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Barroso, da Bruxelles a Goldman

di Carlo Musilli

Si può lavorare per 10 anni da controllore e poi, con una piroetta degna del Bol'šoj, passare dalla parte del controllato? Sì, a quanto pare la legge lo consente. Perciò Josè Manuel Barroso, che dal 2004 al 2014 è stato presidente della Commissione europea, oggi è più che lieto di accettare l’offerta di lavoro arrivata da Goldman Sachs, di cui diventerà consulente per la gestione della Brexit e presidente non esecutivo della divisione con sede a Londra. Come biasimarlo? I Golia di Wall Street pagano meglio dei contribuenti.

Eppure, il caso ha suscitato un tale clamore che la settimana scorsa più di cinquanta deputati europei hanno sottoscritto una lettera indirizzata al mediatore europeo Emily O’Reilly per contestare la nomina accettata dal portoghese. “Considerando il ruolo centrale della Commissione nel gestire le conseguenze della crisi economica e finanziaria a livello europeo - si legge nel testo - chiediamo al Mediatore europeo di valutare se la nomina dell’ex Presidente della Commissione europea José Manuel Barroso a Presidente non esecutivo della Goldman Sachs International possa rappresentare una violazione del dovere di onestà e discrezione”.

In realtà, O’Reilly si era già espressa sulla questione il 12 luglio, chiedendo alla Commissione europea di rivedere il codice di condotta per specificare come debbano comportarsi gli ex commissari e introdurre delle sanzioni per chi viola le norme.

Ma non è finita: “Allo stesso tempo - prosegue la lettera - chiediamo di valutare se la risposta data dall’attuale Commissione a tale nomina possa costituire una violazione dell’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (obbligo per l’amministrazione di motivare le proprie decisioni)”. Fin a questo momento, infatti, l’Esecutivo comunitario (che insieme al Consiglio Ue è l’unica istituzione ad avere il potere di revocare la pensione europea a Barroso) si è limitato a prendere atto della scelta del portoghese. E l’attuale presidente ha detto, per bocca del suo portavoce, che non intende “né commentare, né dare giudizi”.

A Parigi, però, non la pensano allo stesso modo: “Barroso fa il gioco degli anti-europeisti - ha accusato il sottosegretario francese agli affari europei, Harlem Desir - lo invito solennemente a rinunciare a questo incarico, particolarmente scandaloso tenuto conto del ruolo avuto da questa banca nella crisi finanziaria del 2008, ma anche con riferimento ai conti truccati dei bilanci pubblici della Grecia. Moralmente, politicamente e deontologicamente sarebbe un errore da parte di Barroso, il peggiore servizio che un ex presidente di un’istituzione europea potrebbe rendere al progetto europeo, in un momento storico in cui, al contrario, esso ha bisogno di essere sostenuto, affiancato e rafforzato”.

Per essere più incisivo di O’Reilly, Desir ha chiesto esplicitamente a Bruxelles d’inasprire il codice di comportamento, in base al quale oggi gli ex commissari devono ottenere da Bruxelles un’autorizzazione per lavorare in gruppi privati nei 18 mesi successivi alla fine del loro mandato: “È necessario allungare la durata del divieto - ha tuonato il francese - ampliare le incompatibilità e rafforzare i controlli”.

Insomma, le reazioni di sdegno non sono mancate, ma in realtà il tuffo carpiato di Barroso non ha lasciato nessuno a bocca aperta. Gli incesti fra politica e finanza sono più comuni dei cavoletti a Bruxelles. Un’abitudine. D’altra parte, alzare le spalle e pensare “così va il mondo” è da sudditi rassegnati, ma anche dare giudizi morali risulta facile quanto inutile. Potrebbe forse essere più produttivo affrontare la questione delle porte girevoli in termini di credibilità.

Il ragionamento è semplice, lineare. Se per 10 anni sei stato a capo dell’istituzione che aveva il compito di far rispettare le regole, ma poi ti sposti in una banca che ha avuto un ruolo centrale nel causare la crisi del 2008 con la truffa dei subprime, fai nascere dei seri dubbi sul modo in cui hai svolto il tuo primo incarico. “Chissà con quale integrità e trasparenza avrà guidato la Commissione?”, ad esempio. Oppure: “Dopo lo scoppio della crisi, quanti sforzi avrà compiuto Barroso per aumentare i controlli sul sistema finanziario, riducendo i margini di manovra delle banche nell’interesse della giustizia sociale?”. Ecco, l’assunzione in Goldman Sachs suggerisce risposte abbastanza chiare.

Ma l’aspetto ancora più grave è che il triplo axel di Barroso getta discredito anche sull’istituzione che ha rappresentato, peraltro in uno dei momenti di massima impopolarità che l’Ue abbia mai conosciuto. Ne riduce ulteriormente la credibilità, appunto, mettendo a rischio la già scarsa fiducia di cui gli organismi comunitari ancora godono. Certo, non è che dopo di lui sia iniziata una festa: il successore di Barroso alla guida della Commissione è pur sempre Jean Claude Juncker, ex primo ministro del Lussemburgo negli anni in cui il suo Paese stringeva accordi fiscali segreti con centinaia di aziende europee. Chissà quale contratto stanno preparando per lui.

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