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manifesto

Eugenetica made in Usa

Paolo Ercolani

«Il revisionismo storico. Problemi e miti» di Domenico Losurdo, per Laterza. Una ricostruzione delle vicende del Novecento, a partire dal colonialismo degli States e dalle loro proibizioni razziali che tanto piacevano a Hitler

«Guai a vinti!», secondo la cele­bre espres­sione attri­buita da Livio e altri sto­rici romani a Brenno, capo dei Galli Sènoni che inva­sero Roma nel IV secolo a.C. Guai per tante ragioni, fra le quali è una a pre­va­lere di gran lunga: che saranno i vin­ci­tori a scri­vere la sto­ria. In que­sto modo una sem­plice scon­fitta (det­tata da rap­porti di forza) si tra­sfor­merà in una volontà suprema (del Fato, di Dio, della Civiltà o Razza supe­riore), e i più deboli ver­ranno mar­chiati a guisa di «dan­nati della terra», per­ché così hanno decre­tato le leggi supe­riori e insin­da­ca­bili della Storia.

Eppure, a volte un solo pic­colo epi­so­dio rie­sce a smon­tare i costrutti mani­chei dell’ideologia domi­nante. Come quello rife­rito da Han­nah Arendt in una let­tera a Karl Jaspers del 3 gen­naio 1960: «A tutte le ultime classi delle scuole medie di New York è stato asse­gnato un tema (Imma­gi­narsi un modo per punire Hitler). Ed ecco cosa ha pro­po­sto una ragazza nera: si dovrebbe met­ter­gli addosso una pelle nera, e poi obbli­garlo a vivere negli Stati Uniti!». A rac­con­tarci la vicenda quanto mai cen­trale della misti­fi­ca­zione sto­rica, con tanto di una mole impres­sio­nante ma sem­pre per­ti­nente di aned­doti, rife­ri­menti, cita­zioni, è Dome­nico Losurdo (pro­fes­sore eme­rito di filo­so­fia nell’Ateneo di Urbino, in que­sti giorni insi­gnito di una lau­rea hono­ris causa da parte della pre­sti­giosa Uni­ver­si­dade Fede­ral Flu­mi­nense in Bra­sile), di cui è uscito Il revi­sio­ni­smo sto­rico. Pro­blemi e miti, Laterza, pp. 345, euro 24 (con­tem­po­ra­nea­mente all’edizione inglese, ancora più ampia: War and Revo­lu­tion. Rethin­king the Twen­tieth Cen­tury, tra­du­zione di Gre­gory Elliott, pp. 359, Verso, London).

Nella frase della gio­vane ragazza nera citata da Arendt si con­cen­tra una parte buona e sostan­ziale della vicenda che Losurdo rico­strui­sce, e che si dipana lungo quat­tro secoli di sto­ria occi­den­tale, a par­tire dalle rivo­lu­zioni inglesi del Sei­cento, pas­sando per quella ame­ri­cana, fran­cese e bol­sce­vica. Fino ad arri­vare alla data cru­ciale del 1989, in cui il tra­collo dell’ideologia e del mondo comu­ni­sta ha lasciato campo aperto a chi intende ripor­tare indie­tro le lan­cette della sto­ria, per costi­tuire un nuovo «impero» avva­len­dosi delle armi con­ven­zio­nali e di quelle eco­no­mi­che.
Nel mezzo l’autore rico­strui­sce, con dovi­zia di par­ti­co­lari e aned­doti sor­pren­denti (ovvia­mente igno­rati dall’ideologia domi­nante), il grande rimosso della agio­gra­fica e auto­re­fe­ren­ziale sto­rio­gra­fia occi­den­tale: ossia quei secoli di colo­nia­li­smo e impe­ria­li­smo in cui si sono depre­date, sfrut­tate non­ché mas­sa­crate intere popo­la­zioni ed etnie. Pro­du­cendo quella mise­ria e disu­ma­nità radi­cali che ancora i migranti di oggi por­tano ben deli­neate sui loro volti.

