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lantidiplomatico

«L’ecosocialismo può salvare la rivoluzione venezuelana»

Marinella Correggia intervista Miguel Angel Núñez

Miguel Angel Núñez dirige l’Istituto universitario latinoamericano di agroecologia Paulo Freire, creato a Barinas in Venezuela nel 2008. E’ autore dei saggi Venezuela Ecosocialista e Vivir despierto entre los cambios sociales oltre a moltissimi articoli in tema di agroecologia, modelli di sviluppo, giustizia ecologica. Gli abbiamo rivolto alcune domande, di fronte a un contesto preoccupante, con il Venezuela nel mirino. Continua la guerra economica promossa dalle oligarchie nazionali e internazionali. Continuano gli attacchi da parte della dittatura mediatica. La destra fascista venezuelana organizza il referendum revocatorio contro il presidente Nicolas Maduro. Un documento del Comando Sud degli Stati Uniti rivela il micidiale piano golpista del Pentagono per destabilizzare e rovesciare la Rivoluzione bolivariana. E l’ex presidente colombiano Uribe praticamente invoca un golpe… 

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Miguel Angel, il tuo più recente articolo è sull’Utopia venezuelana che può e deve resistere all’intervento golpista dall’esterno e al sabotaggio dall’interno…

L’utopia che stiamo costruendo fra grandi difficoltà non è rinviabile ed è inarrestabile. Non la fermeranno le manovre politiche, i sabotaggi economici, gli assassini paramilitari, le minacce di intervento militare da parte di sedicenti «forze armate democratiche del continente». L’impero e i suoi narco-ambasciatori, gli Uribe, i González, gli Aznar in compagnia dei messaggeri anti-patrioti pensano di spaventarci con questa «minaccia inusuale» ma il popolo venezuelano è deciso a difendere la patria. Non possiamo sottovalutare il potere dell’impero, né sopravvalutare il nostro. Semplicemente, il popolo di Chávez è pronto. Del resto, con tutto il loro potere, non sono riusciti a sconfiggere i popoli del Vietnam, di Cuba, dell’Afghanistan, della Siria, dell’Iraq. Certo, queste forze sfruttano a proprio vantaggio i nostri errori, lentezze, irresponsabilità; e gli atteggiamenti antirivoluzionari. Gli infiltrati parlano di «raschiare la pentola» e con l’opposizione reclamano la «riconquista delle terre» che erano state cedute ai contadini…  

 

Eppure, in un contesto di minacce golpiste ed emergenze economiche, il Venezuela sta sviluppando migliaia di esperienze di autoproduzione agroecologica. Nel silenzio dei grandi media. Che cosa sta succedendo, quasi i protagonisti della riscossa agricola?

La creazione del Ministero dell’agricoltura urbana fa parte della promozione del motore agroalimentare, uno dei 14 messi in...moto per affrontare la grave crisi economica che stiamo vivendo. Il Ministero ha iniziato a lavorare lo scorso mese di febbraio con l’obiettivo di avviare unità produttive agroecologiche a decine di migliaia. Inizialmente si pensava a 8 città del paese per un totale di 1200 ettari, ma siamo già arrivati a seminare e piantare su 2800 ettari. L’idea è arrivare a coprire il 25% del consumo di ortofrutta. Gli spazi coltivati sono piccoli, non fanno ricorso a sostanze chimiche. Ovviamente abbiamo anche esperienze produttive agroecologiche di grandi dimensioni in vari Stati del Venezuela: a Mérida le patate e l’ortofrutta, a Barinas altri tuberi, cereali e frutta, a Portuguesa caffè e cereali.Vogliamo incrementare e consolidare le produzioni agroecologiche. Si tratta di produrre, innovare e ricercare, sostituendo l’agricoltura di sintesi con le ecotecnologie. Sono coinvolti nel processo diversi ministeri, università e molte famiglie contadine e urbane. Fino ad alcune settimane fa, erano state censite 25.000 unità produttive per un totale di 121.000 persone.

 

Il concetto di «ecosocialismo» è del tutto ignorato in Occidente, mentre in Venezuela c’è un ministero per l’ecosocialismo. E c’è una struttura statale dedicata all’agroecologia: l’Istituto che tu dirigi. E poi, il potere popolare punta sul sistema delle comunas. Quali sono i collegamenti fra le tre entità, ricordando che anni fa il presidente Maduro sottolineò come le comunas debbano essere produttive ed ecosocialiste?

La società venezuelana deve creare nuove organizzazioni sociali di produzione. L’obiettivo finale è la formazione e il consolidamento delle comunas. Per produrre alimenti, si spera, e per risolvere diversi problemi, aumentare la partecipazione popolare e la produzione di conoscenza. E’ uno dei modi per superare il perverso rentismo petrolifero con una nuova economia stabilmente centrata sullo sviluppo umano e sociale, come chiedono la nostra Costituzione e la Legge del Plan Patria. E’ una delle sfide principali per il  nostro popolo: superare l’incapacità produttiva e la pigrizia sociale, grazie a un miglior coordinamento e articolazione delle forze produttive. Questi legami aiuteranno ad avviare processi produttivi. Sta crescendo una nuova eco-etica, che cerca di costruire definitivamente una nuova società possibile e ci chiede di sradicare i vizi del passato.

