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Disastro Tsipras

Il frutto del tradimento

di Emmezeta

«Volete galleggiare ancora un po'? Bene, è giunta l'ora dell'austerità preventiva». Queste le condizioni poste dalla troika al governo greco. Ecco il risultato della capitolazione del luglio scorso

Non è un secolo fa. Nel gennaio 2015 Syriza era andata al governo promettendo la fine dell'austerità. Pochi mesi di incertezza ed è arrivata la clamorosa capitolazione di luglio. Allora Tsipras e gli tsiprioti d'ogni dove dissero che in fondo si era evitato il peggio: l'austerità sarebbe stata limitata e resa più "equa", mentre il debito sarebbe stato finalmente ristrutturato. E' con queste balle che la logica del meno peggio ha consentito a Syriza di vincere le nuove elezioni di settembre. Arriviamo così all'oggi, al nuovo ultimatum della troika: «Volete galleggiare ancora un po'? Bene, è giunta l'ora dell'austerità preventiva». In quanto al debito, niente riduzione del suo valore nominale, dato che Berlino non vuole.

La trattativa è in corso e l'accordo pare vicino. L'ultimatum lanciato dall'Eurogruppo e dal Fmi scade mercoledì, in vista di una firma che molti danno per certa giovedì 28 aprile. Se un rinvio di qualche giorno è ovviamente possibile, dubbi non sembrano esserci sui contenuti  della nuova intesa tra il governo greco ed i suoi creditori: una nuova stangata antipopolare su pensioni, tagli di spesa, aumento delle tasse.

L'importo complessivo della manovra è pazzesco: 3 punti di Pil, un punto ciascuno sulle voci di cui sopra. Per rendersi conto di quel che si tratta, è come se in Italia si facesse una finanziaria da 48 miliardi, tagliandone 16 alle pensioni ed altrettanti al resto della spesa pubblica, aumentando nel contempo le tasse di altri 16 miliardi. Questo dopo anni di austerità, con l'economia nuovamente in recessione dall'ultimo trimestre 2015, con una disoccupazione risalita al 24,4%.

Pensate che sia troppo? A Bruxelles ed al Fmi pensano che sia ancora troppo poco. Alla Grecia si chiede di arrivare ad un avanzo primario del 3,5% nel 2018. E se questo non avvenisse? In questo caso i creditori chiedono delle misure preventive, che a quel punto entrerebbero in vigore automaticamente nella misura di un ulteriore 2% del Pil. 

La trattativa si svolge sostanzialmente su quest'ultima richiesta, che sul pacchetto di misure immediate l'accordo quasi c'è: «Siamo vicini a un accordo su molti aspetti chiave (...) Il livello di collaborazione tra le parti è forte e produttivo», ha detto il presidente dell'Eurogruppo Dijsselbloem.

Sul 2% di austerità preventiva il ministro delle Finanze Tsakalotos abbozza un qualche freno, dicendo che: «la legge greca non consente di approvare in parlamento misure preventive». Più che una vera resistenza, il solito tentativo di salvare la faccia. Così Vittorio Da Rold sul Sole 24 Ore: «In effetti si tratta di trovare una forma giuridica che consenta a Fmi ed europei di essere rassicurati, senza andare contro il diritto nazionale greco che non prevede misure capestro di questa natura».  

Insomma, da una parte la sostanza - la garanzia ai creditori - dall'altra la forma, per consentire a Tsipras e compari di non sputtanarsi troppo. 

E il debito, il famoso debito che doveva essere tagliato, come rassicuravano gli tsiprioti d'Italia che mesi fa scrivevano tanti articoli come se avessero loro le forbici in mano?

Ecco, parrà forse strano a costoro, ma anche stavolta l'ha avuta vinta Berlino. «I ministri sono d'accordo per escludere il taglio nominale del debito», ha detto Dijsselbloem. Certo - tanto quel debito alla fine non potrà mai essere ripagato - si accetteranno forse altre misure, come l'allungamento delle scadenze, la riduzione dei tassi, magari nuovi periodi di "grazia". Ma il taglio nominale no, perché la legge dell'euro può ammettere perdite, ma non la violazione dei "principi" sui quali si fonda il sistema eurocratico.

Ricapitoliamo: 1) l'austerità continua e si intensifica; 2) il laccio al collo della Grecia si stringe sempre di più; 3) in quanto alla "ripresa", ed alla diminuzione della disoccupazione, meglio non parlarne, dato l'effetto catastrofico delle nuove misure; 4) il debito resta lì nella sua imponenza, e nel 2016 è previsto in aumento di 6 punti di Pil, dal 179 al 185%!

Ecco il capolavoro di Tsipras! Un autentico massacro sociale frutto del tradimento di luglio. E qui apriamo una breve digressione. Siamo tra quelli che tendono a non usare la categoria del "tradimento" in politica, ma in questo caso - visto l'uso che Tsipras ha fatto dell'enorme successo del NO al referendum del 5 luglio - siamo costretti a fare un'eccezione.

Quello del capo di Syriza è stato un autentico tradimento. E per cosa, poi? L'austerità viene addirittura intensificata, la democrazia uccisa dal commissariamento del Paese, l'equità calpestata, basti pensare che il governo di Atene ha già accettato di abbassare di nuovo la soglia di reddito esentasse, colpendo ancora una volta i più poveri.

Tutto questo per che cosa? Per rimanere nell'euro, per restare cioè al guinzaglio di una banda di aguzzini che si riunisce periodicamente a Bruxelles. 

Sindrome di Stoccolma? No, questa può funzionare al massimo con qualche individuo, e non sarebbe comunque una giustificazione. Qui siamo di fronte ad un governo, un partito, un ceto politico che a questo punto porta per intero e senza attenuanti la responsabilità politica di aver condotto un intero popolo al disastro. E, peggio, di averlo fatto proprio nel momento in cui quello stesso popolo gli aveva dato la forza per rompere la gabbia. 

Che stiano pure aggrappati alla loro ridicola sedia governativa, dalla quale non fanno altro che ritrasmettere gli ordini ricevuti dai loro burattinai euro-atlantici. Possono restarci ancora per un po', ma il giudizio della storia sarà per loro tremendo e senza appello.

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