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linkiesta

"L'Italia è un paese governato dall'esterno. È ora che si torni a votare"

Alessandro Franzi intervista Giulio Sapelli

«Soltanto quando apriranno gli archivi, sapremo come è andata davvero nel 2011. Ma credo che Giorgio Napolitano sarà giudicato negativamente dagli storici». Giulio Sapelli, storico ed economista, è sempre stato un feroce critico della stagione dei tecnici, in particolare del ruolo attivo avuto dall'allora presidente della Repubblica nel nominare Mario Monti al posto di Silvio Berlusconi, «senza un voto di sfiducia del Parlamento». Nel 2012 pubblicò fra l'altro un pamphlet intitolato L'inverno di Monti. Cinque anni dopo il cambio alla guida del governo sotto la pressione dei mercati, Sapelli non ha cambiato idea. Rispondendo a Linkiesta ha detto di essere convinto che la caduta di Berlusconi sia stata solo l'atto finale di una ventennale stagione politica, in cui lo stesso leader di Forza Italia ha però fatto degli errori: «Non è stato un politico ed è rimasto vittima di questo paradosso. Lui e il ministro Tremonti, che ritengo fosse il vero avversario dell'Europa, avrebbero dovuto alzare la voce». Secondo Sapelli, l'Italia resta storicamente «un paese a sovranità limitata», ed è per questo che ritiene che anche un voto negativo al referendum costituzionale non darà particolari scossoni al sistema. Però il professore dell'università statale di Milano non vede altro sbocco dopo il 4 dicembre: «Comunque vada, bisogna tornare finalmente a votare. E vinca chi deve vincere».

* * * *

Professore, torniamo a quel 2011. Lei non ha mai cambiato idea.

È stato fatto allora un atto gravissimo, che ha creato un vulnus nella storia costituzionale europea: hanno fatto dimettere un Governo, senza che fosse sfiduciato dal Parlamento. In altri paesi, non in Italia, il presidente della Repubblica sarebbe finito sotto impeachment.

 

Ma perché il governo Berlusconi doveva andare a casa?

Doveva andare a casa perché Berlusconi è sempre stato un personaggio anti-establishment, era contro tutte le forme di regolamentazione. Non dimentichiamoci che la prima volta cavalcò Mani Pulite e vinse usando il populismo. Lui, alla regolamentazione, non si adeguava mai. Ma nemmeno è riuscito ad avere un programma alternativo. Vede, inizia tutto già nel 1994, quando gli mandano un'informazione di garanzia durante la Conferenza Onu di Napoli. Le vittorie dell'Ulivo, poi, sembravano averlo fermato. Ma così non è stato. Quella contro Berlusconi è dunque una miccia lunga, che è stata fatta esplodere quando è arrivata la crisi del 2008. E poi non bisogna dimenticare che dietro Berlusconi c'era Tremonti.

Berlusconi è sempre stato un personaggio anti-establishment, era contro tutte le forme di regolamentazione. Lui, alla regolamentazione, non si adeguava mai. Ma nemmeno è riuscito ad avere un programma alternativo. Ma il vero avversario dell'Europa era Tremonto il ministro dell'Economia, che aveva scritto tutte le sue critiche alle politiche europee, facendo però un errore. Le aveva fatte avere ai tecnocrati e non le aveva denunciate pubblicamente, almeno in Parlamento

Che cosa intende dire?

Secondo me il vero avversario dell'Europa era Tremonti, il ministro dell'Economia, che aveva scritto tutte le sue critiche alle politiche europee, facendo però un errore. Le aveva fatte avere ai tecnocrati e non le aveva denunciate pubblicamente, almeno in Parlamento. Detto questo, l'origine di tutto quello che è acccaduto si può trovare nei documenti che Tremonti stesso ha pubblicato nel suo libro 'Uscita di sicurezza'. E' tutto lì, andate a rileggervelo".

 

Quindi il governo Berlusconi è stato fatto fuori, secondo lei, ma ha commesso anche molti errori. Allora negava persino che ci fosse la crisi, anche questo è stato un errore?

Ma no, non diciamo stupidaggini. Il problema di Berlusconi è che non attaccava l'Europa, il problema è che non si era ribellato a chi faceva discorsi in giro per il mondo, come i Ciampi e i Padoa-Schioppa, che suonavano così: che l'Italia non ce l'avrebbe fatta senza uno choc esterno.

