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La farsa dell’accordo TTP di “libero scambio”

di Joseph Stiglitz e Adam S. Hersh

Mentre i media all’unisono esaltano il più grande accordo di “libero scambio” della storia recente siglato il 5 ottobre tra gli USA e 11 paesi del Pacifico, il premio Nobel Joseph Stiglitz, in un articolo a quattro mani con Adam S. Hersh pubblicato su Project Syndicate, si incarica di diradare il fitto fumo negli occhi  che come sempre tenta di annebbiare e stravolgere una visione più onesta e chiara. Niente a che fare con la concorrenza e il libero commercio, solo un accordo nell’interesse  e per conto  delle grandi multinazionali che ormai da tempo hanno catturato i governi. Prossimamente la grancassa si scatenerà sul  TTIP tra USA ed Unione europea, con grandi titoli trionfalistici e qualche dubbio che non si può negare infilato tra le ultime righe

NEW YORK – Mentre i negoziatori e i ministri degli Stati Uniti e degli altri 11 paesi del Pacifico si incontrano ad Atlanta per definire i dettagli dell’accordo senza precedenti noto come Accordo Trans-Pacifico (TPP), un’analisi più seria si rende necessaria. L’accordo più importante della storia sul commercio e gli investimenti non è come sembra.

Si sentirà parlare molto dell’importanza del Tpp per il “libero scambio”. La realtà è che si tratta di un accordo che punta a gestire i rapporti commerciali e di investimento tra i suoi membri – e a farlo per conto e nell’interesse delle più potenti lobby di ciascun paese. Badate bene: è evidente, considerando le principali questioni sulle quali i negoziatori stanno ancora contrattando, che il Tpp non ha niente a che fare con il “libero” scambio.

La Nuova Zelanda ha minacciato di abbandonare l’accordo a causa del modo in cui il Canada e gli Stati Uniti gestiscono il commercio dei prodotti lattiero-caseari. L’Australia non è soddisfatta di come gli Usa e il Messico gestiscono il commercio dello zucchero. E gli Stati Uniti non sono contenti di come il Giappone gestisce il commercio del riso. Questi settori sono sostenuti da una significativa quota di elettori nei loro rispettivi paesi. Ed essi rappresentano solo la punta dell’iceberg del modo in cui il Tpp porta avanti il suo programma, che nella realtà contrasta il libero commercio.

Per cominciare, consideriamo quello che prevede l’accordo per estendere i diritti di proprietà intellettuale delle grandi compagnie farmaceutiche, come è emerso dalle notizie trapelate sul testo oggetto dei negoziati. La ricerca economica dimostra chiaramente che tali diritti di proprietà intellettuale promuovono una ricerca che nella migliore delle ipotesi risulta debole. In realtà è proprio vero il contrario: quando la Corte Suprema ha annullato il brevetto di Myriad sul gene Brca, questo ha portato a una grande innovazione che ha condotto a test migliori e a costi più bassi. In realtà, le disposizioni contenute nel Tpp limiterebbero la libera concorrenza e aumenterebbero i prezzi per i consumatori negli Stati Uniti e in tutto il mondo – un anatema per il libero commercio.

Il Tpp gestirà il commercio nel settore farmaceutico attraverso una varietà di modifiche di norme apparentemente arcane su questioni come “protezione dei brevetti” “esclusività dei dati” e “biologia”. Il risultato è che le società farmaceutiche avrebbero di fatto il permesso di prolungare – a volte quasi indefinitamente – il loro monopolio sui farmaci brevettati, di tenere i generici più economici fuori dal mercato e impedire ai concorrenti “bioequivalenti” di introdurre nuovi farmaci per anni. Questo è il modo in cui il Tpp gestirà il commercio del settore farmaceutico se gli Stati Uniti andranno avanti per la loro strada.

Allo stesso modo, consideriamo come gli Stati Uniti sperano di usare il Tpp per gestire il commercio nell’industria del tabacco. Per decenni, le società statunitensi del tabacco hanno utilizzato meccanismi di aggiudicazione degli investitori esteri creati da accordi simili al Tpp al fine di combattere le normative tese a contenere la piaga sociale del fumo. In base a questi sistemi di regolazione delle controversie tra investitore e Stato (ISDS), gli investitori stranieri acquisiscono nuovi diritti per citare in giudizio i governi nazionali, ricorrendo ad arbitrati privati vincolanti sui regolamenti che a loro avviso diminuiscono la redditività dei loro investimenti.

Gli interessi delle società internazionali promuovono l’IDSD come un sistema necessario per proteggere i diritti di proprietà laddove manca uno Stato di diritto e dei tribunali attendibili. Ma questo argomento non ha senso. Gli Stati Uniti stanno cercando di introdurre lo stesso meccanismo in un mega-accordo dello stesso tipo con l’Unione europea, L’Accordo transatlantico per il commercio e gli investimenti, anche se non ci sono dubbi circa la qualità dei sistemi giuridici e giudiziari europei.

Certamente, gli investitori – a qualsiasi stato appartengano – meritano tutela contro l’espropriazione o le norme discriminatorie. Ma l’ISDS va ben oltre: l’obbligo di risarcire gli investitori per le perdite dei profitti attesi può ed è stato applicato anche laddove le regole non sono discriminatorie e i profitti sono realizzati causando un danno sociale.

La Philip Morris è attualmente in causa contro l’Australia e l’Uruguay (che non è membro del TPP) che richiedono che siano poste delle avvertenze sui pacchetti di sigarette. Il Canada, minacciato di una denuncia simile, ha fatto marcia indietro sull’introduzione di un’etichetta dello stesso tipo pochi anni fa.

Dato il velo di segretezza che circonda i negoziati TPP, non è chiaro se il tabacco verrà escluso da alcuni ambiti dell’ISDS. In entrambi i casi, rimane la questione principale: queste disposizioni rendono difficile ai governi di svolgere le loro funzioni basilari – proteggere la salute e la sicurezza dei propri cittadini, garantire la stabilità economica e salvaguardare l’ambiente.

Immaginate cosa sarebbe successo se tali disposizioni fossero state in vigore quando sono stati scoperti gli effetti letali dell’amianto. Invece di far cessare l’attività e costringere i produttori a risarcire coloro che erano stati danneggiati, sotto la regolamentazione dell’ISDS i governi avrebbero dovuto pagare i produttori per fare in modo che non causassero la morte dei propri cittadini. I contribuenti sarebbero stati colpiti due volte – prima pagando i danni alla salute causati dall’amianto, e poi risarcendo i produttori per la perdita di profitto una volta che il governo fosse intervenuto per regolamentare il prodotto pericoloso.

Non dovrebbe sorprendere nessuno il fatto che gli accordi internazionali dell’America creino un commercio gestito invece che un libero commercio. Questo è ciò che accade quando il processo decisionale è precluso alle parti portatrici di interessi non-commerciali, per non parlare dei rappresentanti eletti dal popolo al Congresso.

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