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“Il grande salto”. Come si diventa terrorista

di Giorgio Salerno

Il romanzo di Mahi Binebine, scrittore ed artista marocchino, pubblicato in francese nel 2010 ed ora giunto nelle nostre librerie con il titolo “Il grande salto” (Rizzoli 2016), racconta la storia di alcuni giovani di Casablanca che vivono in uno dei quartieri più degradati della metropoli, Sidi Moumen, una bidonville cresciuta intorno ad una grande discarica a cielo aperto.

Le montagne di rifiuti che, giorno dopo giorno si accumulano, sono anche fonte di guadagno per gli emarginati che vi vivono intorno : recupero di metalli, di vetri, di oggetti provenienti dalle case dei quartieri benestanti, costituiscono la ‘mercanzia’ con cui racimolare qualche soldo, poche decine di dirhams.

I personaggi della storia sono ragazzi che amano il calcio e che sognano di diventare i campioni del quartiere, le stelle di Sidi Moumen. Infatti il titolo originale del libro è “Les ètoiles de Sidi Moumen”, titolo che in italiano non avrebbe detto molto agli eventuali lettori. Povertà, miseria, ambiente invivibile e maleodorante, catapecchie come abitazione, lavori miseri e violenza dei padri lasciano poche speranze di un futuro migliore ad Yashin, Hamid, Nabil, Fouad, Khalil e Azzi, figli di una baraccopoli dimenticata da Dio e dagli uomini.

La svolta nella loro vita prende il volto di Abou Zoubeir, carismatica figura fondamentalista, che offre con le sue “parole giuste, parole ghiotte che si fissavano nella memoria”, un senso alle loro miserie, una spiegazione delle stesse ed una prospettiva di riscatto e salvezza.

Progressivamente e lentamente avviene il cambiamento, la terribile ‘presa di coscienza’, una iniziazione che condurrà questi giovani al martirio. La voce narrante è quella di Yascin e ci giunge da un altrove non specificato ma chiaramente da un regno dei morti, un luogo ignoto dove ‘tutto quello che posso dire è che sono ridotto ad un’entità’. ‘Non l’ho trascinata a lungo la vita…non rimpiango che sia finita.

Non ho la minima nostalgia di quei diciott’anni e rotti di miseria che mi è stato concesso di vivere’.

Il libro è Ispirato a fatti realmente accaduti. Il venerdì 16 maggio 2003, giorno della preghiera, la notte di Casablanca fu lacerata da quattordici attentati suicidi di matrice islamista. Boati a catena lacerarono la tranquilla notte casablanchese e portarono brutalmente all’attenzione dei marocchini il fatto che il loro Paese non era esente né immune dal terrorismo integralista. Peggio ancora, veniva dal Marocco stesso, dalla capitale economica del Paese, dal quartiere di Sidi Moumen.

Morirono 45 persone, tra cui un italiano, nei luoghi degli attentati: l’elegante Hotel Faran, il Circolo dell’Alleanza israelita, La Casa de Espana, il ristorante Positano, frequentato soprattutto da soldati americani. Non era stato colto il pericolo quando, nel febbraio di quell’anno, il Canale TV Al Jazira, poi espulso dal Marocco, aveva diffuso un messaggio di Osama Bin Laden in cui si accusava il Marocco, e la Giordania, di ‘collaborare’ con gli Stati Uniti d’America. Questo attentato è stato il più grave verificatosi nella storia del Marocco (quello di Marrakech, nell’aprile 2011, fu meno grave, ma questa è un’altra storia).

Binebine ha lavorato al libro per cinque anni. Si è documentato, ha letto cio’che era stato scritto, è andato a Sidi Moumen, ritornandovi più volte, per capire cosa accade nella testa di chi non ha più niente da perdere ed è facile preda di mercanti di sogni e di paradisi.

La sua scrittura è senza fioriture, precisa, con pochi aggettivi e senza pathos fuori luogo. Binebine ha scelto, per raccontare questa iniziazione ideologica, politica e religiosa, uno stile narrativo leggero, dove i vari passaggi avvengono con una gradualità senza sgomento, con una naturalezza che ci impietrisce, temperata solo dalla compassione dello scrittore verso questa incomprensibilità di una scelta estrema e definitiva. Una storia tragica che rivela un mondo, oggi di drammatica attualità, in cui la banalità del male assume una veste nuova ed inedita.

“Portavamo le nostre ‘cinture del paradiso’ intorno ai cuori palpitanti, aspettando la liberazione. Un lungo abbraccio e quelle parole…’.Ci vediamo lassù Yachin’, ‘Sì Youssef, lassù'”.

Mahi Binebine, nato nel 1959 a Marrakech, è tornato definitivamente nella sua città nel 2002 dopo aver vissuto a Parigi (dove ha insegnato matematica per otto anni), New York e Madrid. Dalla fine degli anni Ottanta si dedica alla scrittura, alla pittura e alla scultura. I suoi romanzi sono tradotti in varie lingue. Dal libro è stato tratto un film di Nabil Ayouch.

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