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"Senza sovranità popolare le nostre democrazie rischiano di trasformarsi in una recita"

S. Fiori intervista Emilio Gentile

Intervista allo storico che interviene nel dibattito fra Eugenio Scalfari e Gustavo Zagrebelsky sull'oligarchia

L'oligarchia è la sola forma di governo democratico, come sostiene Eugenio Scalfari? O l'oligarchia è governo dei pochi che curano solo il proprio interesse a danno dell'interesse pubblico, come sostiene Gustavo Zagrebelsky? Mentre su questo giornale si svolge il dibattito sul rapporto tra democrazia e oligarchia, esce nella collana Idòla di Laterza un libro dello storico Emilio Gentile dalla copertina quanto mai pertinente: In democrazia il popolo è sempre sovrano, con accanto un bollino rosso Falso!. Avendo studiato per decenni i regimi totalitari, ora Gentile s'è preso la briga di vedere come funziona veramente la democrazia rappresentativa. Un'indagine storica a tratti sconfortante.

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Professor Gentile, perché è falso che in democrazia il popolo è sempre sovrano?

"Proprio quando il principio della sovranità popolare è apparso trionfante in gran parte del mondo - "l'era della democrazia", l'ha definita Bobbio - si sono manifestati i sintomi di un malessere. E il più allarmante è la sfiducia del popolo sovrano verso i governanti, le istituzioni democratiche, i partiti. Fino alla convinzione del popolo stesso di non essere sovrano: il crollo dei votanti ne è un segno manifesto".

 

Lei ha inventato il termine di "democrazia recitativa". Cos'è?

"È quella democrazia che ha per palcoscenico lo Stato, come attori protagonisti i governanti e come comparsa occasionale il popolo sovrano, che entra sul palco solo per la scena delle elezioni. Peraltro ora comincia a disertare il proscenio. E tra una recita e l'altra, continuano a prevalere le oligarchie di governo e di partito, la corruzione nella classe politica, la demagogia dei capi, la degradazione della cultura politica ad annunci pubblicitari. Non mi riferisco solo all'Italia".

 

Quando il popolo ha smesso di essere sovrano?

"In realtà non è stato sovrano neppure alle origini delle democrazie moderne, in Francia e negli Stati Uniti. Nelle due grandi rivoluzioni che hanno affermato il principio della sovranità popolare, i primi governanti diffidavano del popolo. Il popolo è sovrano, ma chi deve esercitare questa sovranità - dicevano - non può essere tutto il popolo. O è la parte più ricca. O la parte più colta. O la parte più responsabile. E ciò spiega perché si è passati da suffragi ristretti a universali, ma dopo lotte, rivoluzioni e guerre".

 

Mi sta dicendo che il popolo non è mai stato sovrano?

"Sì. Però bisogna aggiungere che, nei duecento anni in cui si è realizzato questo omaggio al popolo sovrano, sono state effettivamente coinvolte moltitudini prima escluse dal diritto di scegliere i governanti e quindi di influire sulle loro decisioni: pensiamo alla straordinaria ondata democratica con il referendum sulla Repubblica".

 

Ma se il popolo non è mai stato sovrano, ha ragione Scalfari quando scrive che finora la democrazia è sempre stata un governo di oligarchie?

"Temo che Scalfari confonda la nozione di oligarchia con il concetto di minoranza, di cui parlava alla fine dell'Ottocento Gaetano Mosca. In tutte le società c'è la distinzione tra governanti e governati. E i governanti sono sempre una minoranza rispetto ai governati. Ma la minoranza non è sempre oligarchia, cioè governo dei ricchi a vantaggio dei ricchi. Una democrazia è governata sempre da una minoranza, ma se governa a suo vantaggio diventa un'oligarchia, se governa a vantaggio della collettività è una democrazia rappresentativa".

 

Il dibattito tra Scalfari e Zagrebelsky è nato dopo che, nel confronto con Renzi, il costituzionalista ha denunciato il rischio di un'involuzione oligarchica se venisse approvata la riforma costituzionale. Lei vede questo rischio?

"Sì, potrebbero crearsi le premesse, e le tentazioni, per una oligarchia. La riforma della Costituzione, unita a una legge elettorale che garantisce anche a una percentuale ridotta di votanti una maggioranza parlamentare, potrebbe favorire la tendenza del partito unico vincente - anche con le migliori intenzioni - a preservare il potere usando ogni espediente. Un'altra caratteristica dell'oligarchia che la distingue dalla democrazia è la tendenza a perpetuarsi per cooptazione, in modo irrevocabile".

 

Sta dicendo che la riforma costituzionale contribuisce a rendere il popolo ancora meno sovrano?

"Non sono un costituzionalista, ma ritengo che la sovranità popolare venga limitata, se non si elimina la nomina dei candidati da parte delle segreterie dei partiti e se non si garantisce una seconda camera elettiva. E al di là delle tentazioni dei governanti, non dobbiamo dimenticare la globalizzazione oligarchica costituita dai poteri economici e finanziari: non rispettano le regole di ciascuno Stato ma influiscono sulle politiche nazionali. Sono i sintomi della "postdemocrazia", come l'ha definita Colin Crouch".

 

Tra popolo "desovranizzato" e oligarchie incombenti, lo scenario appare molto fosco.

"Ma non bisogna essere troppo pessimisti. Aveva ragione Churchill: "La democrazia è la peggiore forma di governo, eccetto tutte le altre".

 

È l'unico regime che consente di correggere i propri difetti con mezzi pacifici. Purché si voglia correggerli. Altrimenti l'ombra dell'ipocrisia la rende una democrazia recitativa, con un popolo che si rassegna a essere desovranizzato".

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