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Referendum di ottobre: sette tesi per battere Renzi

Moreno Pasquinelli

Sì può battere Renzi e la sua conventicola al referendum di ottobre? Sì, è possibile. Ma solo a certe condizioni...

Prima tesi

Da tempo sostenevamo che il referendum costituzionale di ottobre, per numerose ragioni —malgrado non sarà la battaglia che decide delle sorti della interminabile guerra tra chi comanda e chi subisce — sarebbe stata una partita decisiva. I fatti ci stanno dando ragione.

Comunque vada a finire una fase politica si chiuderà e un'altra si aprirà. Lo conferma lo stesso Renzi, che in questo referendum si gioca la sua carriera politica. Senza la legittimazione del voto popolare non solo egli dovrà dimettersi, sarà momentaneamente battuto il disegno politico, che viene da molto lontano, di un regime blindato di tipo presidenzialista. Se vincerà il NO la finestra dell'alternativa resterà aperta, la maggioranza di cittadini che sono stufi ma frustrati e sfiduciati, prenderanno coraggio. E quando il popolo prende coraggio tutto diventa possibile.

 

Seconda tesi

Sappiamo già cosa avverrà in caso di vittoria del SÌ. Schiantati gli oppositori Renzi vorrà andare a passo di corsa verso un congresso del Pd e quindi verso elezioni anticipate per essere incoronato nuovo Re d'Italia.

Cosa accadrà, invece, in caso di vittoria del NO? Renzi dovrà togliersi di mezzo ma, chi comanda davvero, potendo disporre di un fidato scagnozzo al Quirinale, tenterà di evitare le elezioni anticipate, perché non vorrà correre il rischio di consegnare il governo del Paese alle opposizioni, ed in particolare al Movimento 5 Stelle. Ammesso e non concesso quanto si vocifera nel Palazzo —che chi comanda davvero abbia già reclutato Di Maio come salvagente sistemico —, i poteri forti non potranno correre il rischio di consegnare le chiavi di Palazzo Chigi ad un movimento composito, altamente instabile, con una ala interna anti-liberista che potrebbe rivelarsi egemone. Chi comanda davvero deve evitare come la peste di passare il banco e di non distribuire più le carte, deve scongiurare che all'instabilità politica segua il disordine sociale. I poteri forti, sostenuti da Berlino, Francoforte e Bruxelles (e dalla Casa Bianca) tenteranno molto probabilmente di formare un quarto governo non eletto, resuscitando le "larghe intese" — Berlusconi ha già assicurato il suo assenso — dando l'incarico a formare il governo ad un loro pagliaccio, tecnico o non tecnico.

Sarà da vedere che questa insolente provocazione oligarchica non susciti un'ondata di indignazione popolare. Di certo sarebbe imperdonabile se le opposizioni, M5S in particolare, invece di chiamare il popolo a sollevarsi, facessero finta di niente.

 

Terza tesi

Sarebbe un errore imperdonabile sottovalutare Renzi. Dalla sua, malgrado certi mugugni, ha di fatto tutta la classe dominante italiana ed il grosso dei media. E' infine spalleggiato dai poteri eurocratici, da quelli d'oltre Atlantico, quindi dalle élite della finanza predatoria mondialista. Sbagliato sarebbe tuttavia sopravvalutare la forza di questo super-blocco, la cui crisi di egemonia la si vede in Gran Bretagna. Da Obama in giù, passando per le grandi banche d'affari, tutti si sono schierati con Cameron, con una campagna di intimidazione verso i cittadini britannici che ha pochi precedenti. Tuttavia la Brexit può vincere. Perché ce lo spiega Leonardo Masiano su il Sole 24 Ore di ieri:

«Quello che si profila è dunque la minaccia di una Brexit à la carte, ovvero un’offerta capace di soddisfare tutti. Un boccone all’eurofobo provinciale middle class, un altro all’euroscettico conservatore di antichi e nobili lombi, un altro ancora all’euroscettico laburista poco incline all’internazionalismo, uno al giovane ribelle “anti-tutto”, uno infine all’elettore mosso dal desiderio di punire il premier in carica. Le ragioni per votare “no” rischiano di essere troppe per poterle arginare. Tutti uniti, appassionatamente, da un anti-europeismo diverso e accidentale, frutto per taluni di un’antica convinzione per altri di un impulso casuale».

Fatte le dovute differenze è proprio questo che potrebbe verificarsi in Italia: Le ragioni per votare NO rischiano di essere troppe per poter essere arginate. Tutti uniti per punire l'uomo solo al comando, la sua indisponente tracotanza, i suoi sogni di gloria, la sua faccia da culo. Si deve accettare la sfida: vincere il referendum per togliere di mezzo Renzi e fargli cambiare mestiere. Sarebbe perdente adottare l'atteggiamento élitario di chi immagina di potere rispondere con eleganti colpi di fioretto e capziosi discorsi sul diritto costituzionale, ad un Renzi che ci affronta con il machete.

