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Così il No perde

di TRed

Nelle ultime settimane una sensazione positiva si è diffusa nel fronte del No al referendum costituzionale. L’impegno parallelo del M5S, della sinistra sociale, di Forza Italia e della Lega Nord contro la riforma invita ad una rassicurante operazione aritmetica: tutta l’opinione pubblica non-renziana è contro, e l’opinione pubblica non-renziana costituisce la larga maggioranza del paese.

Su questo non c’è dubbio. Il Governo gode di un consenso sempre più socialmente limitato a quelle categorie che – bene o male – si stanno salvando dalle conseguenze più pesanti della crisi economica (e che corrispondono in parte al “blocco storico” del Pds-Ds-Pd, con ampi allargamenti al centro). Anche la campagna strumentalmente antipolitica del Pd sta raggiungendo il limite massimo del consenso possibile: condotta dalla forza politica più “sistemica” del paese, serve più a motivare l’elettorato renziano che a conquistare nuovi settori della società.

Il problema è che mentre il Sì sta riuscendo a mobilitare il proprio elettorato potenziale, il No non lo sta facendo. Ed è naturale, in parte: il dissenso verso il Governo si concentra proprio in quei settori della società che più sono portati all’astensione. Ma alla base di questo insuccesso c’è anche l’impostazione generale della campagna del No.

Mirando a mostrare le ineleganze tecniche della riforma e le sue (presunte) naturali conseguenze autoritarie, il No rinuncia di fatto a parlare al suo elettorato naturale per rifugiarsi nel rassicurante steccato dei (sempre meno) politicizzati. Il problema è che gli elettori più naturalmente orientati verso il No non sono interessati né alle finezze dei giuristi né – ahinoi – al destino della democrazia. Sono (o meglio: sarebbero) piuttosto interessati a dare un colpo di coda all’oligarchia europea e italiana che si fa schermo dietro il governo Renzi. A mostrare, per essere più chiari, che ne hanno abbastanza di un sistema politico che non li rappresenta più.

Il risultato del referendum dipenderà soprattutto dalla capacità di mobilitazione dei rispettivi campi. Con un’alta astensione, vincerà chi riuscirà a portare più elettori a votare. Il No in questo momento sta facendo di tutto per non mobilitare i “suoi”. Con il prevedibile risultato che il 4 dicembre vincerà una parte minoritaria del paese, scavando un solco ancora più pericolosamente profondo fra paese legale e paese reale.

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