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Blanchard: L’unione fiscale non risanerà mai una eurozona disfunzionale

Doccia gelata sulle visioni di Brussels di un “superstato” europeo

di Mehreen Khan

Continua la serie di quelli che l’avevano detto. Dopo le ammissioni di Giavazzi, e dopo quelle del capo economista della BCE Peter Praet,  ora di nuovo l’ex del Fmi Olivier Blanchard, che già aveva ammesso l’errore sui moltiplicatori fiscali in Grecia, in una intervista al Telegraph riconosce che l’unione fiscale non risolverà i problemi dell’unione, i quali possono essere affrontati soltanto con un abbassamento dei salari.

Secondo l’ex capo economista del Fondo monetario internazionale, l’euro sarà condannato ad uno stato di crisi permanente, poiché una più profonda integrazione non porterà nessuna prosperità all’unione in crisi.

In un duro avvertimento, Olivier Blanchard – che ha trascorso otto anni a contrastare la peggiore crisi finanziaria globale della storia – ha detto che il trasferimento di sovranità dagli stati membri a Bruxelles non sarebbe la “panacea”  per i mali dell’euro.

Questi commenti – da parte di uno degli economisti occidentali più importanti degli ultimi dieci anni – sono una doccia gelata sulle visioni grandiose di un “Superstato Ue” quale prossimo passo verso l’integrazione dell’unione monetaria.

In seguito alle turbolenze di questa estate in Grecia, il leader francese Francois Hollande, Jean-Claude Juncker della Commissione europea, e il capo della Banca centrale europea Mario Draghi, si sono fatti promotori della necessità di creare nuove istituzioni sovranazionali, come un tesoro e un parlamento della zona euro.

I progetti sono visti come essenziali per “completare” finalmente l’unione economica e monetaria a 15 anni dalla sua nascita.

Ma Blanchard, che ha lasciato il FMI due settimane fa, ha detto che queste visioni radicali su una “unione fiscale” in piena regola non risolverebbero le tensioni fondamentali che stanno al cuore della moneta unica.

[L’unione fiscale] non è una panacea“, ha detto Blanchard al Telegraph. “Dovrebbe essere fatta, ma non dobbiamo pensare che, una volta  fatta, l’euro funzionerà perfettamente, e che le cose andranno sempre bene.

Anche se l’accentramento dei fondi, il conferimento a Bruxelles del potere fiscale e di spesa, e la creazione di un’unione bancaria fossero riforme “essenziali“, esse tuttavia non consentirebbero all’euro di funzionare bene “nemmeno nel migliore dei casi“, ha detto l’economista francese.

Qualsiasi meccanismo di trasferimento dei fondi dalle nazioni più forti a quelle più deboli – che è stato ferocemente avversato dalla Germania – servirebbe soltanto a mascherare i fondamentali problemi di competitività  che affliggeranno perennemente gli Stati membri in crisi, ha detto. “I trasferimenti fiscali aiuteranno ad attraversare le difficoltà, ma, allo stesso tempo, allenteranno l’urgenza di praticare i necessari aggiustamenti di competitività.

La creazione degli “Stati Uniti d’Europa” è stata vista come un passo necessario per isolare la zona euro dal contagio finanziario che l’ha messa in ginocchio dopo il 2010.

Si tratta di una visione condivisa dal successore di Blanchard presso il Fondo monetario internazionale, l’americano Maurice Obstfeld, che sostiene come una più profonda integrazione della zona euro sia il modo migliore per colmare le lacune istituzionali dell’Unione monetaria europea.

Blanchard, tuttavia, ha detto che nessuna correzione istituzionale potrà riportare prosperità alla moneta unica.

Senza il potere di svalutare le loro valute, le economie periferiche sarebbero sempre costrette a subire “duri aggiustamenti”, come ad esempio il taglio dei salari, per tenere il passo degli stati membri più forti.

In tale ottica, Blanchard ha respinto qualsiasi discorso di crescita “miracolosa” in Spagna – che è portata a esempio di successo dei diktat di Bruxelles sull’austerità. Ha aggiunto di essere stato “sorpreso” che le economie stagnanti della zona euro non stessero facendo meglio in presenza di un cocktail di condizioni economiche favorevoli.

Quando si parla del miracolo spagnolo, io lo contesto. Quando si ha il 23% di disoccupazione e una crescita al 3%, non mi pare un miracolo.

Pensavo che il tasso di interesse a zero, la diminuzione del prezzo del petrolio, il deprezzamento dell’euro, la pausa nel consolidamento fiscale, avrebbero aiutato di più”.

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A dimostrazione dei problemi strutturali che ancora affliggono l’unione monetaria, si prevede che la crescita nella zona euro raggiungerà solo l’1.5% quest’anno – secondo le previsioni del Fondo Monetario Internazionale – di gran lunga al di sotto della crescita media del 2.3% dell’era pre-crisi.

La Gran Bretagna e gli Stati Uniti si prevede che quest’anno cresceranno rispettivamente del 2.5% e 2.6%.

Blanchard, 66 anni, è salito alla ribalta nel Regno Unito dopo che, nel 2013, aveva messo in guardia il cancelliere George Osborne dal “giocare col fuoco” con la ripresa britannica.

Ora ha detto di avere la “sensazione” che un’uscita del Regno Unito dall’Unione europea si rivelerebbe dannosa per l’economia e il settore finanziario.

“Penso che la Brexit sarebbe molto costosa per la Gran Bretagna e anche per l’Europa. Posso capire come alcune persone siano veramente stufe di Bruxelles, ma sarebbe una reazione molto superficiale quella di lasciare l’Europa solo perché ci sono dei tecnocrati che non ti piacciono.”

Nonostante tutti i suoi dubbi sulla moneta unica, Blanchard considera l’UE nel suo complesso una “costruzione fondamentalmente buona”.

Richiede dei compromessi, e talvolta i paesi non ottengono esattamente quello che vogliono. Ma i benefici superano i costi. L’Unione europea è più di Bruxelles

Durante il suo mandato di capo economista, il FMI è stato severamente criticato per la gestione della crisi del debito greco. Il Fondo deve ancora impegnarsi formalmente sul nuovo salvataggio da 86 miliardi di euro, in quanto fa pressioni  affinché la Germania ceda su una significativa riduzione del debito della disastrata economia greca.

Blanchard ha insistito sul fatto che i calcoli del FMI mostrano come “una diminuzione del debito, sia tramite una cancellazione che un prolungamento delle scadenze, è assolutamente necessaria“.

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Se il Fondo non riesce a ottenere garanzie sulla sostenibilità del debito greco, è pronto a ritirare la sua partecipazione.

Durante i suoi ultimi mesi da capo economista, Blanchard ha fatto due interventi personali sul blog del FMI in cui, al culmine della crisi greca, invocava una massiccia cancellazione del debito. Ha detto che è stato motivato a farlo perché la posizione del FMI sulla Grecia era stata “travisata”.

Ma i creditori europei sono pronti a ignorare le raccomandazioni del Fondo per l’estensione del rimborso fino a 40 anni. Essi invece proporranno di mettere un tetto alla somma pagata dal governo per ridurre il debito al 15% del PIL all’anno.

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