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micromega

Chianciano: le sinistre antieuropee a convegno

di Carlo Formenti

Dal 16 al 18 settembre prossimi si svolgerà a Chianciano il Terzo Forum Internazionale No Euro, al quale parteciperanno esponenti e delegazioni di movimenti, sindacati, associazioni e partiti provenienti da Francia, Germania, Spagna, Grecia e Ucraina (oltre che ovviamente dall’Italia), uniti dalla convinzione che una sinistra degna di essere definita tale debba necessariamente impegnarsi nella lotta per la rottura di questa Europa (per notizie e informazioni sull’evento, consultare la pagina web). Nelle seguenti righe intendo spiegare perché ho accettato con entusiasmo di essere fra i relatori e i motivi per cui ritengo importante che il maggior numero possibile di amici e compagni partecipi all’evento.

È il momento di far capire a tutti che, fra l’aderire a formazioni di sinistra sedicenti radicali o antagoniste (non parlo qui di quelle socialdemocratiche, che considero avversari politici con cui non è più possibile dialogare) e il dichiararsi a favore della Ue (pur chiedendone la riforma) non può esservi compatibilità alcuna. In primo luogo, perché è ormai chiaro che la scelta di adottare una moneta unica per economie radicalmente diverse non è stato semplicemente un “errore” di politica economica, bensì un atto di dominio politico. La moneta non è mai neutrale, ma è uno strumento che serve a regolare i rapporti di forza fra nazioni, aree regionali, imprese e – soprattutto - classi sociali; nel caso in questione è servita a porre le basi per il dominio neocoloniale dell’imperialismo tedesco su periferie e semiperiferie continentali, oltre che a legittimare le politiche di austerità che hanno distrutto la capacità di resistenza delle classi subordinate. Poi perché non è affatto vero, come spesso sentiamo affermare anche da sinistra, che le contraddizioni della costruzione europea sono l’effetto di un processo di unificazione economica che ha trascurato l’unificazione istituzionale e politica, che non è riuscito a darsi una costituzione europea. Una costituzione europea esiste: coincide con quei trattati vincolanti nei confronti dei singoli stati aderenti che – come il Fiscal Compact – hanno sottratto a questi ultimi di qualsiasi autonomia decisionale e qualsiasi possibilità di opporsi ai diktat di BCE e Commissione, vale a dire di istituzioni oligarchiche prive di ogni legittimità democratica, istituzioni che hanno in varie occasioni manifestato la propria natura conservatrice, reazionaria e antipopolare. La politica europea non è affatto <<dominata dall’economia>>, al contrario: incarna quel progetto ordoliberista che è squisitamente politico, in quanto mira a costruire <<l’uomo nuovo>> di un ordine sociale in cui è negata ogni legittimità al conflitto di classe e alla rappresentanza degli interessi dei deboli.

L’attacco feroce alla democrazia e alle popolazioni della Grecia (un vero e proprio atto di oppressione neocoloniale); l’infame accordo sui migranti con il regime autoritario di Erdogan; i muri anti migranti costruiti nei Balcani e ora anche in Francia (a spregio dei principi della Grande Rivoluzione); l’appoggio al regime fascista di Kiev e alla guerra espansiva della Nato in Ucraina: questi eventi smentiscono l’affermazione secondo cui la Ue sarebbe uno strumento di stabilità e di pace nel Vecchio Continente: la Ue è invece uno strumento di guerra imperialista contro le masse migranti e le altre aree regionali non abbatte i confini ma li moltiplica. Il suo compito è garantire la libertà di movimento dei capitali negando la libertà di movimento delle persone, servendo gli interessi di un capitalismo globale che si fonda sul dominio dei flussi di capitali e merci nei confronti dei territori in cui devono restare confinate e sottomesse le classi subordinate. La Ue è irriformabile, e le sinistre che la difendono in nome dell’internazionalismo scambiano per internazionalismo proletario il cosmopolitismo borghese.

L’esito del referendum inglese sulla Brexit (come quelli di una lunga serie di precedenti referendum, sempre negativi per l’Europa) ha dimostrato oltre ogni ragionevole dubbio che le classi subordinate sono perfettamente consapevoli del fatto che questa Europa non fa il loro interesse e vogliono uscirne, aspirano a restituire ai Paesi in cui vivono la sovranità popolare e nazionale, per tornare padroni del proprio destino, per poter tornare a lottare e decidere democraticamente sui grandi temi della politica economica, della giustizia sociale, della distribuzione dei redditi, del Welfare, ecc. L’idiozia criminale delle sinistre ha fatto sì che queste aspirazioni siano state consegnate all’egemonia dei populismi di destra, al punto che agli occhi della gente oggi la sinistra appare come la paladina dei diritti individuali e di minoranze privilegiate mentre ignora gli interessi delle larghe masse degli esclusi, dei deboli e degli ultimi.

Il compito di costruire un’alternativa a questa situazione devastante è stato consegnato ai movimenti populisti di sinistra come Podemos, e a una galassia di minoranze i cui rappresentanti saranno dal 16 al 18 settembre prossimi a Chianciano, per riaffermare la necessità di costruire un blocco sociale e un fronte internazionale per la rottura della Ue, contro l’austerità, per la riconquista della sovranità popolare e nazionale, per l’uguaglianza e la giustizia sociali. In questo contesto si discuterà anche della costruzione di istituzioni popolari alternative per la democrazia diretta e partecipativa, e della costruzione di economie locali autosufficienti, aperte, al tempo stesso, al dialogo e all’interazione orizzontale reciproci, ma chiuse all’aggressione destabilizzante della finanza globale.

