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Die Welt: Il Piano segreto di Schäuble per il futuro del Regno Unito

di Jan Dams, Martin Grieve, Daniel Friederich Sturm

All’indomani del referendum sul Brexit, il magazine online die Welt pubblica l’analisi di un documento confidenziale redatto dal Ministro tedesco delle finanze Schäuble per i prossimi negoziati  sull’uscita del Regno Unito dall’UE. Come era prevedibile, la stessa Germania propone una via “norvegese” per la Gran Bretagna, consapevole dell’insensatezza di una guerra economica che taglierebbe il ramo su cui è seduta: come spiegato in un recente post sul blog del prof. Bagnai, il Regno Unito è importatore netto di beni dell’UE per oltre 100 miliardi di euro l’anno. Al tempo stesso traspare il forte timore da parte del governo tedesco di creare un precedente che rafforzi ancora di più i movimenti contrari all’UE nei singoli stati europei. Un processo che pare a questo punto inevitabile

Nel giorno X il sentimento che prevale nel governo federale è un misto di impotenza e orrore.

Alla vigilia del referendum molti membri del governo si erano detti fiduciosi in merito a una permanenza nell’UE della Gran Bretagna – una valutazione simile a quella della stragrande maggioranza dei sondaggisti, bookmaker e mezzi di comunicazione.

Angela Merkel ha definito il risultato del referendum come “Un punto di rottura per l’Europa”.

Questo lunedì incontrerà a Berlino il presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk, il presidente francese Fracoise Hollande e il primo ministro italiano Matteo Renzi.

Martedì, in occasione di una riunione speciale del Bundestag, esporrà la linea politica ufficiale del governo tedesco. “Ora è il momento di analizzare la situazione con calma e ragionevolezza”, ha dichiarato la Merkel.

All’indomani del voto il Ministro federale delle finanze Wolfgang Schäuble (CDU) si è riunito con il suo staff già in prima mattinata. I funzionari hanno monitorato i mercati con il compito di verificare se le precauzioni messe in atto fossero sufficienti. Per i mercati azionari sono state ore intense, ma il panico è stato evitato. Dopodiché Schäuble ha avuto un colloquio telefonico con Angela Merkel, il Ministro dell’economica Sigmar Gabriel (SPD) e alcuni colleghi europei.

Schäueble vuole che la Gran Bretagna diventi un “partner associato” dell’Unione Europea.

E’ probabile che durante la conversazione con i colleghi Schäuble abbia già concordato l’approccio da adottare. Il Ministero delle finanze, infatti, ha ideato una strategia per affrontare gli imminenti negoziati di uscita.

In base alle informazioni contenute in un documento strategico confidenziale redatto da un team di funzionari del Ministero delle finanze chiamato “Task Force – Brexit”, il governo federale ha intenzione di proporre “una trattativa di abbandono costruttiva”. Secondo il rapporto, chiamato “Strategia tedesca in caso di Brexit”, al termine dei negoziati il Regno Unito dovrà diventare a tutti gli effetti un “partner associato” dell’UE.

A detta dello staff di Schäuble si preannunciano “negoziati difficili”, in particolare per ciò che riguarda la fuoriuscita della Gran Bretagna dalla Banca Europea per gli Investimenti (BEI), il tema vincoli di bilancio UE, e la questione se Londra debba o meno rilevare la Presidenza del Consiglio europeo nel 2017. “Sarà dura”, è il commento che arriva da Berlino in vista dei futuri negoziati. Per la Germania non sarà il Ministero delle finanze a condurli ma il Ministero degli affari esteri.

L’uscita di uno Stato membro è prevista dall’articolo 50 del trattato sull’Unione Europea. Questo punto è stato introdotto solo nel 2009. Le basi sono state poste nel 2007 dal Trattato di Lisbona – per inciso solo su iniziativa degli inglesi. L’articolo prevede negoziati di uscita della durata di due anni, solo allora un Paese sarà tecnicamente fuori.

“Questo crea il tempo e la base per dei negoziati”, si legge nel documento dello staff di Schäuble. E, se necessario, la trattativa potrebbe essere estesa. “Dopodiché si punterà a uno status di associazione per il Regno Unito”, propongono i funzionari del ministro.

La UE dovrebbe creare un precedente?

Allo stesso tempo non si possono concedere eccessivi benefici alla Gran Bretagna.

A detta del documento, non ci possono essere “automaticità nell’accesso al mercato unico europeo”. In caso contrario altri Stati dell’UE finirebbero per seguire lo stesso percorso del Regno Unito.

Quello che teme il governo federale è “una tendenza di emulazione” da parte di Paesi come Francia, Paesi Bassi, Austria, Finlandia e Ungheria. “La gestione del caso del Regno Unito sarà cruciale nel determinare le reazioni degli altri Stati”.

Pare in ogni caso che il ministro Schäuble non abbia ancora messo la firma definitiva sul documento.

Il Ministero delle Finanze sta tentando quindi di percorrere una sorta di “via di mezzo” in merito alla questione fondamentale, ovvero se si debba creare un precedente per impedire ad altri Paesi di abbandonare l’Unione Europea. O se, nonostante tutto, si debba legare l’isola all’Unione, al fine di mantenere il danno economico al minimo e, forse, anche di convincere gli inglesi dell’idea di un’Europa unita.

