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La sfida finale di Washington: restare rilevante

di Federico Pieraccini

L’evento più importante degli ultimi 70 anni è il cambiamento dell’ordine internazionale, da un dominio unipolari degli Stati Uniti ad una nuova realtà multipolare. La questione fondamentale risiede nel comprendere come stia avvenendo questa transizione, le sue conseguenze e le cause principali

Il cambiamento dell’ordine internazionale, da multipolare pre-WWI, a Bipolare post-WWII, è costato al mondo una guerra mondiale con milioni di morti. La fase successiva, distinta dalle contrapposizioni tra URSS e USA, terminò con la caduta del muro di Berlino nel 1989 ma senza tragedie belliche. Questa differenza storica fondamentale ha una sua logica intrinseca nel rapporto di forze tra potenze. L’URSS era un paese in declino, incapace di sostenere il prolungamento del suo ruolo sulla scena internazionale come potenza anti-egemonica. Il passaggio da una realtà bipolare ad una unipolare poteva avere conseguenze nucleari ma un accordo tra potenze scongiurò il pericolo. L’epilogo fu una resa incondizionata del URSS con conseguenze catastrofiche in termini economici e culturali per la superpotenza scesa a patti, ma senza l’esplosione di un conflitto su larga scala.

Con la fine del modello bipolare, iniziò però quello che molti storici hanno definito ‘Fine della Storia’: il passaggio da un realtà multipolare (più potenze), ad una bipolare (due potenza) per terminare in una unipolare (una potenza). Dal punto di vista di Washington, la storia era terminata con una sola potenza globale rimasta, concedendo quindi illusoriamente agli Stati Uniti il potere di decidere per tutta la popolazione mondiale.

Lo scenario che viviamo oggi in termini di ordinamento internazionale e bilanciamento di forze è quasi un inedito storico se contestualizzato ai giorni nostri. E’ pur vero che la transizione da una realtà unipolare ad una multipolare è qualcosa che la storia umana, nei decenni passati, ha vissuto con il passaggio dall’egemonia Inglese a fine ottocento, ad uno scenario multipolare vissuto negli anni precedenti le due grandi guerra. Nonostante ciò, utilizzare questa analogia storica risulta difficile, visto il mutamente del set di regole internazionali, paragonato ad un secolo fa. Difficile quindi utilizzare tali precedenti per effettuare ipotesi in merito a futuri epiloghi o tendenze.

 

Le cause del cambiamento

L’atteggiamento degli Stati Uniti negli ultimi 25 anni è stato completamente improntato al raggiungimento di un’egemonia globale. Il sogno irrealizzabile di avere un sorta di controllo capillare su ogni evento, in ogni angolo del mondo ha portato all’accelerazione della fine del momento unipolare degli Stati Uniti. Naturalmente il senso profondo della parola “controllo” si potrebbe espandere entrando nel merito delle imposizioni culturali, economici e militari che derivano dalla costante ricerca della dominazione globale.

Gli Stati Uniti hanno scelto una strada impervia e piena di contraddizioni per giustificare la loro ascesa come potenza globale. Nel giro di due decenni sono stati smantellati tutti i principi cardine dell’equilibrio di potenza tra due nazioni come Russia e Stati Uniti, precipitando il mutamento delle relazioni internazionali, da unipolare a multipolare. Allo stesso modo, il rapporto di forza economica e militare tra Cina e Stati Uniti è peggiorata notevolmente fino a raggiungere i livelli di guardia ampiamente noti nelle dispute sul Mar Cinese Meridionale. L’abbandono della dottrina di Kissinger sui rapporti con Pechino e il fallimento del Reset della Clinton con Mosca, hanno spinto le due potenze globali, Russia e Cina, a ripianificare le loro sinergie forgiando un’alleanza che ha spalancato le porte ad un mondo in cui vi sono più potenze sullo scacchiere internazionale e non più solo Washington quale fulcro centrale delle relazioni globali.