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Claudio
Thursday, 15 September 2016 15:32
E’ forse il caso di dire che pur di non affrontare i temi veri dell’essenza di classe del sistema capitalistico di produzione, tutte le idiozie vanno bene per offuscare ulteriormente i cervelli, per creare ad arte false illusioni ed un po’ più di confusione, della quale proprio ne sentivamo bisogno. A tale ingannevole scopo qui si agita il vessillo del “no euro e per l’impegno nella lotta per la rottura di questa Europa”, nell’articolo di Leonardo Paggi si brandisce quello dell’attacco al comune di Roma a guida M5S ed il problema della democrazia, come se in un sistema borghese questa non fosse quella di lor signori, e così via.
Che l’Ue, essendo una Unione fra stati imperialisti, che porta avanti la politica neoliberista della grande finanza globale, è un fatto incontrovertibile, che sia quindi nemica degli interessi delle classi deboli, è scontato, ma non possiamo nemmeno dimenticare che quelli che ora gli sbraitano contro, pochi decenni fa cercavano d’illudere dell’esatto contrario. Premesso ciò, crediamo forse che gli stati nazionali, ed in particolare quello italiano, siano forse più favorevoli agli interessi di tali classi sociali? Se si considera che in Italia la forbice tra i redditi delle classi borghesi e di quelle subordinate è fra i maggiori, se si considera il potere d’acquisto di salari e pensioni, proprio non si direbbe. Affermare poi che rompendo la Ue si “riconquista la sovranità popolare, l’uguaglianza e la giustizia sociali” sono autentiche menzogne degne dei peggiori nemici delle classi popolari.
Ma vediamo d’entrare più nel dettaglio delle questioni in esame. L’euro negli ultimi anni ha creato qualche problema ai paesi deboli e ha avvantaggiato quelli forti. Ciò è dovuto in gran parte a questi stessi paesi, dove la corruzione è ai massimi livelli e i governanti si guardano bene dal combattere, dal momento che sono tra quelli che se ne avvantaggiano, i capitalisti nostrani hanno sempre vissuto grazie alle sovvenzioni statali pagate innalzando la fiscalità generale che grava per l’80% su salari e pensioni, la politica dei sacrifici è stata fatta a senso unico, cioè sulla pelle delle classi più deboli, l’introduzione della moneta unica è stata fatta con un doppio cambio: rapporto 2000 £/1€ per salari e pensioni, rapporto 1000/1 per tutto il resto, doppio cambio a cui i governi degli altri paesi si sono ben presto adeguati, le remunerazioni dei vertici apicali e non delle varie burocrazie italiote viaggiano nell’ordine di due/tre volte quelli dei corrispondenti gradi degli altri paesi più sviluppati, cioè di Usa, Germania, paesi nordici, ecc., questo a cominciare da quello del Presidente della Repubblica, del governatore della Banca d’Italia, della Rai, della Magistratura e così via, le quali categorie, tra l’atro, continuano a beneficiare delle pensioni d’oro. Se si considera l’euro, non si può non tenere conto che fino allo scoppio della crisi del 2008, ma anche dopo, la moneta unica ha portato molti benefici ai paesi detentori, come un bassissimo tasso di sconto che ha favorito debito pubblico, mutui ed investimenti, un bassissimo prezzo delle materie prime e di quelle energetiche, che hanno dato maggiore competitività all’economia dei paesi europei in generale e quelli più deboli in particolare, la moneta forte ha mantenuto bassi i prezzi dei generi di consumo, contribuendo così a salvaguardare almeno in parte il potere d’acquisto di salari e pensioni, attaccati dagli uomini del governo nazionale e locali per salvaguardare i propri privilegi. Insomma, superare la moneta comune non solo non risolve nessun problema ma se ne creano dei nuovi, a cominciare dalla necessità di dover sempre tradurre i valori delle merci dalla moneta nazionale in quelli corrispondenti di tutte le altre monete, quindi, maggiori spese burocratiche, e come si sa, più spese uguale a minore competitività. Ma anche se si guarda alla sporca politica imperialista che fa la Ue, non è che essa viene dettata da un’entità esterna ed autonoma, è quella che decidono, quasi sempre all’unanimità, l’insieme dei rappresentanti dei governi nazionali che la compongono, quindi, prendersela con la Ue e non con i governi nazionali che la decidono è un modo criminale di travisare la sostanza delle cose.
Tanti di questi signori anti-euro si rifanno al concetto di potere così attuare svalutazioni competitive per dare maggiore competitività alle industrie nazionali. A parte il fatto che l’Italia, con o nonostante l’euro, era ed è rimasta il secondo paese esportatore d’Europa, quindi non proprio male, direi, essi non dicono mai quali classi sociali pagherebbero tale politica di svalutazione delle monete nazionali, in quanto è molto chiaro che con una moneta più debole tutti i prodotti ed i servizi verrebbero a costare molto di più, ed i salari e le pensioni avrebbero un potere d’acquisto proporzionalmente inferiore. Inoltre ci sarebbe nuovamente il pericolo, se non proprio una certezza, di un nuovo doppio cambio, il che è tutto dire. Ditemi voi, pertanto, se i giovani, i proletari, i lavoratori, i pensionati e le classi deboli tutte, possono avere qualche interesse a seguire questa masnada al servizio delle borghesie delle proprie nazioni.
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