la sua forza armata, così come un Paese ha l’esercito e la polizia. Il sistema di vigilanza è un potente strumento di dominio dell’impero Foxconn>>”1.

La vigilanza maniacale sul lavoratore, al fine di spingerlo ad un’ininterrotta prestazione lavorativa nella coscienza di essere continuamente osservato, è l’attuale surrogato dei robot, ancora troppo costosi ed elementari per poter sostituire integralmente l’energia lavorativa umana; di qui, l’aspirazione di Terry Gou (presidente della Foxconn) di creare un luogo di lavoro in cui “uomini duri come l’acciaio eseguono comandi con l’esattezza e la precisione dei robot”2.

Questo sogno – o incubo – cinese ha un suo recentissimo tentativo di traduzione italiana: è il secondo comma del nuovo articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori, così come modificato dall’art. 23 dello “schema di decreto legislativo recante disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico dei cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità, in attuazione della Legge 10 dicembre 2014 n. 183”3, che stabilisce come il divieto di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori non si applichi “agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze”.

Cosa vorrebbe significare?

Un principio tanto semplice quanto allarmante, almeno nel suo espresso tenore testuale: possono essere utilizzati dal datore di lavoro anche strumenti per lo svolgimento della prestazione lavorativa (smartphone, computer, tablet, sistemi gps) che comportino la possibilità di un controllo a distanza del lavoratore anche al di fuori delle esigenze organizzative e produttive, di sicurezza del lavoro o di tutela del patrimonio aziendale, senza le cautele e le procedure previste dalla legge (ovverosia l’accordo con le rappresentanze sindacali o l’autorizzazione dell’autorità amministrativa che possono imporre anche specifiche prescrizioni). Un passo avanti verso il modello “Foxconn” e, al contempo, molti passi indietro rispetto al principio di civiltà del diritto affermato dalla giurisprudenza, secondo cui “la vigilanza sull’attività lavorativa, ancorché necessaria nell’organizzazione produttiva, va mantenuta in una dimensione umana, cioè non esasperata dall’uso di tecnologie che possono rendere la vigilanza stessa continua ed anelastica, eliminando ogni zona di riservatezza e di autonomia nello svolgimento del lavoro”4.

Siamo tuttavia di fronte – come abbiamo accennato poc’anzi – ad un maldestro tentativo di traduzione o, volendo utilizzare una diversa immagine, al rigetto di un organo estraneo da parte dell’ordinamento interno.

L’utilizzo di questi strumenti di controllo, infatti, non puo’ realizzarsi in contrasto con la normativa presente nel nostro ordinamento giuridico in materia di “protezione dei dati personali” (cd Codice della Privacy, dlgs. 196/2003), che impone specifiche e stringenti modalità di trattamento dei dati e delle informazioni personali5. Con il risultato pratico che, nel caso in cui davvero i datori di lavoro decidessero di procedere al controllo a tappeto dei propri dipendenti attraverso i PC, gli smartphone, i tablet o altri strumenti di svolgimento delle prestazioni lavorative al di fuori dei principi di liceità, correttezza, necessità, pertinenza, completezza e non eccedenza6, difficilmente sarebbero esenti da sanzioni e da condanne, soprattutto se convenuti dinanzi all’Autorità Garante per la Protezione dei dati personali (che in materia risulta essere, ad oggi, la tutela specifica più efficace e specializzata a disposizione del cittadino italiano).

Resta il fatto, tuttavia, che l’odierno legislatore ha voluto scolpire, nero su bianco, una dichiarazione di principio che, sebbene priva di effettività pratica, vale come conferma della “politica del lavoro” costantemente perseguita nell’odierno Jobs Act: una politica che, nell’affermare il diritto dell’imprenditore di “sorvegliare” costantemente il lavoratore, nell’introdurre la facoltà di demansionarlo per qualsivoglia esigenza produttiva e nello stabilire il potere di licenziarlo anche illegittimamente al semplice costo di qualche mensilità di retribuzione non fa altro che confermare come, all’orizzonte di questa “riforma”, ci siano soltanto gli stabilimenti dell’impero Foxconn.

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NOTE

1 Pung Ngai – Jenny Chan – Mark Selden, Morire per un Iphone, Jaka Book, Milano, 2015, p. 92.
2 Morire per un Iphone, cit., p. 47.
3 Si precisa come tale modifica, ai sensi della legge delega 183/2010, dovrà passare prima presso le competenti commissioni parlamentari per il parere non vincolante per poi essere oggetto, successivamente, di approvazione definitiva da parte del Governo.
4 Cassazione n. 8250/2000, in Commentario breve alle leggi sul lavoro, Cedam, Padova, 2013, p. 725.
5 Come peraltro ribadito anche dal comma 3 del nuovo art. 4 così come modificato dall’art. 23 dello schema di decreto attuativo.

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