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francovite

 

Parigi ha dimenticato le banlieu. E ha sottovalutato le loro proteste.

Ora dichiara guerra «ai suoi stessi cittadini».

Di seguito l’intervista a Toni Negri su Francia, ISIS e guerra da parte del sito Lettera43, poi cancellato forse perché troppo fuori dal coro. Visto che qui stare fuori dal coro è considerato un pregio, ecco ricopiato l’articolo e l’intervista per intero. Lo potete trovare qui, grazie a Google Cache

«Siamo in guerra», ha detto il presidente francese François Hollande dopo le stragi di Parigi. Una guerra «giusta», si è sostenuto, perché siamo stati attaccati. E ogni attacco legittima una difesa, come prevede la comunità internazionale dall’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite all’articolo del Trattato Nato.

Già ma difenderci da chi? Chi è il nemico?

UNA GUERRA CONTRO SE STESSI. «La guerra proclamata contro l’Isis», spiega a Lettera43.it Toni Negri, filosofo e professore universitario che vive da anni a Parigi, «è stata dichiarata contro cittadini francesi, belgi, europei. Questa era la nazionalità dei terroristi che hanno compiuto atti orribili e ingiustificabili.».

E dire che, poco prima degli attentati, in Francia infiammava il dibattito se fosse lecito o meno ammazzare con droni cittadini francesi in territorio straniero. Polemica scatenata dall’uccisione in Siria di due britannici che si erano uniti alla jihad.

ADDIO CONCETTO DI CITTADINANZA. «Tutto questo è paradossale, surreale», sottolinea Negri, «si trattava di un dibattito sulla natura stessa della Repubblica. Il concetto di cittadinanza è sacro, non può essere calpestato da pratiche di eccezione., soprattutto se sporporzionate e non riferibili a una giustiazia nazionale».

Poi però sono arrivati l’orrore del Bataclan, le sparatorie fuori dai ristoranti e dai caffè, i kamikaze allo Stadio, l’assedio tragico a Saint-Denis.
E la prospettiva, per molti, è cambiata.

 ***

DOMANDA. Professore, esiste una ‘guerra giusta’?
RISPOSTA. Nell’Alto Medioevo questo concetto ha funzionato per giustificare l’espansione del cattolicesimo imperiale.

D. E ora?
R. Era giusta la guerra del 1914? E quella del 1939? Ho forti dubbi. Erano guerre, è vero. Ma i motivi che le hanno scatenate non si possono certo definire giusti.

D. Non vale nemmeno per il diritto di difesa?
R. Il solo fatto che una guerra sia considerata giusta da alcuni e ingiusta da altri è la negazione stessa del concetto di giustizia.

D. Hollande ha dichiarato guerra all’Isis. Cosa ne pensa?
R. In realtà si tratta di una guerra contro cittadini francesi, belgi, europei: questi sono i terroristi. Il sospetto è che dietro a tutto questo ci siano altri interessi.

D. Quali?
R. Il petrolio, per esempio. Il controllo prima economico e poi politico di una regione che dal 2001 è stata fatta sprofondare nel caos più totale da altre guerre asimmetriche, preventive.

D. Cosa intende per asimmetriche?
R. Dichiarate unilateralmente, combattute da una parte con strumenti tecnologici maturi e dall’altra da formazioni partigiane, di resistenza dopo il disfacimento di eserciti, come quello iracheno, di origine coloniale o subalterni alle potenze occidentali.

D. Stiamo pagando le conseguenze delle campagne dei Bush?
R. Gli Stati Uniti con la loro insipienza hanno ricercato il caos necessario alla loro politica nel momento in cui è terminata la loro supremazia. Ai ‘bordi dell’Impero’ era funzionale mantenere guerre e scontri per ritardare un riequilibrio o, forse, l’instaurazione di un equilibrio alternativo.

D. Poi però la situazione è scappata di mano…
R. La lotta al socialismo e al comunismo non solo dell’Iraq ma dei Paesi della fascia sciita ha comportato lo svuotamento della società. A quel punto i religiosi, invece di soffrire in terra per guadagnare un posto in cielo, hanno comunciato a combattere.
D. Un contesto ideale per la proliferazione e lo sviluppo del radicalismo islamico.
R. L’Isis di fatto in quest’area ha sostituito il welfare dopo 10 anni di distruzione.

 

«Parlano di Grandeur e di Montaigne, ma nelle banlieu…»

D. Questo discorso vale anche per le banlieu francesi?
R. Sì, lo stesso è accaduto nelle periferie nel 2005. Solo che in quel caso a bruciare erano solo le automobili.

D. I protagonisti in quel caso erano i ragazzi di terza e quarta generazione di immigrati.
R. È così. Agivano o protetti dagli adulti o contro di essi, fregandosene dei loro richiami all’ordine.

