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libernazione

Lo scandalo Volkswagen spiegato (quasi) bene

di Canimorti

Per carità, va bene tutto.

Va bene, ad esempio, che se la maggioranza delle persone non si interessa di automobili – dato che non è un obbligo e forse non è nemmeno particolarmente interessante – e legge nei titoli dei giornali “Scandalo Volkswagen” finisca per crederci, crollino i titoli in borsa, guaiscano i cani e le balie perdano il latte.

Va benissimo.

Quello che non va bene è che un giornale lo faccia, un titolo così.

Perché non va bene?

Non va bene perché, si suppone, un giornale dovrebbe occuparsi di informare i lettori, se invece si occupa di proporre le stesse cose che, come diceva bene un amico questa mattina su Facebook,  si sentirebbero da un pensionato avvinazzato la mattina al bar, tanto varrebbe non comprarlo questo giornale, giusto?

Facciamo le cose bene, partiamo dall’inizio.

Il gruppo Volkswagen AG è proprietaria dei marchi Volkswagen, Audi, Seat, Skoda, Bentley, Bugatti, Lamborghini (Lamborghini in realtà è di proprietà Audi ma Audi è al 99% di Volkswagen e comunque no, non è più italiana da un pezzo) Porsche e Ducati.

Nel settore autotrasporti è poi proprietaria di Scania e Man.

Quando si parla di Volkswagen, insomma, si parla della stragrande maggioranza di automobili prodotte da case europee e vendute nel mondo.

Questo per darvi un’idea della produzione nel 2011:

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Vi prego di notare qual è il primo produttore in questa classifica e collegare quest’informazione con il paese in cui curiosamente questa notizia nasce.

A partire dal 1992 (da un’idea di Stefano Accorsi) vengono stabiliti in europa degli standard di emissioni inquinanti sopra i quali le vetture non possono essere immatricolate, ovvero l’Euro I.

All’ Euro I succede l’Euro II e via di seguito fino all’Euro VI nel 2011 (entrato in vigore l’anno scorso).

Una cosa simile accade in Usa dove però la legislazione si orienta su standard più severi riguardanti gli ossidi di azoto (tipici dei motori a diesel) favorendo quindi i motori a benzina.

Ora, non può sorprendere sapere che ogni casa automobilistica attua una serie di azioni sull’orlo della legalità per far rientrare le proprie automobili all’interno degli standard di legge.

Quali azioni?

Le più diffuse sono quelle di rifornire le auto destinate ai test con oli particolarmente fluidi e performanti, alleggerire le vetture, dotarle di pneumatici a basso rotolamento o di pannelli aerodinamici posti a protezione della scocca, scegliere laboratori posti ad alta quota dove si può contare su un’aria più rarefatta.
Infine le centraline elettroniche vengono programmate per rispondere diversamente ad un test ufficiale o alla guida di un normale utente.

Come diavolo è possibile? Si avvalgono forse di magici poteri? Ci troviamo di fronte ad un moderno caso di negromanzia?

Sarebbe bello ma non è così.

Il fatto è che la modalità dei test effettuati sulla vettura è sempre identico – e questo è un difetto del test e quindi a latere del legislatore, non della casa automobilistica – ovvero portare la vettura a velocità predeterminate tramite dei rulli con un’accelerazione costante e pause identiche tra loro.

In soldoni il programmatore dice alla centralina “amica centralina, se per caso percepisci un’accelerazione costante e dolce che ti porta prima ai 50 km/h, poi ai 70, poi ai 90 e poi ai 120, con soste identiche tra loro, tu scordati di essere una centralina esuberante e occupati solo di consumare poco e inquinare meno” e la centralina obbedisce.

Ora, vi garantisco che ogni babbeo che abbia mai comprato una copia di Quattroruote, o una qualsiasi rivista dedicata alle automobili, è a conoscenza o ha intuito questa pratica, non fosse altro per essersi trovato davanti il confronto tra i consumi e le emissioni misurate dai tester indipendenti e quelli dichiarati ufficialmente dalle case automobilistiche.

Siccome lo fanno tutti allora va bene?

Sarei tentato di dire di no, in realtà non ne sono molto convinto.

È lecito chiedersi se la colpa sia delle case automobilistiche o di una normativa come spesso succede tanto imprecisa da consentire di essere facilmente aggirata con metodi tutto sommato legali.

Non stiamo parlando di mazzette pagate per falsificare un test, stiamo parlando di un test che non è pensato per rispecchiare il comportamento effettivo di una vettura su strada e che lascia ampia libertà alle case automobilistiche di allestire le vetture come meglio credono prima di effettuarlo.
È un po’ come se vi fermassero per controllare i valori di alcol nel sangue e la procedura consentisse di effettuare il test quando preferite nel corso delle successive quarantotto ore, sarebbe un metodo valido per arginare il numero di ubriachi su strada?

Che cosa è interessante invece?

Stendendo un velo peloso sullo stato dell’informazione italiana (per cui se un cane ammazza una persona è ALLARME CANI, se piove forte è ALLARME PIOGGIA, se un pensionato inciampa in un sampietrino è ALLARME CADUTA PENSIONATI MANGIATE LA FRUTTA E STATE IN CASA NELLE ORE CALDE) è interessante che questa notizia nasca negli Stati Uniti che, guarda caso, sono i principali produttori di vetture automobilistiche nel mondo e hanno un mercato fortemente orientato sui motori a benzina in contrapposizione al mercato e alla produzione europea specializzata nei motori a diesel.

È interessante che questa notizia, mascherata da scandalo, veda la luce in un periodo storico in cui i filtri anti particolato hanno reso i motori diesel europei inequivocabilmente meno inquinanti dei motori a benzina americani, sia che rispettino severamente le normative sia che vi rientrino, come fanno, in maniera più elastica.

È lecito chiedersi, dunque, se lo scandalo esista davvero o se si tratti di una banale trovata commerciale in un mercato fortemente concorrenziale.

Comments

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Alberto
Sunday, 27 September 2015 09:38
bello. peccato che non sia vero. gli standard sono gli stessi.

Nitrogen Oxides (NOx)
US 2004 0.4 grams/mile = 0.25 gm/km
EU Euro4 0.25 grams/km

vedi Bill Canis, U.S. and EU Motor Vehicle Standards, reperibile in rete
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