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micromega

Le elezioni Usa e la dittatura dei mercati

di Carlo Formenti

A mano a mano che la data delle elezioni presidenziali si avvicina, l’impegno dei media americani per garantire la vittoria di Hillary Clinton si fa spasmodico. Benché i sondaggi continuino a dare la campionessa delle lobby finanziarie in netto vantaggio, i suoi sostenitori (cioè tutti i poteri forti dell’establishment statunitense, nessuno escluso) non si fidano, perciò lavorano per eliminare qualsiasi rischio di un esito a sorpresa.

Il più solerte di tutti è, da tale punto di vista, il New York Times che ogni giorno dedica pagine e pagine ad attaccare il nemico pubblico numero uno, Donald Trump, e a incensare la Clinton e le sue virtù. Anche se, a volte, capita che un articolo vada “fuori linea”, come è successo a Nicholas Confessore e Susan Craig, i quali hanno svelato alcuni retroscena delle strettissime relazioni di interesse che legano la famiglia Clinton a Goldman Sachs (il colosso della finanza globale che è fra i maggiori responsabili del crac del 2007/2008 e che, grazie anche ai Clinton, non ha mai pagato il fio delle sue malefatte).

A parte queste gaffe, tuttavia, il quotidiano di New York non perde occasione di bombardare Trump e sostenere la sua avversaria. Una delle ultime “bombe” lanciate contro il magnate repubblicano porta la firma dell’esperto di economia Justin Wolfers il quale, analizzando l’andamento dei mercati finanziari durante l’ultimo dibattito presidenziale, ne deduce che i mercati hanno paura di un’eventuale vittoria di Trump e calcola che, in caso di una sua elezione, subirebbero perdite fino al 16%.

Non vi ricorda ciò che avevate sentito a proposito delle conseguenze catastrofiche che avrebbe avuto la Brexit (profezie clamorosamente smentite dai fatti)? O quanto leggiamo ogni giorno sui nostri giornali in merito agli effetti di un’eventuale vittoria del No nel referendum del 4 dicembre prossimo? A votare, oggi, sono i mercati, che anticipano – ed espropriano! – il voto dei cittadini attraverso campagne terroristiche gestite da un sistema informativo privo di qualsiasi autonomia (per tacere del pudore).

Il buffo è che spesso queste operazioni sembrano sortire effetti opposti a quelli desiderati. Nel caso americano, per esempio, i continui richiami alla “affidabilità” della Clinton agli occhi della grande finanza globale, pare stiano vanificando l’impegno di Bernie Sanders e Elizabeth Warren per “coprire a sinistra” la Clinton, nel tentativo di aiutarla a ottenere il sostegno degli elettori più giovani, i quali, viceversa, aborrono le lodi sul realismo della candidata democratica più di quanto schifino la impresentabilità politicamente scorretta del suo avversario.

Infatti, come lo stesso New York Times ammette, molti di loro sembrano orientarsi verso un voto per i due candidati alternativi (il libertario Gary Johnson e la verde Jill Stein) che, assieme, potrebbero ottenere il 15%, o verso l’astensionismo. Un sistema politico sempre più oligarchico, incapace di offrire altro se non l’alternativa fra un super ricco che ambisce il potere per diventare ancora più ricco, o almeno per difendere i propri interessi personali (non a caso Trump è stato accostato a Berlusconi), e una funzionaria del capitale che incarna gli interessi collettivi delle élite finanziarie, non può soddisfare le aspettative delle giovani generazioni sottoposte ai rigori di una crisi che ne ha falcidiato i redditi, le condizioni di vita e le aspettative di futuro. Sanders aveva regalato loro una speranza che si è infranta sugli scogli di un dispositivo elettorale costruito per evitare “sorprese”, vedremo se saranno capaci di trovare altre vie per rovesciare la dittatura dei mercati.

Comments

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Claudio
Wednesday, 19 October 2016 12:38
Parlare di elezioni americane, forse ancor più che parlare di tante altre, mi sembra tempo sprecato. Per quel poco che mi è toccato dover vedere nei vari Tg, mi hanno dato l'impressione di una grandissima schifezza che dimostra ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, che anche quella cosiddetta grande democrazia è soltanto un autentico bluff che prima verrà superata meglio sarà per il mondo intero.
In quanto alle conseguenze della Brexit, ritengo che sia ancora un po' presto trarre le sue conclusioni, dal momento che la sterlina da quel dì si è svalutata del 17% che, contrariamente a quanto credono tanti "sinistri" anti euro nostrani, non è un toccasana per il paese. Infatti, a quanto sembra, il governo è disposto ad elargire molti quattrini affinché le grandi banche non abbiano a lasciare il paese, in seguito a tale poco accorta decisione, come invece minacciano di voler fare nei prossimi mesi.
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