La rico­stru­zione si fa ancora più ser­rata e impla­ca­bile quando si tratta di por­tare alla luce il grande non detto che riguarda la nazione por­ta­ban­diera dell’Occidente: gli Usa. Il primo vero stato raz­ziale della vicenda umana, quello in cui si è com­piuto il geno­ci­dio dei pel­le­rossa e lo ster­mi­nio di tanti neri impor­tati dall’Africa per uso com­mer­ciale. Ma anche quello in cui sono nati i primi veri campi di con­cen­tra­mento della sto­ria con­tem­po­ra­nea dove, in nome della guerra totale (in occa­sione del I con­flitto mon­diale) i governi ame­ri­cani fecero rin­chiu­dere cit­ta­dini ame­ri­cani con ori­gini nip­po­ni­che o tede­sche, mar­chian­doli con quella stella gialla che poi sarebbe stata pro­ta­go­ni­sta di nefan­dezze ulteriori.

In que­sto modo, il let­tore viene con­dotto per mano, attra­verso rie­vo­ca­zioni pun­tuali e rigore sto­rio­gra­fico, a una delle tesi più forti con­te­nute nel libro: le ori­gini ame­ri­cane del III Reich. È lo stesso Hitler a dichia­rare espres­sa­mente nel suo Mein Kampf tutta la sua ammi­ra­zione per l’America raz­ziale e impe­ria­li­sta, fino ad arri­vare a pre­fi­gu­rare un’alleanza dei tre grandi imperi (inglese, ame­ri­cano e tede­sco) per rea­liz­zare la «razza eletta». Come sor­pren­dersi, del resto, tenendo conto che stiamo par­lando del paese che isti­tuì per legge il divieto di «misce­ge­na­tion» (matri­moni misti), e dove ancora nel 1967 erano sedici gli Stati in cui risul­ta­vano in vigore leggi che proi­bi­vano i matri­moni inter­raz­ziali. Lo stesso ter­mine unter­men­sch (sot­touomo), con cui viene legit­ti­mata e su cui viene costruita la distru­zione delle civiltà infe­riori, deriva dall’inglese «under­man» (uti­liz­zato da Stod­dard), men­tre nel libro si ricorda che è stata pro­prio l’America a finan­ziare e pro­muo­vere, con grande dispen­dio di risorse e pro­clami, quell’eugenetica che avrebbe avuto un grande peso nel regime hitleriano.

Per chi vuole, e può, cogliere impor­tanti riflessi del mondo con­tem­po­ra­neo, è signi­fi­ca­tiva la rico­stru­zione che Losurdo com­pie della domi­na­zione occi­den­tale nei con­fronti della Cina, fra i paesi più bene­stanti e civili del mondo (nell’Ottocento) fino a che le potenze nostrane non hanno deciso di con­durre una guerra distrut­tiva, appog­giando il regime liber­ti­cida della dina­stia man­ciù e ponendo le basi per quei sen­ti­menti anti-occidentali che invece erano stati del tutto assenti fino a quel momento. Le pagine con­clu­sive, infine, si sca­gliano con­tro l’illustre sto­rico con­tem­po­ra­neo Niall Fer­gu­son, ideo­logo uffi­ciale dell’America e dell’Occidente con­tem­po­ra­nei, invi­tati senza mezzi ter­mini a rico­sti­tuire l’«impero» e a uti­liz­zare la guerra per gene­rare un «pro­fitto reale sotto forma di bot­tino e di inden­nità a carico degli Stati o ter­ri­tori sconfitti».

Una vera e pro­pria con­tro­sto­ria dell’Occidente, quella ope­rata da Losurdo, con­tro i troppi revi­sio­ni­smi, ma anche a favore di una memo­ria col­let­tiva che, in que­sti giorni, vor­rebbe respin­gere dalle nostre coste milioni di figli di una dispe­ra­zione pro­dotta da noi stessi. Sto­ria anti­chis­sima, visto che già la demo­cra­ti­cis­sima potenza ate­niese giu­sti­fi­cava lo ster­mi­nio dei Meli argo­men­tando che è la stessa legge di natura a decre­tare il governo del più forte. Con buona pace di quei «deboli» a cui non è dato nep­pure il rico­no­sci­mento di una Sto­ria rac­con­tata con quell’arnese indi­spen­sa­bile che chia­miamo one­stà intellettuale.

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