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vocidallestero

Competitività: alcuni concetti economici di base sulle unioni monetarie

di Simon Wren-Lewis

Da Mainly Macro di Simon Wren Louis una spiegazione semplice e concisa sul funzionamento di un’unione monetaria.  Al discorso di Wren Lewis, che giustamente dice che già in partenza non sono state istituite regole per impedire gli squilibri di competitività creati dal meccanismo dell’euro, si potrebbe aggiungere che anche se le regole sui surplus commerciali eccessivi sono state successivamente introdotte, esse comunque vengono tranquillamente ignorate dalla Germania, che, aggiungendo al danno la beffa, se ne vanta pure

Dai commenti apparsi sotto a un post precedente, è risultato evidente quante persone non capiscano come funziona un’unione monetaria.

Riflettendoci, mi sono reso conto anche che, benché i concetti macroeconomici che riguardano questo argomento siano assolutamente lineari e per nulla controversi, questo può risultare chiaro solo a chi è abituato a lavorare usando modelli. Dato che non voglio rivolgermi esclusivamente a persone dotate di questa capacità, ho pensato che una breve spiegazione dei concetti base possa essere utile.

Bisogna partire dall’idea che una nazione con tasso di cambio flessibile non migliora la sua competitività internazionale tagliando i salari e i prezzi interni. La spiegazione è che il tasso di cambio si muove in modo da compensare questa variazione. Questa è ciò che gli economisti potrebbero definire una elementare affermazione di neutralità, e ci sono abbondanti prove a suo supporto.

L’Eurozona, nel suo insieme, si comporta come una economia a tasso di cambio flessibile. Così se i salari e i prezzi scendono, per esempio, del 3%, come conseguenza l’euro si apprezzerà del 3%.

Ma che cosa succede se un solo paese all’interno dell’Eurozona, come la Germania, taglia i salari e i prezzi del 3%? Se la Germania rappresenta un terzo dell’unione monetaria, allora i prezzi e i salari dell’Eurozona scenderanno – globalmente – dell’1%. Secondo la logica esposta nel paragrafo precedente, l’euro si apprezzerà dell’1%. Questo vuol dire che la Germania acquista un vantaggio di competitività del 3% rispetto a tutti gli altri paesi dell’Eurozona, più un vantaggio del 2% rispetto al resto del mondo. Mentre gli altri paesi dell’Eurozona perderanno competitività sia all’interno dell’Unione, sia – in misura inferiore – rispetto al resto del mondo.

Può sembrare complicato, ma in prima approssimazione in effetti è semplicissimo. L’Eurozona nel suo insieme non guadagna niente: il vantaggio della Germania è compensato dalle perdite degli altri paesi dell’unione. Per l’unione nel suo insieme si tratta di quello che gli economisti chiamano “un gioco a somma zero”. La Germania vince, ma gli altri paesi dell’Eurozona perdono.

Uno dei commenti al post precedente diceva che non c’è nessuna “regola” per impedire che questo accada, intendendo che quindi è in qualche modo giusto e normale. Ma dovrebbe essere evidente a tutti che questo genere di comportamento è assolutamente distruttivo e ben difficilmente compatibile con la solidarietà nell’Eurozona.

L’idea, che si sente talvolta esprimere, che questo rappresenti una sana competizione è totalmente fuori strada. L’unico incentivo fornito in questa situazione è che anche gli altri paesi tentino di emulare il comportamento della Germania. Se tutti riuscissero, non ci si guadagnerebbe nulla. A parità di condizioni, il tasso di inflazione dell’Eurozona sarebbe più basso, ma le altre condizioni non sarebbero pari: e la Banca centrale europea taglierebbe i tassi per cercare di riportare il livello dell’inflazione all’obiettivo previsto.

La ragione per cui non ci sono regole formali su tutto questo è semplice: non si possono regolare per legge i tassi di inflazione nazionali. Quello che si potrebbe fare, per incentivare i governi, è stabilire regole fiscali basate sui differenziali di inflazione del tipo descritto qui. Questo significherebbe che se il tasso di inflazione relativo in Germania si riduce, il governo dovrebbe essere costretto a mettere in atto misure fiscali (e forse anche di altro tipo) per contrastare questa tendenza. E ancora una volta questo è simmetrico a ciò che dovrebbe avvenire nei paesi della periferia dell’Eurozona.

Ma se quando si sono prese le decisioni sull’euro fossero state messe sul tavolo regole di questo tipo, lascio a voi indovinare quale paese si sarebbe opposto maggiormente.

traduzione di @Rododak

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