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coordinamenta

“@ancheno”

di Elisabetta Teghil

Certamente non siamo suggestionate dalla così detta “democrazia parlamentare”. Sappiamo benissimo che non è altro che l’organizzazione del consenso della borghesia al potere, a corredo della sua organizzazione economico-politica di cui lo Stato è il momento organizzativo su tutti i piani.

Ma è in atto una lotta senza quartiere tra le multinazionali e gli Stati per la ridefinizione dei rapporti di forza all’interno della classe al potere e una lotta all’ultimo sangue con gli oppressi tutti. Una lotta di classe dentro e fuori la classe. Il neoliberismo ne è lo strumento, è un’ideologia vera e propria, si insinua in ogni anfratto della società, è metabolismo sociale.

Si sta formando una borghesia transnazionale o iperborghesia che porta un attacco senza precedenti alle borghesie nazionali e agli Stati Nazione, alle “democrazie parlamentari” così come le abbiamo finora conosciute. E’ il programma neoliberista che vuole trasformare gli Stati nazionali in governatorati, province o colonie a seconda del peso e delle ricchezze. Per attuare questo programma ha messo in atto da diversi anni meccanismi di demonizzazione del fare politico, di affossamento delle strutture di mediazione tra cittadini e Stato, sindacati, partiti, associazioni, attraverso la denuncia strumentale  della “mala politica”, delle ruberie e degli scandali, facendo passare il concetto che la “politica è sporca”, che destra e sinistra non esistono più, che sono tutti uguali, demonizzando l’immunità parlamentare e aprendo la strada a quello che è il vero obiettivo: il governo diretto dei potentati economici, delle multinazionali. L’esempio eclatante è il TTIP, ma passaggio fondante diventa indebolire il più possibile la rappresentatività democratica per quanto fittizia. E’ in questo percorso, che mira allo Stato autoritario con funzioni meramente repressive e di controllo sociale, perché questo è l’unico compito assegnato dall’iper borghesia a quello che dovrebbe rimanere della forma-Stato, che si inserisce la modifica costituzionale.

In questo il referendum del 4 dicembre si trasforma in un momento di resistenza al neoliberismo.

Nessuna condiscendenza nei riguardi della democrazia parlamentare e nemmeno riguardo all’istituto del referendum. Sappiamo benissimo che le decisioni delle consultazioni popolari vengono prese in considerazione solo se collimano con le decisioni già prese dal potere, altrimenti vengono assolutamente disattese. Vedere il referendum sull’acqua e quello sul finanziamento pubblico ai partiti tanto per fare degli esempi.

C’è una differenza, però, tra questi referendum e quello del 4 dicembre. Dato che quest’ultimo rappresenta un passaggio nodale nel percorso neoliberista, nel tentativo di imporre un governo emanazione diretta delle multinazionali anglo americane, diventa, quindi, momento nodale nel riconoscimento del nemico. Non si tratta di una lotta interna tra fazioni del PD. Il posizionamento per il no di alcuni settori del Partito Democratico è assolutamente strumentale e non risponde ad un posizionamento politico diverso, anzi, proprio perché la credibilità di Renzi comincia a mostrare scricchiolii, si preparano a sostituirlo con qualcuno, sempre del PD, che sia stato dalla parte del malcontento. Sta a noi essere molto precise/i nelle mobilitazioni sul ruolo dei vari personaggi. Inoltre, è chiaro che, in una situazione che si configura come un attacco diretto al PD, tutti quelli che sono portatori di interessi diversi si trovano dalla parte del NO creando una miscellanea che può spingere molti a tirarsi indietro dimentichi, dell’importanza del no alle scelte neoliberiste e altresì una posizione astensionista è dannosa perché, a parte il fatto che non essendoci in questo referendum il quorum di fatto aiuta la vittoria del sì, contribuisce a rafforzare i concetti che il neoliberismo vuol far passare nel comune sentire, cioè che “sono tutti uguali”, che “tanto non cambierà niente”…. Noi dobbiamo cogliere tutte le possibilità per gettare granelli nell’ingranaggio neoliberista, zoccoli nella catena di trasmissione, per creare spazi per veicolare la conoscenza del nemico e di quello che rappresenta.

Il nemico è il neoliberismo incarnato nel PD che ha naturalizzato e naturalizza questa ideologia nella nostra società e quindi è chiaro che votare NO al referendum significa dire No al Jobs Act, al TTIP, alla “buona scuola”, a Equitalia, alle “guerre umanitarie”, alla militarizzazione dei territori, ai Cie….. e potrei andare avanti all’infinito fino, nel nostro specifico, alla strumentalizzazione della violenza sulle donne. La strumentalizzazione della violenza maschile su di noi, come d’altra parte quella sulle diversità sessuali, la strumentalizzazione del razzismo, dell’antifascismo e dei diritti, sono un cardine della modalità neoliberista di affrontare il sociale, incarnata dalla socialdemocrazia riformista, tanto da costituire una società dell’antifascismo fascista, dell’antirazzismo razzista, dell’antisessismo sessista.

In questo senso è molto pericoloso mobilitarsi sulla violenza maschile sulle donne scindendola dall’analisi del momento storico che stiamo attraversando, senza individuare il nemico nel PD. Quante di quelle che andranno in piazza il 26 di novembre voteranno SI? Se fosse solo una contraddizione, sarebbe il male minore, ma invece è una scelta di campo che mira all’assoggettamento delle donne e degli oppressi tutti.

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