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Brexit, la vittoria del neoliberismo o “tanto rumore per nulla”?

di Salvatore Palidda

Grazie alla Thatcher e poi a Blair il Regno Unito è stato il paese europeo in cui s’è sperimentata più in profondità la svolta liberista con amalgami o ibridazioni apparentemente singolari di “arretrato” e “postmoderno”, comprese eredità di destra e di sinistra. Il primo obiettivo liberista è stato e resta la permanente destrutturazione economica, sociale, culturale e quindi politica. Non solo perché divide et impera è da sempre la modalità vincente di ogni dominio, ma anche perché così si erodono o si cancellano le possibilità e le capacità di agire politico collettivo che negli anni 68-75 portarono alla conquista di diritti e di miglioramenti per lavoratori e studenti.

Non deve quindi stupire che i risultati del referendum scombinino tutte le carte tradizionali della lettura della realtà: per il Brexit hanno votato sia razzisti e “popolo” di destra sia quello di sinistra, sia nazionalisti che semplici qualunquisti, sia zone considerate l’“Inghilterra profonda” sia zone popolari alla periferia di Londra, sia operai che neo-ricchi, sia acculturati che “analfabeti di ritorno”. E, in parte, lo stesso è avvenuto per quelli che hanno votato per restare nell’UE: nazionalisti scozzesi e nord-irlandesi, tutto il mondo della finanza, a parte probabilmente qualcuno che ha scommesso sulla sorpresa inaspettata visto che tutti si sono fatti abbindolare da sondaggi fallaci ma super mediatizzati. Proprio il clamoroso fallimento dei sondaggi può essere considerato l’indicatore emblematico della profonda destrutturazione sociale.

I sondaggisti, infatti, costruiscono i loro campioni e algoritmi per le ipotesi di oscillazioni secondo criteri, categorie e parametri che non sono mai al passo con i cambiamenti continui di una società fortemente soggetta alla segmentazione instabile e discontinua, propria dell’andamento liberista dell’economia che si riflette anche nelle rappresentazioni culturali e nei comportamenti sociali e politici.

In altri termini, la vittoria del Brexit è il trionfo di una “frattura sociale” e politica permanente (in parte lo stesso avviene un po’ in tutti i paesi). La vittoria della grande illusione liberista è voler fare del Regno Unito sempre più un grande paradiso fiscale, un paese dove non si vogliono immigrati con diritti, a parte la cosiddetta “immigrazione scelta”, il che immancabilmente equivale a volere immigrati clandestini cioè schiavizzabili come appunto i tredici milioni negli Stati Uniti o i circa 300 o 400 mila in Italia, risorsa eccezionale per le economie sommerse e semi-sommerse. E’ evidente, infatti, che nessun paese ricco può sopravvivere senza il lavoro di quasi neo-schiavi, di inferiorizzati a cui si danno i salari più miserabili, i lavori più pesanti e più nocivi e che si possono eliminare tout court senza alcuna ambascia come “eccedente umano” (o waste life). Una manodopera, questa, essenziale per il “gioco del ricatto incrociato”: al clandestino si danno 2 euro l’ora, all’immigrato regolare 4, all’autoctono 6 o anche 8; chi si lamenta sa che lascia il posto a chi sta in fila ad aspettare.

Il funzionamento di questo dispositivo passa grazie a un certo consenso sociale e la connivenza se non il coinvolgimento/corruzione di ispettori del lavoro, ispettori Asl, polizia, alcuni dell’ente locale. Questa è la prassi abituale in tanti luoghi degli Stati Uniti, d’Italia e di altri paesi, cioè la legittimazione di illegalismi tollerati e di quelli bollati come intollerabili. Ma la vittoria del Brexit provoca un altro fallimento: tanti sono gli inglesi che svolgono attività che necessariamente hanno bisogno del libero mercato europeo. Può esistere una città come Londra senza stranieri ? Tanti operatori economici stranieri e anche semplici immigrati e inglesi che lavorano a stretto rapporto grazie al mercato libero europeo non potranno accettare misure autarchiche. E se Londra punterà a diventare città-stato che ne resta del Regno Unito? Le schermaglie sono già all’opera. Johnson e tanto meno Farage difficilmente possono ricevere l’incarico di formare il nuovo governo. Il successo della Vandea inglese non può portare all’autarchia; nell’attuale congiuntura del liberismo globalizzato è la city che decide il futuro. E’ allora probabile che il Brexit finirà per ridursi a nulla o al massimo ad accordi con l’UE simili a quelli con il Canada e gli Stati Uniti. Insomma nulla esclude che tutto finisca in “tanto rumore per nulla”.

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