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lantidiplomatico

Putin si ritira ed è scacco a Obama

Fulvio Scaglione*

Se negli scacchi esiste il contropiede, Vladimir Putin lo pratica da gran maestro. L’annuncio del ritiro immediato delle truppe russe impegnate in Siria, a sei mesi dall’inizio della campagna contro le formazioni terroristiche e i ribelli anti-Assad e alla vigilia della terza tornata dei colloqui di pace di Ginevra, spiazza tutti proprio come tutti aveva spiazzato l’intervento militare russo.

C’è ovviamente un po’ di scenografia  in tutto questo, un atteggiamento da “veni, vidi, vici” che all’inquilino del Cremlino non sarà certo dispiaciuto accentuare. Intanto l’annuncio è stato dato nel quinto anniversario della guerra civile. E poi, ecco la puntigliosa evocazione dei successi russi sul campo, affidata a un fedelissimo come Sergej Shoigu, ministro della Difesa: 2 mila foreign fighters arrivati dalla Russia neutralizzati, tra i quali 17 comandanti; 209 impianti per la lavorazione del petrolio e 2 mila camion e autobotti distrutti; 400 aree abitate e 10 mila chilometri quadrati di territorio liberati. Soprattutto Putin si attribuisce il merito di aver rovesciato le sorti della guerra.

Evidentemente ben istruito, il presidente siriano Assad si dice “pronto a iniziare il processo politico”. Ed è evidente la sorpresa sia degli americani sia delle opposizioni siriane. A loro tocca, adesso, l’onere della prova. Barack Obama dovrà mettere le redini alla Turchia (che peraltro sembra assai meno bellicosa sulla Siria di qualche tempo fa e ha grossi problemi in casa propria) e soprattutto all’Arabia Saudita, che non ha mai smesso di appoggiare i jihadisti di Jaysh al-Islam.

E dovrà anche mostrare,  ora che le truppe russo-siriane si sono molto avvicinate a Raqqa e Palmira, di voler davvero combattere e battere l’Isis sul campo.

Agli Usa e ai loro alleati, inoltre, tocca ora battere un colpo sui colloqui di pace. Una mossa i russi l’hanno fatta: si ritirano. E gli altri? Ginevra ci dirà qualcosa in proposito.

Sull’iniziativa di Putin, però, aleggiano due dubbi. Il primo: riconquistare l’intera Siria non è cosa che Assad possa pensare di fare da solo, e forse non poteva pensarlo nemmeno con l’aiuto della Russia. È possibile, dunque, che il nuovo scenario nasconda un accordo già negoziato tra Usa e Russia per una partizione della Siria, con l’area che va da Aleppo a Damasco ormai riconquistata e controllata dall’attuale regime.

Il secondo dubbio riguarda lo stesso Assad. Ho sempre pensato che un’eventuale successione potesse essere avviata solo dal Cremlino, a determinate condizioni di soddisfazione per la Russia. Che sia arrivato anche quel momento?   

*Articolo pubblicato su Gli occhi della Guerra. Riproposto su gentile concessione dell'Autore.

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