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M5s, Podemos, Alternative fur Deutschland, Front Nazional, Trump: ma che sta succedendo?

di Aldo Giannuli

Quando mi capita di parlare del M5s spesso constato un atteggiamento pregiudizialmente ostile che il più delle volte trapela da una malcelata speranza che il fenomeno duri poco, in modo da tornare al più presto alla “normalità”.

Non pensate che si tratti solo del piddino che spera nella morte del M5s in modo da restare senza sfidanti, o del leghista che spera di recuperare una parte dei voti persi all’epoca del Trota, ma anche del militante della sinistra (quella vera) che, del tutto irragionevolmente, pensa che il collasso dei 5 stelle gli spianerebbe praterie infinite. E la crisi romana (dove, innegabilmente, i 5 stesse stanno facendo gli straordinari quanto a fesserie) ha rilanciato questi umori: la Repubblica si spinge a parlare di “Caporetto” dei 5 stelle, ma forse dimenticando che dopo Caporetto venne Vittorio Veneto; Il Foglio dice che è inutile mettere mano alla legge elettorale per evitare la vittoria grillina, perché ci stanno pensando da soli a farsi fuori i grillini, con le contorsioni romane. Insomma “O Roma o Morte”, se il M5s fallisce a Roma è finito.

Il bello è che a questa balla hanno abboccato i 5 stelle che sono entrati nello psicodramma del crollo imminente se a Roma va male. Capiamoci: è ovvio che se a Roma facessero fiasco  (e vi confesso che non sono affatto ottimista, anche se spero il contrario) sarebbe una sconfitta politica di prima grandezza con prezzi politici pesanti, ma di qui al crollo totale ne corre. Diciamo che, probabilmente, sarebbe compromessa seriamente la vittoria alle politiche ma, se proprio debbo dirla tutta, io non sono convintissimo del fatto che il M5s possa andare al governo nelle prossime elezioni. Di fatto il M5s ce la fa se resta questa legge elettorale, ma sono pronto a scommettere che la rifaranno. Magari ne faranno una che stabilisce che i voti al Pd vanno contati due volte, o faranno la lista “tutti contro uno”, modificheranno la legge sui partiti in modo da escludere il M5s dalle elezioni o chissà che altro, ma che aspettino con le mani in mano di essere ruzzolati dalle loro poltrone non è cosa che si possa credere seriamente.

Tornando al ragionamento principale, perché non credo che il M5s sia un fenomeno transitorio o, addirittura, stia già crollando? Il punto è che non si tratta di un fenomeno italiano, ma di qualcosa che investe tutto l’Occidente o, quantomeno, Europa ed Usa. Il punto è che è in questione la legittimazione  dei sistemi di potere consolidati. Negli anni trenta in Usa ed Inghilterra e nel resto d’Europa dopo la fine della guerra, si affermò un modello di democrazia sociale, fondato sul compromesso socialdemocratico fra capitalismo ed organizzazioni del movimento operaio: pace sociale contro redistribuzione della ricchezza e stato assistenziale. Questo ordine è andato in frantumi man mano che è avanzata la controrivoluzione neo-liberista per affermare un nuovo ordinamento basato sul comando della finanza, la delocalizzazione industriale, la precarizzazione di massa, la distruzione del ceto medio, una concentrazione della ricchezza senza precedenti e una globalizzazione pensata in funzione del monopolarismo imperiale americano. Questo nuovo ordine ha celebrato il suo trionfo fra il 1989 ed il 1993, ma già 15 anni dopo è entrato in una crisi strutturale dalla quale non riesce a venir fuori.

Dopo otto anni di una crisi che ha distrutto risparmi, posti di lavoro, garanzie sociali, falcidiando salari e stipendi, si sta manifestando (per la verità già da tre-quattro anni) la rivolta delle classi subalterne e dei ceti medi che ritirano la delega ai partiti tradizionali di sistema (liberali, socialdemocratici, cattolici, conservatori ecc.) aggregandosi in nuove formazioni abbastanza improvvisate.

Come ho già scritto, l’impatto con l’arrivo delle ondate di migranti, ha provocato uno spostamento a destra della protesta tanto nell’Europa del Nord quanto negli Usa (dove stiamo rischiando l’elezione di Trump!), mentre nell’area mediterranea si manifestano movimenti più di sinistra.

Questo è un fenomeno strutturale che non torna indietro: le masse che si stanno spostando possono passare da una formazione antisistema ad un altro movimento simile o forse passare all’astensione, ma, in gran parte, non pensano affatto di rifluire nella gabbia del sistema dalla quale sono uscite. E questo vale anche per il M5s.

Sbaglia chi pensa che i suoi elettori stiano soffrendo chissà quale delusione: larga parte dei suoi elettori sa che il movimento non ha una classe dirigente e probabilmente farà una quantità di sciocchezze, ma accetta comunque di pagarne il prezzo pur di portare il sistema al crollo.

Ovviamente si mescolano umori contrastanti: in primo luogo la rivolta contro la casta (che è stupido ridurre solo ad antipolitica) e contro l’inaccettabile pressione fiscale. Poi c’è di tutto: da quelli che temono gli immigrati al sindacalismo radicale, da vegani e non violenti a frange fascistoidi, da pezzi di sinistra comunista a cattolici impegnati nel volontariato. Tutto ed il contrario di tutto. E questo magma attraverserà molte trasformazioni, diventerà cose diverse, ma non sparirà nel nulla, si rassegnino quelli che sognano l’ “heri dicebamus”: il buon tempo antico è finito.

Questo non vuol, dire che il M5s ha un futuro blindato, anzi, rischia seriamente l’osso del collo se continua a fare sciocchezze, ma rischierà seriamente solo quando emergerà un movimento antisistema concorrente che riesca a risultare più convincente ma, tanto sul fianco di destra quanto su quello di sinistra, per ora, non c’è nessun segno che lasci presagire una sfida del genere in tempi politicamente prevedibile.

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