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La scomparsa del credito dalle economie emergenti

Maurizio Sgroi

La fine del 2015 ha confermato la tendenza, già emersa con chiarezza a inizio d’anno, di un pronunciato rallentamento del credito internazionale. La Bis ha rilasciato pochi giorni fa le ultime statistiche sull’attività bancaria nell’ultimo quarto dell’anno appena terminato e ciò che se ne trae è la conferma che il credito, per le ragioni più diverse, ha iniziato una retromarcia che può contribuire a spiegare lo slowdown del mercati finanziari che ha inaugurato il 2016.

I dati sono inequivocabili. I prestiti transfrontalieri, che avevano iniziato a declinare a inizio 2015, e in particolare verso le economie emergenti, hanno confermato il loro trend che, nell’ultimo trimestre, ha interessato anche le economie avanzate. Ma certo, i paesi emergenti sono quelli che hanno pagato il prezzo più elevato in termini di deflussi di prestiti bancari. La Bis ha calcolato che il 2015 ha segnato un calo dell’8% dei prestiti bancari verso questi paesi, il calo più pronunciato dal 2009, ossia l’anno orribile dei mercati. Grande protagonista di questa retromarcia è stata la Cina, dove solo nell’ultimo quarto 2015 i prestiti sono diminuiti di 114 miliardi di dollari.

Se guardiamo al dato globale, si rileva che fra settembre e dicembre dell’anno scorso i prestiti transfrontalieri delle banche sono diminuiti di 650 miliardi nell’ultimo quarto. Il che ha riportato lo stock di crediti a 26,4 trilioni di dollari, più basso del 3% rispetto a inizio anno. “Questa debolezza nell’attività bancaria internazionale – osserva la Bis – coincide con il deterioramento nelle prospettive globali di crescita e le rinnovate turbolenze finanziarie al cambio di anno”. Vale la pena sottolineare che i crediti verso prenditori non bancari, che in precedenza si erano mostrati più resilienti, hanno registrato un calo di 167 miliardi che ha condotto il tasso di crescita al 2% dal 10% del picco di marzo.

Se guardiamo al lato valutario, si osserva il calo di 324 miliardi dei prestiti denominati in euro e quello da 185 miliardi di quelli in dollari. Al contrario i prestiti in yen sono aumentati di 30 miliardi.

Ma è il dato regionale quello più rilevante. Il calo dell’attività bancaria ha riguardato tutte le regioni. Quelle avanzate, che hanno subito una contrazione di 356 miliardi, quelle emergenti, diminuiti di 160 miliardi, e i centri off shore, che hanno registrato un calo di 122 miliardi. All’interno delle regioni avanzate si segnala il robusto calo dei prestiti verso l’eurozona, che nell’ultimo quarto ha pesato 267 miliardi, portando lo stock a sette trilioni, il 3% in meno su scala annuale.

Ma sono gli emergenti che, a livello aggregato, hanno pagato il prezzo più alto. Nell’ultimo quarto i prestiti verso quest’area sono diminuiti di 160 miliardi, 114 dei quali patiti dalla Cina, che hanno condotto l’aggregato a 8,8 trilioni, l’8% in meno rispetto a inizio anno. Il grosso di questo calo è attribuibile proprio all’Asia e alla Cina in particolare. Quest’ultima ha visto dimagrire il suo stock di prestiti bancari, che a settembre 2014 aveva raggiunto i 1.061 miliardi, fino a 756: un deflusso creditizio da 305 miliardi che certo non ha giovato alla sua stabilità finanziaria.

Tanto meno alla nostra.

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