 

In un paese tuttora estrattivista e vittima di una guerra economica, con l’esperienza delle penurie, l’agroecologia potrebbe aiutare a salvare la rivoluzione bolivariana? Hai anche detto che l’estrattivismo è un ostacolo per l’ecosocialismo.

Sì. L’estrattivismo è il peso storico, economico-sociale del Venezuela. Ci ha condannati a dipendere dalla rendita, ci ha spinti a un consumismo esasperato e a un’estesa corruzione. Per questo, con forza e determinazione alcuni settori fanno proposte ecoproduttive che diano forma alla proposta ecosocialista. L’agroecologia è una di queste. Siamo sicuri chge aiuterà molto il motore agroalimentare. L’attività agricola deve essere centrale nel dinamizzare l’economia di un paese e di una società. Alla costruzione di una proposta sostenibile ci impegna il quinto obiettivo storico della Legge Plan Patria: preservare il pianeta Terra e salvare la specie umana. L’ecosocialismo è la proposta di costruzione di un nuovo modello di civiltà. E’ uno spazio in continua costruzione nel quale si articolano diversi processi di transizione e trasformazione sociale, economica, scientifica, tecnologica e politica in grado di portarci a nuove relazioni sociali e di produzione.

 

La rivoluzione bolivariana guidata da Hugo Chávez in pochi anni riuscì a cambiare le strutture, le leggi, la politica, in parte l’economia del paese, ad appoggiare il cambiamento in un intero continente; ma solo una parte del popolo venezuelano ha interiorizzato una cultura rivoluzionaria, malgrado lo sforzo pedagogico del governo. In Occidente la stragrande maggioranza della popolazione è rovinata da decenni di consumismo fatuo e individualismo sistemico, ma in Venezuela? E’ possibile dire ai venezuelani - e in tempo di crisi - «non imitate l’Occidente»? 

La rivoluzione chavista ha avuto e credo abbia tuttora una legittimazione nella transizione verso l’ecosocialismo. Non c’è un’altra proposta politica e per la vita del nostro paese. La rivoluzione chavista ha gettato le basi per la creazione di un nuovo tessuto sociale. Ma in questo momento di crisi economica e sociale, possiamo notare un pericoloso sviamento da parte di alcuni settori, verso i disvalori: individualismo, consumismo, incompetenza, burocrazia, corruzione. Un modello ego-ideologico perverso di matrice capitalista sta paralizzando le forze del cambiamento. E sembra imporsi nell’attualità. Ma certo, possiamo invertire la tendenza all’individualismo e alla corruzione, che alcuni adesso chiamano tendenza culturale - una follia, no? Per superare questa condizione nefasta e complessa dobbiamo impegnarci a capire le radici della crisi e le sue problematiche. Ogni giorno appare più evidente che la natura redditiera del capitalismo globale è insostenibile: dal punto di vista sociale, ecologico e finanziario. Conosciamo bene queste connessioni? Alcuni settori e responsabili politici, no. E’ dunque necessario formarci, studiare, ricercare: per saper ristrutturare le norme e le istituzioni che governano la globalizzazione, per dare impulso a un’agroecologia sostenibile e introdurre le innovazioni necessarie. Questo ci aiuterà a creare un nuovo tessuto sociale vitale capace di ridisegnare strutture fisiche, città, tecnologie, industrie. Verso l’ecosostenibilità. E se da una parte dobbiamo chiederci ogni giorno che cosa vale la pena comprare e quanto ci durerà, dall’altra dobbiamo iniziare a creare ecotecnologie che sostituiscano quelle inefficienti che ci hanno creato problemi sociali e ambientali. Abbiamo gente giovane, molta informazione e risorse tecnologiche adatte. Dobbiamo andare avanti nella costruzione di una nuova volontà politica. E’ una lotta planetaria; per questo ora più che mai dobbiamo affratellarci nelle lotte per la giustizia sociale e ambientale. 

 

Il Venezuela ha giocato un ruolo importante – molto apprezzato dagli attivisti frustrati dell’Occidente! - nella geopolitica mondiale, per la costruzione di un asse di solidarietà e pace nella resistenza all’egemonia belligerante nordamericana. Come evitare che si perda?

Il presidente Hugo Chávez ebbe la modestia e la capacità di riconoscere un ruolo importante e senza precedenti ai movimenti sociali e rivoluzionari del mondo. Ha dato loro forza, motivazione, ha dato loro uno spazio politico. Fra i risultati c’è stata la legge Plan Patria e il quinto obiettivo storico: contribuire a preservare la vita sul pianeta e a salvare la specie umana. Noi rivoluzionari patrioti non possiamo permettere che il processo torni indietro. Non è la stessa cosa ripetere e manipolare l’eredità di Chávez e saperla interpretare. Perciò lo stesso presidente Maduro ha sollecitato in modo chiaro ed energico il Congresso della Patria ad andare avanti in una nuova egemonia culturale che superi le diverse debolezze di cui il nemico ha saputo approfittare. Se non superiamo i modelli ego-ideologici dell’individualismo, del consumismo, della burocrazia e della corruzione corriamo il rischio di ostacolare o far arretrare il processo di costruzione dell’ecosocialismo. Ma sono sicuro che emergerà una nuova volontà politica.

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