Fuori vuol dire fuori – o no?

Queste due differenti scuole di pensiero esistono anche all’interno della grande coalizione di governo. Alcuni sono del parere che fuori debba significare davvero fuori. Soprattutto all’interno della frazione CDU/CSU prevale la percezione che la UE non debba concedere condizioni speciali al Regno Unito. Al contrario, l’isola dovrebbe essere trattata come qualsiasi altro Paese al di fuori della UE. In caso contrario altri Stati pretenderebbero concessioni speciali utilizzando la minaccia di referendum. Sarebbe la fine dell’Unione Europea.

L’altra scuola di pensiero, rappresentata principalmente dall’SPD, presuppone che entrambe le parti comprendano qual è la posta economica in gioco: l’Unione Europea perde quasi il 20 per cento della propria potenza economica, il Regno Unito l’accesso al mercato unico europeo. In caso di un divorzio difficile le economie del continente e dell’isola soffrirebbero inutilmente e affonderebbero in un teso conflitto politico .

Per queste ragioni l’Unione Europea non dovrebbe demolire tutti i ponti con la Gran Bretagna, nonostante l’esito del voto. Si potrebbe ipotizzare un legame economico simile a quello attuale con la Norvegia. Anche il Paese scandinavo non è membro dell’UE per volontà popolare. Appartiene però allo spazio economico europeo, e gode di un “intenso” rapporto di libero scambio con l’Europa. Per far sì che questo mercato interno funzioni, i norvegesi devono tuttavia accettare quasi tutte le leggi europee, senza aver voce in capitolo a Bruxelles… [non è *esattamente* così: la Norvegia è libera di non implementare l’acquis communautaire, ad oggi ha fatto proprie il 21% delle leggi e il 28% delle direttive e regolamenti dell’Unione Europea; ha inoltre voce in capitolo in diversi programmi ed enti comunitari, ndVdE]

E’ chiaro che gli inglesi non accetteranno mai un accordo di questo tipo. In caso si consideri quest’opzione, i negoziati tra Londra e Bruxelles si preannunciano alquanto complicati. Una trattativa singhiozzante potrebbe comportare turbolenze sui mercati finanziari, una crescita più debole del Regno Unito “capace di influire così negativamente sugli altri Paesi che non sarebbe neanche necessaria la linea dura”, dice un alto funzionario del governo federale.

 Steinmeier chiama a raccolta i membri fondatori dell’Unione Europea

Il Ministro degli affari esteri Frank-Walter Steinmeier (SPD) si incontrerà sabato con gli altri ministri degli esteri dei cinque paesi fondatori dell’UE – Francia, Italia, Belgio. Lussemburgo e Paesi Bassi – per consultarsi sulla delicata situazione. Durante la riunione Steinmeier discuterà insieme ai colleghi se l’Unione Europea nella sua interezza, o solo parti di essa, debbano accelerare il processo di integrazione. L’SPD propende per questa ipotesi, mentre valuta negativamente l’ipotesi di “un periodo di riflessione”. In questo caso si lascerebbe solamente campo agli avversari della UE.

All’intero dell’Unione Cristiano-Democratica è diffusa invece l’opinione che con ulteriori pretese d’integrazione si rischierebbe di provocare altri referendum nei Paesi membri, rafforzando così le destre populiste, i partiti anti-europei come AFD e il Fronte Nazionale in Francia. “Se tentassimo di spingere subito per velocizzare l’integrazione, gli elettori penserebbero che non abbiamo sentito il colpo”, ha dichiarato un membro di governo dell’Unione.

Anche il gabinetto di Schäuble evita di menzionare nuovi passi verso l’integrazione nel suo documento. Si potrebbe pensare a una soluzione di questo tipo solo se la UE ottenesse maggiore influenza nella politica fiscale, in modo da poter bocciare i bilanci degli Stati Membri che non rispettano i parametri stabiliti da Maastricht.

La stessa spaccatura osservabile tra Unione e SPD è presente tra i 6 Ministri degli esteri che si incontreranno sabato a Villa Borsig a Berlino. Da un lato ci sono i sostenitori di una rapida integrazione (Belgio e Lussemburgo), dall’altro gli scettici preoccupati per le eventuali conseguenze politiche all’interno delle loro nazioni (Paesi Bassi). La linea politica del Ministero degli Esteri tedesco è invece chiara:”Abbiamo bisogno di un segnale chiaro: non ci deve essere una rinazionalizzazione dell’Europa”.

In ogni caso, l’Unione europea proseguirà il proprio percorso d’integrazione per quanto concerne la politica migratoria e la gestione delle frontiere comunitarie.

Sarà interessante capire se i Ministri degli esteri discuteranno anche di denaro.

Con l’uscita del Regno Unito la UE perde il terzo maggiore contribuente netto. In questo modo, secondo le previsioni del gabinetto di Schäuble, il contributo tedesco rischia di dover aumentare di anno in anno.

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