D. Frustrazione, rabbia, desiderio di rivalsa. Ma quale è la causa vera di quegli scontri?
R. La fine del lavoro fordista ha causato una riorganizzazione da cui questa fetta di popolazione è stata di fatto tagliata fuori.

D. Si spieghi meglio.
R. Mentre il proletariato della banlieu era inserito socialmente, via via è stato escluso dalle nuove formazioni dell’economia cognitiva.

D. Per fermare gli scontri il governo si limitò a reprimere.
R. I governi se ne sono fregati. E ora è orribile vedere un ragazzo che si fa esplodere uccidendo altre persone spinto non solo da una organizzazione che lo ha indottrinato e reclutato, ma anche da condizioni seconde.

D. Rabbia e frustrazione sono un humus perfetto per il radicalismo islamico.
R. Basta vedere la condizione delle scuole frequentate da questi ragazzi.

D. Quale è la situazione?
R. Sono istituti invivibili, e non solo dal punto di vista strutturale, con 40 persone per classe…

D. Per cosa ancora?
R. Per l’estraneità a cui sono relegati. Qui in Francia si parla ancora di Grandeur, di Montaigne, di Philosophes. E invece siamo di fronte a un’incapacità pedagogica.

D. La famosa laicità francese sta presentando il conto?
R. Ma quale laicità… è una balla, un mito. Il Dio supremo di Robespierre non lo ricorda nessuno (la Ragione, ndr)?

D. In che senso è una balla?
R. Nel senso che è presente nella cultura francese una corrente di pensiero estremamente laica. Ma moltissime persone vanno in chiesa, ci sono movimenti cattolici forti e una destra che richiama alle radici cristiane.

D. E la battaglia contro il velo?
R. Campagne che in realtà sono sostenute da sottilissime minoranze. Eppure hanno portato a pressioni ideologiche dagli effetti disastrosi, sono come piccole punture di spillo continuamente riprodotte.

D. Insomma, mi sta dicendo che sono state un boomerang.
R. In Francia sono stati distrutti movimenti di immigrati politicamente attivi e si è fatta passare l’equazione religione uguale fanatismo. Basta vedere le reazioni sugli autobus e in metro davanti a una donna velata: il disprezzo e il sospetto sono palpabili…

 

«Il concetto di guerra come lo conoscevamo non esiste più»

D. Tornando agli attacchi di Parigi, parlare di guerra, nella lotta al terrorismo, ha senso?
R. Mi chiedo solo: «Ora dove stanno i nemici? E gli amici?». La guerra è sempre sbagliata. Ma in passato il nome guerra aveva un fronte, un Piave. Ora siamo in una palude.

D. Tra l’altro il primo ministro Manuel Valls ha lanciato l’allarme di nuovi attacchi chimici e biologici.
R. Vorrei sapere chi li scatena e chi possiamo punire.

D. Si è detto che questa è una guerra non convenzionale. Cosa ne pensa?
R. La stessa definizione del diritto di guerra così come è uscito dalla pace di Westfalia,che nel 1684 pose fine alla guerra dei Trent’anni, non ha più alcun senso. E non parlo solo delle regole della guerra, ma anche del trattamento dei prigionieri per esempio.

D. Quando è saltato?
R. Nel 2001 gli Usa hanno deciso di scatenare una guerra asimmetrica. Adesso stiamo assistendo alla conseguenza della distruzione delle frontiere su cui si basava il diritto internazionale. Lo dimostra l’esodo dei migranti: è impossibile stabilire i confini.

D. È da allora che non si può più parlare di guerra ‘tradizionale’?
R. Da quel momento la guerra è stata di polizia, non di eserciti. Persino James Bond farebbe ridere. Si tratta di una guerra che legittima l’uso dei droni.

D. Cioè?
R. Il drone è un esempio, un simbolo. Dietro c’è un conflitto che è fuori da ogni categoria che finora abbiamo utilizzato.

D. Crede che assisteremo a una nuova definizione di guerra?
R. Francamente non so se arriveremo a questo. Del resto Westafalia mise fine a guerre scatenate in nome della religione che insanguinarono l’Europa.

D. Quando dichiara guerra Hollande cosa sta facendo?
R. Solo retorica. In realtà stiamo assistendo ad azioni di vendetta e repressione che ci riportano indietro a prima del diritto europeo. È più simile a un regolamento di conti tra tribù, quelle che noi definivamo Barbari.

D. Cosa possiamo fare a questo punto?
R. La situazione è drammatica e angosciante. Ogni riferimento a categorie passate non coglie la realtà dei fatti. Possiamo solo cercare di difenderci come possiamo, evitando che le cause che hanno portato a tutto questo si ripetano.

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