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inchiesta

Gli enigmi dei terremoti

Bruno Giorgini

A fronte dell’ennesimo terremoto rovinoso con interi paesi distrutti, nonchè mortale per centinaia di persone, si apre la solita diatriba sulla possibilità di previsione del scisma. Se non con certezza almeno con una ragionevole probabilità che l’evento avvenga, o meno. Oggi, quando scopriamo un pianeta gemello della terra a quattro (4) anni luce da noi– ricordo che la luce viaggia a 300.000 km al secondo, calcolate voi quanto valgono in metri – nell’orbita di Proxima Centauri, col telescopio dell’ESO (European Southern Observatory), e altri molto più lontani ne abbiamo trovati attraverso la missione Kepler, il telescopio spaziale della NASA (National American Space Agency), e questo in un Universo osservabile che conta più o meno 100 miliardi di galassie, mentre nella sola Via Lattea ci sono all’incirca 200 miliardi di stelle, ebbene può sembrare poco comprensibile se non incongruo che non si riescano a mettere in campo gli strumenti pratici e teorici per prevedere, seppure con una qualche approssimazione, quando il terremoto sta arrivando. In fondo il terremoto è un fenomeno che avviene nella nostra piccola terra, e per giunta ce ne sono parecchi in giro per il mondo e nella storia dell’umanità che abbiamo potuto osservare, studiare, modellare eppure continuano a rimanere imprevedibili, o , in forma più debole, molto poco prevedibili.

Per l’intanto noi molto poco  conosciamo sull’interno della terra, e più si scende in profondità meno sappiamo, anche la stessa descrizione morfologica è assai approssimativa. Inoltre siamo molto lontani dalla capacità di scrivere una dinamica esatta per i movimenti dei vari strati e componenti il nostro pianeta sotto la superficie, con le relative interazioni. Per di più dentro la terra ogni fenomeno che avviene in un punto influenza più o meno tutto il sistema, rendendo quindi molto difficile confinare gli eventi dinamici in un volume limitato. Ma una cosa sappiamo, che si tratta comunque di fenomeni non lineari, ovvero dove piccole cause possono generare grandi effetti – il sassolino che rotolando provoca una enorme frana, la goccia che fa traboccare il vaso, il granello di sabbia che provoca lo smottamento del grande mucchio di sabbia, la farfalla che battendo le ali in Brasile provoca un uragano sulle coste degli USA,ecc.. – il che limita evidentemente molto la nostra potenza predittiva. Non solo, ma noi non possediamo una matematica che ci permetta di risolvere esattamente le equazioni non lineari, seppure fossimo in grado di scriverle. Per cui dobbiamo contentarci di modelli algoritmici che poi implementiamo su calcolatore, che per definizione darà sempre risultati approssimati.

Il secondo punto dolente si chiama fratture, la teoria delle fratture. Non c’è bisogno di spiegare che i terremoti sono fenomeni di frattura/e – la faglia è una frattura. Se quindi noi avessimo una buona e completa teoria delle fratture potremmo avanzare nella costruzione di modelli di terremoti non puramente euristici – fatti ad hoc, volta a volta dopo l’evento sismico – ma con una fondazione scientifica più generale, ovvero applicabile a una serie di terremoti del passato, ma anche del futuro, il che se non è una previsione diretta del singolo fenomeno, ci va abbastanza vicino. Ma le fratture per ora appaiono quasi indomabili. Per esempio se prendete due pezzi dello stesso materiale con la stessa geometria – per dire: due quadrati delle stesse dimensioni e della stessa sostanza – e fate due piccole fratture eguali nell’uno e nell’altro, due incisioni negli stessi punti, ebbene la due fratture si propagheranno nello spazio e nel tempo in modi molto diversi. L’una potrà andare a zigzag, l’altra quasi rettilinea, l’una restare in quiete per un lungo tempo, l’altra scattare come fosse morsa dalla tarantola e svilupparsi velocissima, ecc..certamente esistendo anche la soluzione secondo cui le due fratture evolvono d’amore e d’accordo, ma in mezzo a una miriade di altre valla a trovare verificandosi molte poche volte. Ovvero nonostante le condizioni iniziali assai simili, i due comportamenti saranno spesso molto diversi, e non ripetibili. Così nessuna previsione deterministica è possibile. Se volete avere una qualche evidenza potete di persona provare con uno spaghetto che incurverete tenendolo per gli estremi fino alla/e frattura/e,  divertendovi a vedere in quanti segmenti si rompe e dove. La frattura è insomma un fenomeno con un alto grado di complessità che spesso ci sorprende con soluzioni impreviste e imprevedibili.

Ma allora allo stato non c’è proprio nulla da fare? I terremoti continueranno a arrivarci tra capo e collo in modo improvviso e del tutto inaspettato?

Non è proprio così perchè noi possiamo tenere conto dello storico, come si suol dire, ovvero degli eventi passati e su questa base fare una statistica che inferisca anche il futuro con un certo grado di probabilità. Per esempio ci informa l’ Ingv (Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia) che in Italia i terremoti cospicui arrivano ogni quattro cinque anni. E l’ultimo ci sta dentro in pieno. Per la zona interessata poi già i Romani scrivevano che “le case crollano per i frequenti terremoti” (Tacito, citato da Mario Tozzi, La Stampa del 25 agosto). Inoltre sappiamo che è in atto un fenomeno di abbassamento degli Appennini, e questo comporta certamente tensioni della crosta terrestre a varie profondità, che possono produrre fratture della stessa.

Ora se si guarda il sistema statistico dei terremoti in Italia con la relativa carta del rischio , si fa presto a capire che, in attesa della potenza predittiva per il singolo evento che non è proprio dietro l’angolo, la soluzione è : imparare avivere col terremoto. Questo significa una ristrutturazione degli edifici in senso antisismico. Il terremoto del 24 non era catastrofico, la sua magnetudine essendo di 6.0 gradi sulla scala Richter – un terremoto medio – per capirci con un’energia che valeva la metà di quella sviluppata dal terremoto dell’Aquila (magnetudine 6.2, ma la scala è logaritmica). Se gli edifici fossero stati antisismici, i danni alle cose e alle persone sarebbero stati drasticamente ridotti.

Una ristrutturazione degli edifici, prima di tutto pubblici, scuole e ospedali, in senso antisismico si impone dal Nord al Sud dello stivale, questa sarebbe, è, la grande opera urgente e necessaria. Ma c’è da dubitare che, senza un movimento di massa agito dai cittadini, questa prospettiva diventi concreta. Dopo aver seppellitto i morti, e esaurita l’ondata retorica degli italiani brava gente, gli sfollati se la caveranno come potranno, parcheggiati un po’ qua un po’ là, alla meno peggio se va male, alla bell’e meglio se va bene, e chi s’è visto s’è visto, ricominciando con alte velocità e risibili ponti sullo stretto. Insomma il cuore del problema allo stato non è scientifico – se non nel senso di rendere tutti edotti dello stato dell’arte predittiva per quanto attiene i terremoti – ma politico, una politica dei cittadini magari arrabbiati, molto arrabbiati e consapevoli che la posta in gioco è la loro stessa vita, nonché lo stato di uno dei beni primari, cioè la casa, là dove si abita, e infine l’agglomerato sociale di appartenenza, sia il pese, sia un centro storico, sia un quartiere: tutto ciò che produce comunità e cittadinanza.

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