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Monte Paschi e J. P. Morgan: piatto ricco mi ci ficco!

di Leonardo Mazzei

Quell'«opaca vicenda bancaria»: la partita del Monte dei Paschi di Siena  nelle parole di Ferruccio de Bortoli 

Questo sito si è occupato con una discreta continuità della crisi delle banche italiane, ed in particolare della vicenda del Monte dei Paschi di Siena (Mps), che di questa crisi è l'emblema più evidente. In un articolo di inizio agosto (Mps: un "salvatore" di nome JP Morgan?), ipotizzavamo un'operazione a tutto vantaggio di uno dei più importanti avvoltoi della finanza predatoria mondiale: la banca d'affari americana JP Morgan.

Lunedì scorso, un pesante editoriale di Ferruccio de Bortoli sul Corriere della Sera ha fornito nuovi elementi su cui vale la pena di spendere qualche parola. Naturalmente il De Bortoli non è un'anima candida. Diciamo che nella partita tra le due sponde dell'Atlantico —entrambe liberiste ed oligarchiche— egli sta (all'opposto di Renzi) con quella europea piuttosto che con quella americana. Sta di fatto che collocandosi in questo modo, ed essendo da sempre del tutto interno ai poteri che contano, l'ex direttore del Corsera è di certo "persona informata dei fatti".

Conviene perciò citare i passaggi fondamentali del suo lungo articolo. Ma prima facciamo un passo indietro, a come concludevamo il nostro pezzo di due mesi fa:

«...Ma ancor di più ci dice il ruolo tuttofare degli uomini di JP Morgan. Chi scrive non può sapere come andranno a finire le cose, e quanto fin qui detto ci parla delle difficoltà dell'intera operazione. Tuttavia, ben sappiamo come nelle crisi qualcuno faccia affari. E come in genere il pesce grosso mangi quello piccolo. Il boccone Mps può contenere lische insidiose, ma alla fine potrebbe rivelarsi interessante per chi ha una strategia di lungo periodo e nel frattempo - avendo il coltello dalla parte del manico - potrà agire in modo da strappare tutte le migliori condizioni possibili.

Se andrà così avremo la conferma di quanto abbiamo detto più volte. Le politiche europee, mettendo in ginocchio l'economia di intere nazioni, preparano il terreno ad acquisizioni estere in tanti settori. Tra questi, quello bancario è certamente in prima fila.

Vedremo i prossimi sviluppi, ma è bene sapere da subito che il rischio di una chiusura del cerchio targata JP Morgan esiste, essendo di fatto la più probabile delle alternative al semplice fallimento dell'operazione messa in piedi».

Veniamo adesso al De Bortoli. Il quale ci informa subito —non smentito dai diretti interessati— che il 7 settembre scorso è stato direttamente il ministro Padoan, su incarico di Renzi, a licenziare con una telefonata l'amministratore delegato di Mps Fabrizio Viola, per sostituirlo immediatamente con Marco Morelli, un uomo di JP Morgan.

Ecco con chi lavora, ma forse potremmo dire per chi lavora, l'attuale governo. Leggiamo: 

«La forzatura è figlia di un accordo tra il governo e la banca americana JP Morgan del quale non sappiamo nulla. Renzi incontra a pranzo a palazzo Chigi il numero uno Jamie Dimon su sollecitazione di Claudio Costamagna, presente l’ex ministro Vittorio Grilli, oggi in Jp Morgan. Una delle più grandi banche d’investimento mondiali promette di impegnarsi nell’aumento di capitale di Siena, nella concessione di un finanziamento ponte (bridge financing) finalizzato alla successiva cartolarizzazione dei crediti in sofferenza (non performing loans). Agli americani Viola non piace, preferiscono Morelli che ha lavorato con loro. La Bce non gradisce la sostituzione».

A volte, quando si parla dei poteri oligarchici della grande finanza, si ha l'impressione di circoli oscuri, che si riuniscono in luoghi segretissimi, magari muniti di grembiulino massonico. E invece no! Lorsignori non ne hanno bisogno. Gli basta agire attraverso i normali circuiti del potere, dove finanza, economia e politica si fondono in tanti modi, anche attraverso il famoso meccanismo delle "porte girevoli" (vedi il caso di Grilli, ma ancor di più quello dell' "austero" —loro sono sempre "austeri"!— Padoan).

Ma qual è la posta in gioco dell'operazione Mps? Leggiamo ancora de Bortoli:

«Quali sono gli accordi allora? E qui la vicenda si complica. E si fa oscura. Al momento non risulterebbe firmato alcun contratto tra Mps e JP Morgan per il prestito e la cartolarizzazione. Particolare curioso. Solo un pre underwriting agreement, e solo per l’aumento di capitale: poco più di una stretta di mano. Il successo dell'aumento di capitale (5 miliardi) comporterebbe per JP Morgan una commissione del 4,75% che sia Tononi (presidente dimissionario di Mps, ndr)sia Viola hanno giudicata elevata».

Dunque, in mezzo a tante incertezze, un'unica cosa è sicura: mal che vada la banca americana incasserà solo per la commissione 237,5 milioni di euro. Niente male come antipasto, ma ovviamente il piatto più succulento sta altrove.

Dove, ce lo spiega de Bortoli:

«In sintesi, l'operazione è questa. Mps cede 9 miliardi di sofferenze nette su 28 lorde. Svalutandole in bilancio, prima della cessione, si crea un ammanco di capitale che va coperto. A fronte della cessione di 9 miliardi di sofferenze, Mps dovrebbe ottenere 7,6 miliardi, di cui 1,6 da Atlante e 5 da JP Morgan come prestito ponte per 18 mesi. Il prestito guidato da JP Morgan però sarebbe concesso con la garanzia di tutti i Non Performing Loans. Se qualcosa dovesse andare storto, la banca d'affari si prenderebbe tutti i 28 miliardi a un prezzo effettivo di 18 centesimi contro i 33 riconosciuti alla banca, di cui 27 pagati subito. Il margine di guadagno potenziale sarebbe elevatissimo. E Atlante, cui partecipano 69 istituzioni italiane, compresa la Cassa depositi e prestiti con i soldi del nostro risparmio postale, perderebbe tutto».

Capito i termini del risiko bancario in corso? Capite le condizioni capestro imposte dagli strozzini d'oltreoceano? Capito il ruolo degli amichetti italiani del Giglio Magico renziano, primo fra tutti la faccia tosta di Marco Carrai, quello dell'appartamento fiorentino del Bomba?

Ma soprattutto, capita la partita che sta giocando Renzi? Potrebbero essere più chiari gli interessi che rappresenta? E dunque quelli che lo sostengono?

E, ancora più importante, capita l'idea dell'Italia che questa combriccola ha in mente? L'idea è quella di un Paese colonizzato dalla grande finanza internazionale (americana in primo luogo), sempre meno industrializzato e dedito fondamentalmente al turismo ed alla buona cucina. A bassi prezzi, che lorsignori son pure taccagni.

Via dunque alle svendite. Quelle dei pezzi pregiati che restano nel sistema industriale, ma pure quella di un sistema bancario malmesso sì, ma accaparrabile a basso prezzo anche per le norme messe graziosamente lì dall'Unione bancaria europea, quella del bail-in innanzitutto.

Ecco, questo è il loro disegno. Quello di chi sta chiedendo un SÌ per poter continuare la svendita in santa pace, senza i fastidi dell'opposizione e della protesta sociale. Che tutti se ne ricordino il 4 dicembre. 

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