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ilponte

Cialtroniadi

di Mario Monforte

Grande bagarre sul diniego, ora ufficiale, espresso dalla Raggi alla richiesta di tenere le prossime Olimpiadi a Roma, e accresciuta campagna (politica e mediatica) contro la Raggi, la maggioranza 5S nella «città eterna» e contro il M5S. E il presidente del C.o.n.i. annuncia ricorso tribunalizio, e il ministro Delrio, rattristato, “spera si faccia il referendum” in merito, e piddini in testa, con gran parte dei politici, attaccano, tanto che neanche Di Pietro se ne è voluto esimere e Renzi dichiara “la questione è chiusa, ma i 5S hanno dimostrato di non saper fare bene le cose”, cioè senza cadere in corruzioni e tangenti.

Le critiche sono tanto strumentali e proterve, da veri e propri cialtroni, da essere quasi divertenti:

1) poiché le giunte precedenti (comprese quella di Marino e della gestione Tronca) hanno detto «sí» e sono arrivati € 35 milioni, di cui 10 già spesi dal C.o.n.i. (per far che?), c’è un danno erariale dunque: poiché si sono impegnati (= buttati) diversi soldi, bisogna … continuare a spenderli (= sprecarli, da milioni a miliardi), cioè con la stessa dissennata motivazione delle «grandi opere», che invece sono, in sé, un danno erariale (= spreco di surplus sociale rastrellato dallo Stato tramite le imposte) e inoltre ambientale, spaziale, sociale, pro-malaffare, etc.

 2) Temendo corruzione e tangenti, etc., per i lavori pro-olimpiadi, va dimostrato che si possono fare in piena trasparenza e legalità dunque: lo si potrebbe fare con questa massa di soldi e le regole che costringono agli appalti, alle loro (note) scie di sub-appalti e sub-sub-appalti, e (note) “diramazioni”, e cosí via? E nel soffocamento farraginoso di conduzione e controllo da parte del Comune.

3) Si perdono € 8 miliardi di investimenti e posti di lavoro dunque: si lodano questo ulteriore spreco inutile di soldi «pubblici» (=sempre surplus sociale rastrellato dallo Stato) in lavori specifici, che poi non serviranno a niente, e occupazioni a tempo, destinate poi a chiudersi; e non potrebbero essere investiti in qualcosa di piú necessario o comunque stabilmente e socialmente utile?

Nessuno di tali “illuminati critici” (tutti esprimenti a interessi politici e/o connessi a cordate di interessi, C.o.n.i. compreso) rileva che: a) il Comune di Roma ha un “buco” (ereditato) di (pare) € 14 miliardi, per cui altre spese per le Olimpiadi (in parte ricadrebbero necessariamente sul Comune stesso) sarebbero dissennate; b) lo spazio urbano e interurbano di Roma è già impestato, devastato, sconvolto, dalla cementificazione, per cui aggiungerne altra sarebbe un’operazione dissennata; c) la Raggi & M5S avevano già ben esposto in campagna elettorale il «no» alle Olimpiadi, per cui sarebbe dissennato negare parte del programma su cui hanno ricevuto il consenso di 750.000 elettori.

La decisione della Raggi e M5S del «no» alle Olimpiadi è del tutto sensata, e va apprezzata – e le critiche in proposito vanno avversate, e disprezzate, come chi le esprime, e i partiti o associazioni di sua appartenenza: se si facessero le Olimpiadi dei cialtroni, le Cialtroniadi, se non è certo che il nostro paese potrebbe vincere nelle varie “specialità” (anche all’estero i cialtroni non mancano), sicuramente potrebbe partecipare con buone chances di portare a casa parecchi oro, argento e bronzo.

Al di là di tutto ciò, va comunque rilevato che I) le Olimpiadi attuali non hanno niente a che fare con quelle di quando furono create, e nemmeno con la loro prima riproposizione nel modo moderno, dati gli enormi interessi (politico-statuali, economico-capitalistici, propagandistico-mediatici) che le comprendono, e dati gli atleti quasi tutti “di mestiere” (pur non presentati come tali) e nella gran parte “dopati” (magari in maniera non sempre rilevabile) e questo è un altro discorso, su cui sarebbe utile tornare. II) Roma e conurbazione, con numero di abitanti superiore a uno Stato come la Danimarca, in piú devastata da decenni, da sempre, e con tutte le sedi centrali dello Stato, e con la presenza di uno Stato estero (il Vaticano), e con le ambasciate estere, è una pretesa “problematica” che possa essere gestita, pur con tutta l’articolazione nelle (peraltro enormi) municipalità, da un Comune (senza far ricorso, invece, ad altre e articolate forme di autogestione e autogoverno) e anche questo è un altro discorso, su cui occorrerà tornare, e con precisione

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