Il fallimento della dottrina estera degli Stati Uniti è stata una conseguenza diretta della supponenza e dell’utopia di poter dominare il pianeta, prolungare il momento unipolare e forgiare un sistema mondiale basato culturalmente ed economicamente sul volere di Washington, rinforzato da una potenza e postura militare senza precedenti.

 

Conseguenze

Se Washington avesse ragionato maggiormente sulle conseguenze delle proprie azioni con una visione strategica più ponderata, avrebbe certamente optato per scelte diverse. A riprova di questa supposizione notiamo l’atteggiamento avuto in Medio Oriente, terra decisiva per il mantenimento degli Stati Uniti nell’ordine mondiale.

Molte delle residue capacità per Washington di influenzare le decisioni globali sono dovute al dollaro e a beni quali petrolio scambiati in tale valuta. Con l’affacciarsi di un mondo con più potenze regionali o globali, è facile intuire che l’ascesa della Repubblica Iraniana abbia conseguenze su tutta l’area mediorientale. Le probabilità che culturalmente, economicamente e militarmente Teheran si erga a prima potenza regionale sono evidenti. Washington ha intuito questo aspetto e ha deciso di raggiungere un accordo con la Repubblica Islamica pur di rimanere rilevante nella regione, non essere tagliato fuori dai futuri accordi e tentare di bilanciare militarmente la situazione con l’alleato regionale più influente: l’Arabia Saudita. E’ una strategia che in Medio Oriente ha avuto riflessi negativi nell’immediato per Riyadh, Doha e per certi versi anche Ankara, che hanno optato per un approccio autonomo ed interventista nella regione, senza consultare più di tanto Washington. Nonostante ciò, la scelta di includere l’Iran quale partner di dialogo per gli equilibri mediorientali ha permesso a Washington di tentare, in futuro, di mantenere un peso importante nelle decisioni regionali. Ha inciso negativamente con gli alleati storici, poco contenti visto l’accordo nucleare, ma in una visione a lungo termine, certamente è stata una scelta opportuna, motivo per cui molti dei neoconservatori e liberal (promotori della dottrina unipolare prolungata, causa di tanti fallimenti) si sono nettamente opposti all’accordo.

Washington e il suo establishment hanno optato per una contrapposizione culturale ed economica con Mosca, possibilmente militare con Pechino nel mar cinese meridionale forgiando la nascita di un mondo multipolare in cui più potenze hanno la capacità, unendosi, di resistere al volere della maggiore potenza globale. In realtà, è più semplice inquadrare gli equilibri internazionali in un modello che da multipolare si sta lentamente trasformando in bipolare. Consideriamo che Russia e Cina (e Iran in maniera minore) non possiedono una capacità militare per contrapporsi con successo alla potenza americana in un conflitto convenzionale su grande scala. Per questo motivo è facile comprendere che definire la realtà internazionale multipolare è forse un eccesso di ottimismo al momento. Allo stesso modo definirla unipolare è voler rimanere ancorati nelle illusioni delle élite americane.

La realtà ci mostra un mondo bipolare in cui il polo alternativo a quello Americano è rappresentato dall’unione e dalle alleanze (Culturali, Economiche e Militari) tra Pechino, Mosca e Teheran. E’ la loro partnership che ha determinato un cambiamento nel modello internazionale delle relazioni. La causa di questa unione va ricercata nella volontà delle élite USA di prolungare il momento unipolare. Invece di optare per un accordo con l’altra potenza globale (verosimilmente Cina) e sigillare lo scacchiere internazionale in un vero modello con due poli, senza contrapposizioni, ha esacerbato le differenze spingendo paesi come Russia, Cina, Iran ed India sempre più vicini, forgiando quello che è attualmente potremmo definire un modello bipolare temporaneo.

La certezza è che il futuro si trasformerà pienamente in un modello multipolare e questo obbliga Washington a tentare in ogni maniera di restare rilevante. Fino ad oggi, accordo nucleare a parte, ogni scelta è stata controproducente ed errata. Impareranno mai le élite di Washington o finiranno per diventare irrilevanti?

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