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carmilla

Groundhog War

di Alessandra Daniele

Dieci giorni dopo il sanguinoso raid di Parigi, è difficile trovare qualcosa da dire su questa guerra che non sia già stato detto.
Venticinque anni fa.
Sono infatti già passati un quarto di secolo e almeno mezza dozzina di crisi analoghe dall’operazione Desert Storm, ufficialmente organizzata  per “liberare il Kuwait”, che oggi è fra i principali finanziatori dell’ISIS.

E ancora una volta tutti i commenti sono identici.
Da una parte si continua a fomentare la paranoia xenofoba, e ad invocare il fuoco redentore dei bombardamenti, come se non si fosse già mille volte dimostrato prevedibilmente capace solo di diffondere l’incendio che dovrebbe estinguere, sterminando ben più civili degli attentati terroristici, e allargando sempre di più il campo di battaglia.
Dall’altra, quella a me più vicina, si continua pazientemente a denunciare tutte le complicità economico-politiche fra presunti nemici, le strumentalizzazioni repressive e golpiste dello Stato d’Emergenza permanente, e si continua ad evidenziare le differenze nel mondo islamico fra minoranze bellicose e maggioranze pacifiche, benché l’opinione pubblica occidentale abbia già mille volte dimostrato di fottersene totalmente di verità, giustizia, logica, ragionevolezza, ed essere interessata solo alle bufale sulle armi chimiche di Saddam Bin Laden Al Baghdadi, e sulle false suore kamikaze in agguato per il Giubileo, che già circolavano nel 2000.
Mentre i media embedded continuano a spacciare ogni attacco terroristico come una Pearl Harbour completamente inattesa, una “dichiarazione di guerra” improvvisa e unilaterale da parte d’una (eterogenea) fazione che l’Occidente sta in realtà direttamente bombardando da venticinque anni, dopo averla direttamente creata in funzione anti URSS.
Alcuni di noi hanno scritto queste cose per la prima volta in un tema scolastico.
Altri di noi non erano ancora nati, e non hanno mai conosciuto un mondo senza Scontro di Civiltà.
Gennaio 1991.
Schillaci giocava in Nazionale.
Il World Wide Web non esisteva, c’era il Televideo.
Il presidente del consiglio era Andreotti.
Il presidente degli USA era George Bush. Padre.
Antonio Lubrano spiegava su Raitre come usare una maschera antigas, mentre su Canale 5 arrivava in Italia la prima originale serie di Twin Peaks.
Venticinque anni.
In quale Loggia Nera siamo prigionieri, condannati a rivivere in eterno il debutto del Tg4 di Emilio Fede che esulta “hanno attaccato”? Quale degli inferni paralleli del Bardo Thodol ci siamo meritati, e c’è ancora qualcosa che possiamo fare per uscirne?
È questo che dovremmo chiederci. Non se rischiamo la vita, ma se non siamo in realtà già morti. Da almeno venticinque anni.

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