 

Quindi Berlusconi è stato debole?

Non è stato un politico. Berlusconi è rimasto vittima di questo paradosso: la sua fortuna è stata quella di non essere un politico, ma proprio per questo lo hanno colpito usando la Costituzione. Credo che Napolitano sarà giudicato negativamente dagli storici".

 

Come avvennero secondo lei le pressioni a favore del Governo Monti?

Ci sono state pressioni internazionali da parte tedesca e da parte francese, che usarono proprio quei documenti di Tremonti contro le politiche europee. Napolitano, sbagliando, rispose a queste pressioni, non capendo che avrebbe dovuto ascoltare non i tedeschi o i francesi, ma gli americani, con cui Monti ha poi lasciato pessimi rapporti. Gli stessi americani che, non a caso, qualche tempo dopo hanno caldeggiato l'arrivo di Matteo Renzi.

 

E Monti che cosa ha lasciato?

Niente.

 

Come niente?

Le dico: niente. Monti ha fatto tutta una politica contraria a quella che avrebbero voluto anche gli Stati Uniti: in un momento di crisi ha aumentato le tasse. Nei due anni in cui c'è stato lui, Monti ha mandato indietro il Pil di due punti con le sue politiche recessive e non anticicliche. Personalmente sono convinto che il suo compito fosse di distruggere la manifattura italiana, altrimenti non mi spiego come con la legge Fornero abbia deciso di far lavorare fino a 67 anni: uno che prende una decisione del genere non conosce l'industria. Ma l'interessante, di tutta questa faccenda, non è che cosa abbia lasciato Monti ma è appunto l'intreccio Monti-Napolitano. Ci vorrà ancora del tempo, lo si potrà capire meglio quando saranno aperti gli archivi.

 

Cinque anni dopo, il referendum sulla riforma costituzionale. C'è chi vede probabile un'uscita di scena anche di Renzi, se vincerà il no. Cambierà qualcosa?

No, non cambierà niente. Perché l'Italia è governata dall'esterno, non dai cittadini. Da sempre l'Italia è un Paese a sovranità limitata, gli inglesi avevano bisogno di una potenza amica che riequilibrasse il potere dei francesi nel Mediterrano, e noi siamo sempre stati nell'area d'influenza nordamericana. Basta vedere la visita di questi giorni di Renzi alla Casa Bianca. Abbastanza farsesca, peraltro. Mancava che oltre a Benigni si portasse anche un cuoco...

L'Italia è governata dall'esterno, non dai cittadini. Da sempre l'Italia è un Paese a sovranità limitata. Basta vedere la visita di questi giorni di Renzi alla Casa Bianca. Ho trovato molto imprudente che il presidente Obama abbia sostenuto il sì alla riforma costituzionale. E se poi vincerà il no? Dal punto di vista diplomatico è stato un errore

Addirittura?

Ma sì. Comunque, gli americani vogliono solo due cose dall'Italia in questo momento. Vorrebbero una maggiore partecipazione alla lotta contro l'Isis. E un maggiore impegno contro la Russia di Putin, ma devo dire che su questo giustamente il governo è più prudente. Non ho capito solo una cosa, di questa visita a Washington. Ho trovato molto imprudente che il presidente Obama abbia sostenuto il sì alla riforma costituzionale. E se poi vincerà il no? Dal punto di vista diplomatico è stato un errore, Obama - che come Bush ha portato solo delle disgrazie in politica estera - avrebbe dovuto tenersi alla larga da un giudizio di merito. Alla fine credo che questa visita alla casa Bianca abbia più danneggiato che favorito Renzi.

 

Va bene. Ma come se ne esce da questa lunga transizione politica?

Se ne esce col voto. Bisogna tornare a votare. Io dico: benissimo il referendum, ma subito dopo bisogna convocare le elezioni. Non si può continuare a governare così, con giochetti di palazzo, un paese grande come il nostro, che ha pur sempre un importante settore manifatturiero e ha tante persone meravigliose e tanti giovani per bene. Girando per l'Italia si capisce che non siamo così brutti e cattivi come ci dipingiamo. Andiamo a elezioni e vinca chi deve vincere. Vuole che un paese che ha superato le Brigate Rosse e il colpo di Stato di Mani Pulite non possa superare anche questa situazione?.

