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Un Colosseo di menzogne

Succede che nel polo archeologico più importante d’Italia gli straordinari non vengano pagati da un anno. Succede che i lavoratori del polo archeologico più importante d’Italia decidano di indire un’assemblea sindacale per discutere di questo e di altre non irrilevanti questioni, e lo comunichino l’11 settembre alla Soprintendenza. Succede che la Soprintendenza decida di non coprire i turni dei lavoratori in assemblea come è sempre stato fatto, non comunicando né ai turisti né alla cittadinanza alcunché. Succede che il giorno dell’assemblea sindacale, una settimana dopo la convocazione della stessa, i due principali quotidiani online lancino la notizia in contemporanea - facendo passare l’idea che si tratti di uno sciopero a sorpresa e non di un’assemblea comunicata e autorizzata dalla dirigenza1. Succede, a questo punto, che il Governo invece di cacciare il Soprintendente responsabile del caos appena suscitato - nominato dallo stesso Governo pochi mesi prima - decida di lanciare una pesante campagna contro i sindacati e i lavoratori, accusati dal Primo Ministro in persona di essere “contro l’Italia” - nonostante non abbiano alcuna responsabilità nell'inefficienza della propria dirigenza. Succede, infine, che la giornata di gogna mediatica e politica si concluda con l’approvazione in Consiglio dei Ministri di un decreto legge d’urgenza con cui i musei diventano al pari degli ospedali e del trasporto ferroviario “servizi pubblici essenziali”, ponendo la possibilità di indire assemblee e scioperi sotto l’autorità dell’apposito garante.

Quello che colpisce di questa giornata di passione - oltre la virulenza degli attacchi ai sindacati da parte del Governo e del Pd2 - è l’assoluto consenso con cui si sono mossi giornali e politici. Nessun giornalista - tanto meno dell’illuminata Repubblica - ha pensato di ricostruire la vicenda in modo corretto3. Nell’individuare nei sindacati il nemico giornali, politici e commentatori sono stati unanimi - e incredibilmente coordinati.

Lungi da noi pensare che quel decreto legge fosse pronto da mesi e che la scelta del Soprintendente (che risponde direttamente al ministro Franceschini) fosse in qualche modo mirata a risolvere una vertenza cogliendo l’occasione per delegittimare i sindacati a livello nazionale. Lungi da noi.

Quello che rimane di questa giornata non è neanche un decreto legge che verrà quasi sicuramente dichiarato incostituzionale (”è urgente perché ci sono i turisti” ha detto il ministro competente)4. Quello che rimane di questa giornata è la dimostrazione di come le classi dirigenti di questo paese - politiche, economiche, giornalistiche - abbiano individuato il nuovo nemico nazionale nei sindacati, le ultime grandi organizzazioni popolari della nostra società. L’hanno deciso non per il prurito autoritario che le ha sempre contraddistinte di fronte alle manifestazioni di contropoteri democratici nella società. L’hanno deciso perché meglio di altri si sono rese conto che gli annunci roboanti di ripresa economica si scontrano con la vita concreta di ogni giorno di decine di milioni di italiani.

E allora bisogna trovare un nemico, per evitare di diventare loro stessi il nemico. E se la Lega la butta sui profughi, le classi dirigenti (e i loro serv.. pardon, referenti politici) non possono certo buttarla su chi è veramente responsabile della situazione del nostro paese - cioè su loro stesse. Ed ecco allora trovato il nemico perfetto: il sindacato, indebolito e diviso ma che si ostina a rappresentare quella parte del nostro paese che ogni giorno si sveglia la mattina e porta avanti la baracca, senza i privilegi di chi comanda e dei loro lacchè.

Purtroppo per loro, questa strategia è destinata a fallire. Non per la reazione del sindacato - ripiegato su se stesso ed in fase confusionale - quanto perché la gente non è così idiota come loro pensano. I lavoratori vivono sulla propria pelle cosa sia la crisi economica: la vivono nella difficoltà di trovare un lavoro, la vivono nel trovare lavori con salari da fame e diritti azzerati, la vivono nel vedere i privilegiati che prosperano nelle propria corruzione e nella propria arroganza.

Nonostante le apparenze, il loro sistema - questa strana democrazia autoritaria in cui ci stanno cacciando - non ha più consenso nella società. E se nel vuoto di consenso si celano i tenebrosi fantasmi dell’autoritarismo e del fascismo, è altrettanto vero che in esso si annidano enormi possibilità per chi voglia ricostruire una democrazia in cui il potere sia esercitato dal popolo e per conto del popolo.

Aggiornamento. Su La Stampa è comparso un articolo a firma Ugo Magri in cui si ipotizza (con uno di quei finti retroscena che puzzano lontano un chilometro di comunicato stampa) che il decreto fosse pronto da parecchie settimane (per il giornalista sin dallo “sciopero” di Pompei - si trattò anche in quel caso di un’assemblea autorizzata da una Soprintendenza di nomina governativa). Non solo: il ministro Franceschini sarebbe stato informato da giorni sulla situazione e ne avrebbe perfino informato il presidente Mattarella (che quindi avrebbe preventivamente approvato la reazione “forte” del Governo). Il giornale di Marchionne saluta questo atteggiamento come un segno positivo del “decisionismo” del Governo. 

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1. Ad un certo punto si sono persino messi a dire che all’estero non potrebbe mai succedere che un museo nazionale o un monumento chiuda per sciopero: cosa che non sta né in cielo né in terra.
2. Il punto più alto l’ha raggiunto la già candidata alla presidenza della Regione Sardegna (poi ritiratasi per le spese fuori controllo effettuate da consigliere regionale) e ora Sottosegretaria ai Beni Culturali Francesca Barracciu, che ha definito l’assemblea sindacale “un reato”. La sinistra del Pd (sia renziana che non) ha detto qualcosa, ma senza esagerare. Per esempio il presidente Orfini riconosce (bontà sua) che ai lavoratori bisogna dargli gli straordinari avanzati, però di contro loro non devono ricorrere a queste “forme di lotta” così spregiudicate come un’assemblea sindacale autorizzata dalla dirigenza con una settimana di anticipo.
3. Anzi, per gradire oggi La Repubblica ospita un commento del giornalista Francesco Merlo che definisce “autentica diserzione” (usando un inquietante ma significativo linguaggio militare) l’assemblea dei lavoratori e “odiosa reazione corporativa” la richiesta di avere finalmente pagati un anno di straordinari già effettuati.
4. E’ giusto anche sottolineare come i diritti di organizzazione dei lavoratori siano in questi mesi sotto attacco in parecchi paesi europei: in Inghilterra, Finlandia, Ucraina e perfino in Germania.

 

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