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E noi? Abbiamo già perso? Ci diamo all'ippica?

L'amico Marino Badiale, dopo un'analisi sostanzialmente condivisibile della situazione generale, così concludeva il suo articolo dell'altro ieri dal titolo LA FORZA DI RENZI:

«In secondo luogo, se quanto sopra detto ha senso, è chiaro che chi voglia opporsi alla brutale regressione sociale e civile verso la quale ci stanno portando gli attuali ceti dirigenti, non può fare affidamento su improbabili sollevazioni popolari. Purtroppo molti attivisti antisistemici sembrano condividere la rozza idea che il peggioramento delle condizioni materiali della masse faciliti l'opera dei rivoluzionari. I fatti dimostrano che non è così. La crisi, l'attacco a redditi e diritti, invece di suscitare sollevazioni, è lo strumento fondamentale per ridisegnare Stato e società in funzione antipopolare, regressiva, barbarica. Il peggioramento delle condizioni di vita sta portando all'accettazione passiva di una realtà di impoverimento e regressione. La rabbia che tutto questo genera non si traduce in politica ma in imbarbarimento della vita quotidiana. Chi sta sotto non si ribella contro chi sta sopra ma se la prende con il proprio vicino, o con chi sta ancora più sotto. Tutto questo si radica, io credo, in aspetti profondi della configurazione che la psiche umana ha assunto all'interno della società attuale, aspetti che purtroppo gli attivisti antisistemici non tengono in considerazione».

Un quadro desolante. Anche noi riteniamo "rozza l' idea che il peggioramento delle condizioni materiali della masse faciliti l'opera dei rivoluzionari". Tuttavia dissentiamo dal quadro sconfortante dipinto da Badiale. Si tratta della vecchia e banale diatriba tra la schiera dei "Pessimisti" e la falange degli "ottimisti"—nella quale noi ci iscriviamo? No, c'è dell'altro. C'è una lettura diversa della realtà sociale.

Con perfetta sincronia, un'altro nostro grande amico Fiorenzo Fraioli, in un post dal titolo PENSIERINO NOTTURNO, sembra condividere lo sconforto di Badiale ed anzi aggrava la dose scrivendo:

«Vado in giro, vedo gente, faccio cose, ma da mesi, se non sono io che porto il discorso sull'euro, sull'UE e il tema della sovranità, di queste cose non sento parlare. Ne parlo solo nella mia nicchia social. Anzi, nella mia nicchia social parlo solo con gente interessata all'euro, all'UE e alla sovranità.

Eppure abbiamo ragione noi! Cribbio, perché gli altri non capiscono?

Poi penso al 18 luglio del 1943, il giorno prima del bombardamento di San Lorenzo e sei prima del gran consiglio che si concluse con l'arresto di Mussolini, e mi dico: "Belin! anzi... Bail-in!".

Che non lo sapevano i romani, quella sera del 18 luglio del 1943, che c'era già stato lo sbarco in Sicilia degli alleati? Eppure affollavano Piazza Esedra ascoltando le orchestrine e tirando tardi!

Anche perché, lo dicevano tutti, c'erano le armi segrete...

Ve lo dico adesso e ricordatevelo: io a Piazzale Loreto non ci sarò, insieme a questa massa di coglioni che ancora oggi delira di casta-cricca-corruzione e reddito di cittadinanza. Anzi, mi dedicherò a difendere gli euristi sconfitti.

Sempre dalla parte dei perdenti! La mia è una vocazione».

Scrivevamo nel MANIFESTO con cui fondammo l'Mpl nella marzo 2012:

«L’alternativa secca è tra il subire questa catastrofe sociale —che non è un singolo evento fatidico, ma un processo già in atto— o sollevarsi per un vero e proprio cambio di sistema. Se questo rivolgimento non ci sarà presto, il paese sarà ridotto in macerie, col rischio che la miseria generale possa causare un devastante conflitto tra poveri ed infine lasciare spazio ad avventure populiste e reazionarie, animate da una borghesia che tiene sempre in serbo primigenie pulsioni reazionarie, senza nemmeno escludere l’eventualità di uno sgretolamento dello Stato-nazione. Conflitti aspri saranno inevitabili, così come una polarizzazione di forze contrapposte.

Di sicuro la crisi sprigionerà grandi energie sociali, energie che questo sistema politico marcio sarà incapace di ammansire e rappresentare. Queste forze sono la sola leva su cui si possa fare affidamento per cambiare radicalmente questo paese. Vanno quindi alimentate, aiutate ad emergere. Bisogna dare loro una consistenza politica, uno sbocco, una prospettiva. Per farlo non è sufficiente affermare dei no, occorre anche indicare quale possa essere l’alternativa, il nuovo modello sociale.

Questo è esattamente il compito che ci proponiamo come Movimento Popolare di Liberazione (MPL). Esso non consiste anzitutto nell’accendere fuochi di conflitto sociale, poiché essi già esistono come risultato di una resistenza diffusa che scaturisce da condizioni oggettive. Il compito nostro è quello di risvegliare le coscienze sopite, di chiamare a raccolta le migliori intelligenze, di raggruppare e dunque di far scendere in campo centinaia e migliaia di cittadini che di fronte alla miseria sociale e politica generale, sono decisi a prendersi ognuno la propria responsabilità, fino a quella di battersi per rovesciare lo stato di cose esistenti».

Noi continuiamo a pensare che il sistema vive una crisi sistemica, di più, che siamo ad un vero e proprio passaggio epocale, di civiltà. E' quindi una crisi da tempi lunghi, che vedrà passaggi dolorosi e mutamente repentini. E anche ove fosse che forze di stampo reazionario salissero al potere, in questo o quel paese, in altri, l'indignazione popolare —che oggi si manifesta in forme minimalistiche e per niente anti-sistemiche, e che si rappresenta in movimenti come M5S, Podemos o SYRIZA— sarà seguita dalla sollevazione. Giungeremo al bivio: o rivoluzione democratica di chi sta in basso o controrivoluzione pilotata da chi sta in alto.

Nel tentativo di descrivere più precisamente coma la pensassimo, scrivevamo nel marzo 2014:

«Questo sistema non vuole cambiare, ubbidisce alla più tetragona volontà di sopravvivenza. Ciò alimenta la tendenza allo scontro sociale, di cui la sollevazione è solo un momento, un tornante.

Ci sono quattro fasi che scandiscono la condotta sociale di questi nuovi poveri. La prima segna il passaggio dal sonno ipnotico al risveglio. La seconda attiene al passaggio dal risveglio all’indignazione. La terza fase è quella in cui l’indignazione si trasforma in rivolta spontanea. La quarta vede la rivolta trasformutarsi in sollevazione organizzata.

Noi siamo appena entrati nella terza fase, quella del passaggio dall’indignazione alla rivolta. Il compito dei rivoluzionari è quello di aiutare l’indignazione a diventare rivolta dispiegata. Lo si può e deve fare lavorando su due piani strettamente intrecciati: quello dell’organizzazione e quello della proposta politica». 

Proviamo ad aprire una discussione che vada nel profondo.

Comments

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claudio
Monday, 16 November 2015 12:00
Se per voi "rovesciare lo stato di cose esistenti" significa fare la " rivoluzione democratica", si vede che di strada non ne vogliamo fare molta, anzi, direi proprio alla gattopardesca che dite di voler cambiare tutto, affinché tutto resti così com'è.
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