Comments

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Eros Barone
Tuesday, 01 November 2016 21:38
Tutto ciò che è accaduto in Italia a partire dalla defenestrazione di Berlusconi e sotto la regia di Giorgio Napolitano è stato, tecnicamente, un colpo di Stato diluito nel tempo, che ha cambiato profondamente la Costituzione materiale del Paese. Un processio, sia in senso letterale che in senso figurato, mostruoso’, poiché ‘mostra’ con un’evidenza spettacolare la crisi della democrazia borghese. Se il governo Monti è stato un puro governo di classe, quale era richiesto a gran voce dai centri del grande capitale italiano molto prima che dall’Europa, e se quel governo fintamente tecnico è servito a fare, attraverso la sospensione della democrazia e dei partiti stessi, ciò che nessuno schieramento e nessun partito poteva permettersi di fare, perché ciò avrebbe significato pagare un prezzo assai salato alle elezioni, ora ‘si mostra’, per l’appunto, il frutto velenoso che quella sospensione e la ‘dittatura commissaria del presidente’ hanno prodotto: un eccezionale aggravamento, per alcuni aspetti potenzialmente rivoluzionario e per altri organicamente reazionario, della dicotomia di classe che spacca la società italiana. Occorre, dunque, prendere coscienza che la situazione è profondamente cambiata e il movimento operaio non può più continuare a giocare solo in difesa. Ma occorre anche prendere coscienza che aver limitato al solo berlusconismo il pericolo che incombeva sulla democrazia italiana è stato la conseguenza di una visione miope e parziale delle dinamiche in corso. Come indicava l’opposizione al ‘Cavaliere’ di tanta parte del grande capitale italiano e dei quotidiani ad esso legati (dal “Sole-24ore” al “Corriere della Sera”, dalla “Stampa” alla “Repubblica”), la realtà era, ed è, ben diversa, essendo segnata dalla competizione tra le diverse frazioni del capitale italiano. Inoltre, il Pd e i suoi antecedenti (dal Pds ai Ds) hanno un’immane responsabilità per aver determinato la progressiva demolizione della democrazia disegnata dai ‘padri costituenti’, a partire dal referendum sul maggioritario di 22 anni fa per giungere al prossimo referendum sulla riforma costituzionale, passando attraverso il salvataggio di Berlusconi con l’accantonamento della legge sul conflitto di interessi, sempre in coerenza con il bipolarismo, ritenuto il ‘nec plus ultra’ di una ‘democrazia all’americana’ e quindi da difendere ad ogni costo, anche perché utile al fine di eliminare qualunque forza si ponga alla propria sinistra. Al contrario, la nuova fase storica che si è aperta determina la possibilità e la necessità di riprendere la pratica dell’autonomia di classe, poiché viviamo in tempi rivoluzionari, ma non vogliamo prenderne atto, abbarbicati come siamo ai consunti rituali di una democrazia borghese che è stata liquidata dalla stessa borghesia. Una democrazia borghese, ossia, come diceva Lenin, “un paradiso per i ricchi e un inferno per i poveri”.

Il sistema politico democratico-borghese si sta dunque sgretolando sotto i nostri occhi e la domanda a cui la sinistra di classe è costretta a rispondere è quella già posta, sempre da Lenin, all’inizio del secolo scorso: “che fare?” Perfino le singole persone o le diverse organizzazioni – leader, partiti, sindacati, mass media, Confindustria ecc. –, che pure hanno responsabilità enormi per il precipitare della situazione, sono, nel contempo, totalmente impotenti di fronte ad un mondo che si sta spaccando. Una cosa è certa: non saranno Renzi, Berlusconi, Napolitano e tanto meno Grillo a fermare il terremoto che, dapprima sotterraneamente ed ora anche palesemente, sta sconvolgendo la società borghese-capitalistica. Sennonché un paese dove la produzione di ricchezza è priva di spina dorsale, ossia di qualità, ricerca, progetto, innovazione e cultura, non poteva che generare declino e disgregazione, aggravando le caratteristiche negative, un tempo addirittura esaltate come “potenzialità” da quegli imbecilli che sostenevano che “piccolo è bello”, di un apparato industriale acefalo ed anarchico e di un sistema del credito dominato, grazie alle privatizzazioni delle banche di “interesse nazionale”, dal capitale usurario e speculativo. Se è vero che la frammentazione corporativa e localistica di un paese del tutto privo, innanzitutto a livello delle sue classi dirigenti, di una pur minima nozione del proprio interesse nazionale è la nota dominante di questo processo ‘mostruoso’, è altrettanto vero che un paese simile non conta nulla ed è privo di ogni incidenza su scala continentale e mondiale. È, infatti, come ha ben detto Guido Rossi prima di Giulio Sapelli, un paese che, in quanto acefalo, è necessariamente condizionato da un’eterocefalia congenita, ossia dalla espropriazione della sua sovranità e dalla direzione politica, economica e culturale dei centri egemonici dell’imperialismo euro-americano.

