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linterferenza

Resistenza del popolo curdo siriano: solidarietà ma anche critica

Antonello Boassa

La manifestazione di Roma contro l’aggressione del regime turco e per la liberazione di Ocalan ha avuto una buona partecipazione di militanti, il che dimostra l’attenzione e la passione con cui in Italia viene “sentita” la tenace lotta di resistenza del popolo curdo siriano innanzitutto contro la Turchia e lo stato islamico.

Credo che sia doveroso evidenziare la giusta esigenza di riscatto che tutti i popoli curdi, frammentati in quattro stati (Turchia, Siria, Iraq, Iran) dall’accordo Sikes-Picot tra Gran Bretagna e Francia, stanno manifestando nelle diverse aree territoriali.

Ma come non ci esimiamo dal sottolineare che il Kurdistan iracheno è una soluzione negativa in quanto governato da una cosca di oligarchi malfattori che ha come guida il corrotto Barzani che traffica con il sultano Erdogan in contrabbando di petrolio estorto all’Iraq (grazie alla collaborazione con lo stato islamico), non ci possiamo esimere dal contestare le attuali mosse politiche dei Curdo siriani in contrasto con la concezione federalista ipotizzata da Ocalan non solo in Siria ma anche in Turchia, in Iraq e nello stesso Iran dove la repressione è senza tregua.

Ocalan aveva giustamente compreso l’inutilità della creazione di un altro stato nel medioriente che avrebbe comportato lotte sanguinose che a loro volta avrebbero generato guerre infinite e destabilizzazione a favore dei processi di colonizzazione da parte degli States, dell’Unione europea e di Israele. L'”utopia” realistica di Abdullah Ocalan, la sua visione di un Medioriente pacificato dalla convivenza delle etnie e delle religioni e dalla parità di genere, in un contesto di confederalismo democratico da allargare alla stessa Palestina. è un’utopia pericolosissima per la barbarie dell’Occidente democratico e dei suoi agenti locali. Un individuo così doveva essere non solo arrestato ma segregato in un’isola prigione a conforto dell’imperialismo occidentale.

Mi pare di poter dire con non poco rammarico che i Curdo siriani stiano deragliando rispetto all'”utopia” di Ocalan che io credo l’unica praticabile per un Medioriente ( e per un vicino Oriente) democratico e indipendente.

L’ avvicinamento politico agli States non è un semplice strumento di realpolitik1, un accorgimento tattico. Credo purtroppo che sia una scelta strategica. Gli States, infatti, qualora non riescano nella creazione di un califfato in Siria (reso attualmente impraticabile dalla disturbante presenza russa) puntano alla spartizione del territorio siriano. Mentre sarebbe stata sovversiva l’idea di una Siria con un regime democratico confederale, uno stato curdo di piccole dimensioni territoriali sarebbe facile da egemonizzare sul piano finanziario e militare, sopratutto ora con l’insediamento in loco di due basi militari.

I dirigenti politici curdi sono consapevoli che avere un alleato di un tale spessore diplomatico (e militare) faciliterebbe al Tavolo della Pace la proposta di uno stato curdo sulle aree sotto controllo militare (e ciò spiegherebbe le aggressioni ipotetiche ai cristiani2) e lo scontro armato con l’esercito siriano ma anche la necessità imperiosa della penetrazione turca in territorio siriano per non permettere alla resistenza curda di congiungere le aree curde e per impedire perciò l’unificazione territoriale).

Se si creasse uno stato curdo grazie alla preponderanza diplomatica degli Usa, il destino neocoloniale del popolo curdo siriano sarebbe segnato come allo stato attuale lo è quello curdo iracheno.

Ma se si vuole riflettere seriamente sul cambio di marcia del PYD è necessario porre sul tappeto il contesto geopolitico all’interno del quale è avvenuto. Innanzitutto la mancanza di lungimiranza di Assad e del suo governo incapace di proporre un’alleanza reale e con essa la concessione almeno di una forte autonomia regionale. Concessione che sarebbe avvenuta obtorto collo ma resa indispensabile dato l’accerchiamento da parte dei jihadisti e da parte delle potenze nemiche. Concessione che avrebbe impedito un eventuale cambio di rotta del PYD.

Non va trascurato inoltre che l’aiuto da parte dell’Iran non sarebbe probabilmente arrivato con un’alleanza dello stato siriano con i Curdi, data la feroce repressione esercitata dallo stato iraniano contro i Curdi iraniani, il che non può non aver influenzato le scelte di Assad.

Infine Putin e la Federazione russa che non hanno posto ad Assad come condizione preliminare per il sostegno militare (che è risultato decisivo) l’alleanza con i Curdi, e che non sono stati capaci di tenere a freno Erdogan che ha potuto così invadere la Siria aggredendo in modo criminale il Rojava e consegnando forse definitivamente i destini del popolo curdo all’impero americano.

Che il Medioriente sia un guazzabuglio e che le alleanze siano “a geometria variabile”3 è a tutti noto ed è proprio per questo che da parte dei militanti è doveroso non aggiungere confusione a confusione4 purtroppo portata avanti in questi tempi non solo dai mediocri scribacchini del potere ma anche da giornalisti rigorosi che pongono le rivendicazioni di uno stato curdo e della democrazia confederale come fossero accumunabili. Lo sono in teoria ma non nella realtà geopolitica del Medioriente. Allo stato attuale sono rivendicazioni antagoniste. La confederazione democratica all’interno dei confini della Siria non è un progetto istituzionale valido solo per i Curdi siriani ma lo è per tutto il popolo siriano e in prospettiva per il Medio e per il vicino Oriente ed è quindi un progetto ambizioso di riscatto e di uguaglianza sociale. La rivendicazione di uno stato tra forze ostili e sotto il protettorato statunitense “può” garantire la conquista di diritti civili finora repressi ma non certo l’uguaglianza sociale e l’indipendenza.

Opportuno perciò che i Curdofili e i proAssad abbandonino il meccanicismo che tanti danni ha sempre fatto nel movimento operaio e progressista e abbraccino finalmente il pensiero dialettico che si rende indispensabile soprattutto davanti a matasse apparentemente inestricabili.


NOTE
1) Non mi sembra adeguata su questo punto la nota di Alessandro Avvisato”Migliaia in piazza con la resistenza del popolo curdo”in Contropiano 25/9/2016, tra l’altro autore di un ottimo articolo
2) secondo quanto riferito dall’arcivescovo siro cattolico Jacques Benhan Hindo all’agenzia Fides, nella città nord orientale di Hassaké vi sarebbero stati dei soprusi da parte delle forze curde miranti-a suo dire- ad espellere dalla città la popolazione residuale di fede cristiana. Vedi “Sponda sud news”, 20/9/2016. Prendo per buona tale informazione. Certo bisogna stare attenti alle bufale che ci arrivano a valanghe anche da Ong accreditate presso il grande pubblico come “Medici senza frontiere” ed Amnesty international, per non parlare dei fotografi specializzati nelle contraffazioni e dei giornalisti prezzolati pronti a sparare a tempo debito contro Russia ed esercito siriano. Vedi oggi l’ambasciatore Power “Invece di cercare la pace Mosca e Damasco fanno la guerra”
3) l’espressione “a geometria variabile” è ormai di uso comune, ritrovabile spesso negli articoli di “Contropiano”
4) Mi sembra che non ci sia la giusta chiarezza in giornalisti che stimo come per esempio Fabio Marcelli e Alessandro Avvisato

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