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caratteriliberi

Una proposta “indecente”

di Giorgio Salerno

Quale era la posta in gioco delle elezioni amministrative 2016? Eleggere i sindaci di molte città tra cui le più importanti del Paese? Far decidere se a governare Torino continuasse ad essere Piero Fassino o meno? A Napoli De Magistris o la Valente ed a Roma un successore di Ignazio Marino, il sindaco marziano? O Merola nella capitale dell’Emilia “rossa” (sic) ? Era questa la vera posta in gioco?

Ora che abbiamo dinanzi a noi dei dati di fatto reali ed incontrovertibili, i risultati del primo turno delle comunali 2016, possiamo ragionare non più su sondaggi o intenzioni di voto ma su risultati reali e vedere cosa ci dicono e cosa ci suggeriscono di fare.

Ricordiamo cio’ che è accaduto negli ultimi tempi nel nostro Paese. Nell’arco di pochi anni si sono succedute maggioranze di governo non elette da nessuno (e Presidenti del Consiglio non indicati dalle stesse). Prima Letta, poi Renzi per non dimenticare Monti.

Queste elezioni hanno finalmente dato una possibilità di espressione ad una buona parte del popolo sovrano, più di 13 milioni di cittadini chiamati al voto. Per la prima volta, dalle politiche del 2013, gli italiani hanno potuto dire come la pensano.

Al di là dell’orgia delle interpretazioni del voto amministrativo e dei paragoni o conteggi di percentuali di questo o quel partito, cerchiamo invece di mettere in evidenza le principali indicazioni di questo voto.

Il PD non elegge più al primo turno nessun sindaco (Torino e Bologna). Ci riesce a Cagliari con Zedda (ma è di SEL, con una residua coalizione di centro-sinistra di bersaniana memoria). Subisce l’onta di non arrivare al ballottaggio a Napoli (dopo i fasti di Bassolino).

A Milano Sala è’ tallonato da un Parisi a meno di un punto di distanza. A stento a Roma riesce a giungere al ballottaggio Giachetti contro la 5 stelle Raggi.
In termini di voti assoluti il PD perde decine e decine di migliaia di voti ed altrettanti vanno ad ingrossare il numero degli astenuti. Siamo distanti anni luce dal 40 e più per cento delle Europee. E’ il segno di una grave crisi del Partito, ammessa dallo stesso Renzi e dai commentatori più diversi.

Renzi non è invincibile, Renzi si puo’ battere, Renzi è parte di un problema, non la soluzione.

Il Movimento 5 Stelle raccoglie gran parte del voto una volta di sinistra.

Le neo aggregazioni a sinistra del PD non sfondano, non raccolgono il voto né dei delusi del PD, né del bacino astensionista o di protesta. In alcune realtà come Torino prendono meno voti della sola SEL.

A Roma Fassina raggiunge un sofferto 4,4 per cento, superiore al risultato del 2013 della lista di Sandro Medici a sinistra allora del PD di Marino, ma comunque inferiore alle attese. Il commento di Cremaschi dal suo blog è stato quello di dire che la sinistra-sinistra italiana, se vuole risorgere, o fa come in Francia le barricate o diventa populista come De Magistris a Napoli.

La destra divisa perde, come a Roma (Meloni da una parte con Salvini e Marchini dall’altra con Berlusconi) ed unita vince, come a Milano con Parisi.

Comunque attraversa un difficile periodo di transizione con la guida di Berlusconi ormai seriamente compromessa ed una nebulosa prospettiva di ricostruzione del centro destra o della destra tout court.

Gli unici vincitori di questo primo turno sono quindi i candidati dei 5 Stelle. Gli unici veri perdenti i candidati del PD.

E’ la prima volta che cio’ accade nell’era renziana ed il Segretario annuncia che le cose devono cambiare nel Partito, a cominciare da Napoli che sarà commissariata. Bene. Ma la domanda che ci si deve porre è : possiede Renzi una cultura di partito? Una cultura dell’organizzazione, della presenza sul territorio, sulla partecipazione degli iscritti, sull’attenzione alle critiche?

Noi pensiamo di no perchè quello che finora ci è stato mostrato è il dialogo diretto tra il leader capo del governo ed il popolo indistinto, un rapporto, questo sì populista, del capo con le masse. Questo il problema oggi del PD, compito arduo e che comunque riguarda il destino di un partito. Cio’ che riguarda invece noi tutti, i cittadini di questa Repubblica, sono i nostri destini individuali e collettivi, la qualità della nostra vita e la salute delle istituzioni democratiche.

L’idea di Paese che vogliamo è quella di un paese che allarghi e non riduca gli spazi della partecipazione democratica, che rispetti le minoranze, che si prenda cura degli ultimi, che garantisca salute, istruzione, lavoro ribaltando le logiche liberiste imperanti.
In una parola che prima di pensare a cambiare la Costituzione, la attui (poi si discuterà dove cambiarla).

Per non tirarla per le lunghe, e per essere chiari, oggi ci pare che tutto cio’ sia in serio pericolo. La cosiddetta riforma costituzionale, Napolitano-Boschi-Verdini, corollario della riforma elettorale, l’italicum, costituisce un vero stravolgimento democratico oltre che un pasticcio.

Non elimina il Senato, non velocizza l’iter legislativo, non fa risparmiare (è irrisorio il risparmio economico, non sono gli stipendi la spesa maggiore ma il mantenimento del Palazzo e degli Uffici circostanti) e dà ai Consiglieri regionali e Sindaci, che faranno parte del nuovo Senato, l’immunità parlamentare.
Se vogliamo bloccarla, far vincere il NO al Referendum di ottobre, allontanare lo spettro del regime di un uomo solo al comando, bisogna cominciare da oggi, cogliere l’opportunità che queste elezioni ci danno. Ma per farlo bisogna portare l’attacco fino in fondo : non un candidato del PD vinca al ballottaggio.

Certamente molte anime belle, democratiche e di sinistra, di fronte a questo modesto suggerimento inorridiranno, si riterranno scandalizzate se non indignate. Dovremmo votare Raggi a Roma? Appendino a Torino ? Parisi a Milano? L’anti Merola a Bologna?

Sì, puo’ sembrare un po’ troppo forte questa proposta, “indecente”, ma di fronte ad una malattia non si prendono anche le medicine più indigeste? E la storia non è piena di esempi di alleanze “contro natura” ? Solo pochi anni orsono, in Francia quando al ballottaggio presidenziale arrivarono Chirac e Le Pen padre la sinistra tutta voto’ per Chirac per sbarrare la strada a Le Pen. Il raggiungimento dell’obiettivo puo’ prevedere che, in una fase, ci si allei anche con il diavolo.

Pensateci, all’indomani dei ballottaggi nessun sindaco al PD. Un terremoto e Renzi potrebbe andare a casa prima del tempo.

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