La domanda cruciale è allora la seguente: si resta in un’Unione Europea che è l’incarnazione perfetta della definizione leniniana della democrazia borghese, vale a dire “un paradiso per i ricchi e un inferno per i poveri”, o si ricerca una fuoriuscita da questa organizzazione imperialista e reazionaria? Il processo "mostruoso” va allora preso sul serio, poiché quel che deve accadere accade, dice un proverbio spagnolo, e le masse popolari non si muovono mai a caso, anche quando stentano a riconoscere con chiarezza i loro interessi a lungo termine, che sono inesorabilmente antagonistici a quelli degli sfruttatori. La verità è questa: il 60% del corpo elettorale italiano ha espresso, sia a destra che a sinistra, un pronunciamento nettamente contrario alle politiche ultraliberiste europee, respingendo i ‘Diktat’ della triade Ue-Bce-Fmi.
Sul rifiuto di rispondere chiaramente a questa domanda cruciale, decisiva, ultimativa, si è incagliato il vecchio modo, opportunista e trasformista, di fare politica, proprio della “sinistra radicale”, critica a parole verso quelle politiche, subalterna nei fatti all’alleanza elettorale con la forza che rappresentava con estrema nettezza queste politiche: il Pd. È dunque finito il tempo della “sinistra” che si batte per un “capitalismo dal volto umano”; è iniziato, come i fatti indicano con ‘mostruosa’ chiarezza, un periodo che, non in senso politico-ideologico ma in senso puramente tecnico, si può definire ‘rivoluzionario’. Può essere un’opportunità storica, se ci si misura, sul piano scientifico, politico e strategico, con la domanda cruciale che ho formulato. In un periodo rivoluzionario occorre individuare la linea di faglia lungo la quale si sviluppa il sisma. Quel che deve accadere, accade.
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Vincesko
Sunday, 30 October 2016 22:21 Like Like Reply | Reply with quote | Quote
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Vincesko
Sunday, 30 October 2016 20:47
Io, invece, non concordo affatto con il prof. Sapelli, che, assieme a qualche verità (defenestrazione di Berlusconi su pressioni soprattutto franco-tedesche) ha detto alcune fesserie macroscopiche, frutto di ignoranza dei dati e delle leggi.
Sono 4 anni che mi tocca contrastare tale vulgata (è una fatica di Sisifo!).
Premesso che io sono antimontiano (oltre che antiberlusconiano) e ho scritto nel mio blog ben 8 post di critica severa contro il "millantatore" Monti, cominciando quando era sulla cresta dell’onda (qui l’ultimo, in calce gli altri 7 (“Tre misfatti quasi sconosciuti del fu governo dei tecnici” [1 oppure 2],
1. Segnalo che le manovre correttive del governo Berlusconi, in un equivalente lasso di tempo (circa un anno e mezzo), sono state il quadruplo di quelle del governo Monti.
Riepilogo delle manovre correttive (importi cumulati da inizio legislatura):
- governo Berlusconi-Tremonti 266,3 mld (80,8%);
- governo Monti 63,2 mld (19,2%);
Totale 329,5 mld (100,0%).
LE CIFRE. Le manovre correttive, dopo la crisi greca, sono state: • 2010, DL 78/2010 di 24,9 mld; • 2011 (a parte la legge di stabilità 2011), due del governo Berlusconi-Tremonti (DL 98/2011 e DL 138/2011, 80+60 mld), (con la scopertura di 15 mld, che Tremonti si riprometteva di coprire, la cosiddetta clausola di salvaguardia, con la delega fiscale, – cosa che ha poi dovuto fare Monti – aumentando l’IVA), e una del governo Monti (DL 201/2011, c.d. decreto salva-Italia), che cifra 32 mld “lordi” (10 sono stati “restituiti” in sussidi e incentivi); • 2012, DL 95/2012 di circa 20 mld.
Quindi in totale esse assommano, rispettivamente: - Governo Berlusconi: 25+80+60 = tot. 165 mld; - Governo Monti: 22+20 = tot. 42 mld. Se si considerano gli effetti cumulati da inizio legislatura (fonte: “Il Sole 24 ore”), sono: - Governo Berlusconi-Tremonti 266,3 mld; - Governo Monti 63,2 mld. Totale 329,5 mld. Cioè, per i sacrifici imposti agli Italiani e gli effetti recessivi Berlusconi batte Monti 4 a 1. Per l'equità e le variabili extra-tecnico-contabili (immagine e scandali), è anche peggio.
(Cfr. Il lavoro ‘sporco’ del governo Berlusconi-Tremonti
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2747515.html oppure
http://vincesko.blogspot.com/2015/05/il-lavoro-sporco-del-governo-berlusconi.html)
E’ tale la dimensione del rapporto quali-quantitativo tra i governi Berlusconi e Monti (267 mld cumulati contro 63, cioè 4 a 1, 80% contro 20%, anche per l’equità), che è almeno curioso per non dire del tutto infondato e indebito attribuire a Monti gli effetti recessivi, il calo del Pil, la moria di imprese (quasi il -25% dell'apparato produttivo) ed il calo dell'occupazione, obliterando completamente Berlusconi, che, rammento, ha eseguito quasi tutte le imposizioni di UE e lettera BCE del 5.8.2011, tranne, per l'opposizione di Bossi, l'eliminazione delle pensioni di anzianità (concentrate soprattutto al Nord) e l'adeguamento a TUTTI gli altri delle dipendenti private).
Invece, sicuramente, i dati negativi sono in gran parte gli effetti delle mastodontiche manovre correttive molto inique e recessive del governo Berlusconi, fatte in gran parte di misure strutturali ( =permanenti), almeno in un rapporto di 4 a 1 rispetto al governo Monti, che cominciarono a dispiegare i loro effetti dall’1.1.2011, ben prima che arrivasse Monti.