 

Quarta tesi

Tuttavia il carattere sgangherato del campo del NO, è un punto di debolezza e, di converso, di forza del blocco compatto renziano. Ci sono i rottami delle sinistre che furono e le destre reazionarie, anti-liberisti e liberisti, nazionalisti e secessionisti, nordisti e sudisti, paladini dell'onestà e furfanti d'ogni risma, amanti della Costituzione del 1948 e nostalgici del fascismo, frazioni combattive della società civile democratica e ceti politici sotto minaccia di rottamazione, pezzi di borghesia produttiva e di quella parassitaria e burocratica. Chi più ne ha più ne metta. Questa Armata Brancaleone può vincere se riesce a ribaltare il discorso renziano. Qual'è il fulcro di questo discorso? Renzi l'ha ricapitolato in modo molto efficace:

«Il referendum è sulla Costituzione e siccome non sono qua perché ho vinto un concorso a premi, se perdo cambio mestiere. (...) In Italia c'è stata davvero la casta. E' così. C'è stato un sistema che ha visto sindacalisti, in alcuni casi giornalisti, politici, consiglieri regionali... Io credo che la riforma costituzionale non sia la migliore del mondo, ma consente all'Italia di iniziare il futuro. Se attacchi la casta sarà più semplice avere un sistema che funziona. (...) Se l'Italia si semplifica, riduce il numero dei politici l'Italia diventa vincente». [Otto e Mezzo, 8 giugno]

Si deve sbugiardare questa narrazione anti-casta che fa il verso ai Cinque Stelle, spiegando che la sua è una finta "rottamazione", che vuole liberarsi di certi ceti politici solo perché sono un ostacolo alla sua sete di potere, per quindi consegnare all'aristocrazia finanziaria neoliberista, tramite sé stesso, il pieno controllo delle istituzioni statuali. Si deve rovesciare il suo racconto: che proprio lui capeggia il fronte dei conservatori, di chi dice di cambiare tutto per non cambiare nulla. Perderemo se Renzi riuscisse a farci passare come dei passatisti che considerano la Carta del '48 come un Talmud. Anche noi siamo per modernizzarla, ma facendo salvi i suoi principi di giustizia sociale, che la sovranità spetta al popolo che la esercita eleggendo liberamente un libero Parlamento.

 

Quinta tesi

Si ribalta quindi il discorso renziano se il campo del NO riuscirà ad adottare come proprio comune denominatore e quindi a far passare un discorso semplice e diretto: che in ballo non c'è solo il destino di Matteo Renzi ma quello della democrazia, che la scelta è tra un sistema basato sulla sovranità popolare ed un regime di dittatura della minoranza.

Il NO potrà vincere se riuscirà poi a tenere strettamente legato il discorso della democrazia a quello delle giustizia sociale. La minoranza dei milionari vuole squartare la Costituzione e disporre di propri camerieri al governo per farci tutti più poveri, per privatizzare i beni pubblici, per derubare i cittadini ed accaparrarsi dei loro beni e dei loro risparmi.

Il NO potrà vincere se saprà spiegare che non c'è democrazia politica senza democrazia economica, e che la Costituzione proprio questi due aspetti tiene assieme.

 

Sesta tesi

Il campo del NO potrà vincere, infine, se riuscirà a portare, anzi, a riportare alle urne grandi masse, convincendo perciò milioni di cittadini che campano del loro lavoro e quelli a cui questo diritto il sistema nega, che di mezzo c'è il loro benessere, il futuro loro e dei loro figli, e con essi le sorti della nazione.

Il secondo racconto che farà Renzi è quello che da quando è arrivato lui... "c'è la crescita economica". Un racconto che a ben vedere ha poca presa sulla moltitudine che, malgrado un misero aumento di Pil, non vede alcun miglioramento delle proprie condizioni di vita ed anzi teme che andrà sempre peggio.

Ma anche in questo caso il discorso renziano va rovesciato, non solo e non tanto smentendo i suoi numeri, ma segnalando che disagio ed esclusione sociale crescono malgrado il segno più davanti al Pil. E' un dato generale in tutto l'Occidente, dagli Usa all'Unione europea che a causa delle politiche liberiste la "crescita economica" ingrassa una minoranza di privilegiati mentre per chi sta in basso va sempre peggio. Diciamolo forte quindi: «ce ne fottiamo della vostra "crescita" se chi lavora è sempre più povero e trattato da schiavo!»

Settima tesi

Che il disunito campo del NO possa convergere su un discorso unitario se non unico, è altamente improbabile. Tuttavia il tentativo va fatto. E chi dovrà muoversi se non proprio coloro che, come noi, da anni sostengono che per uscire dal marasma ci sarà bisogno di un fronte ampio, di un Comitato di Liberazione Nazionale (CLN)?

Quello del referendum è, lo si voglia o meno, un banco di prova per verificare se l'ipotesi del CLN è solo un aleatorio desiderio o una necessità che sta nei fatti, un'idea nell'ordine delle cose probabili. Tanto più il tentativo di unire il più ampio arco di forze va fatto perché il terreno è propizio: non si tratta di scegliere questo o quel partito, di decidere nelle urne questo o quel governo, ma di esprimere un SÌ alla democrazia ed un NO ad un Golpe Bianco voluto da una minoranza del Paese.

Esclusi i neo-fascisti — che della Costituzione repubblicana e delle tradizioni democratiche sono acerrimi nemici, per non dire che è proprio Renzi a sperare che ce li portiamo appresso — occorre provare, se non proprio a dare vita da un Fronte del rifiuto, a sperimentare forme di unità d'azione tra tutte le forze politiche e sociali che han dichiarato di votare NO, dall'estrema sinistra fino alla Lega Nord passando, beninteso, per i Cinque Stelle. Chi farà spallucce, i divisionisti, i settari, chi si tirerà indietro e vorrà procedere in ordine sparso, se ne assumerà la responsabilità.

Rivolgiamo un appello a chi condivide quanto diciamo ad uscire dal letargo, ad impegnarsi in prima persona, a chiamare a raccolta amici e compagni, a darci una mano, a dare vita in ogni zona a Comitati trasversali e unitari del Popolo del NO.

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