2. Discorso più o meno analogo per le pensioni: Sacconi batte Fornero 3 a 1.
Sacconi, non Fornero.
L’allungamento eccessivo dell’età di pensionamento è stato deciso molto più da Sacconi (DL 78/2010, art. 12, + integrazioni con DL 98/2011 e DL 138/2011) – che infatti, da bravo furbacchione, fa lo gnorri – che da Fornero (DL 201/2011, art. 24):
– sia portando l’età di pensionamento per vecchiaia, senza gradualità, a 66 anni per tutti i lavoratori dipendenti e a 66 anni e 6 mesi per tutti i lavoratori autonomi, tranne le lavoratrici dipendenti del settore privato, per le quali ha poi provveduto Fornero nel 2011, ma gradualmente entro il 2021;
– sia introducendo – sempre Sacconi e non Fornero – l’adeguamento triennale all’aspettativa di vita (che dopo il 2019, in forza della riforma Fornero, diverrà biennale), che ha portato finora l’età di pensionamento di vecchiaia a 66 anni e 7 mesi e la porterà a 67 nel 2020.
Anche il sistema contributivo l’ha introdotto Dini nel 1995, non la Fornero nel 2011; ella ha solo incluso, col calcolo pro rata dal 1.1.2012, quelli esclusi dalla legge Dini, che all’epoca avevano già 18 anni di contributi, quindi nel 2012 TUTTI relativamente anziani, equiparando così i giovani e tutti gli altri.
A riprova della DISINFORMAZIONE generale sulle pensioni, che include espertoni, sindacati, tutti i media e perfino l’INPS, oltre alla millantatrice Fornero, allego (ivi le prove documentali):
Lettera ai media, al Governo, al PD e ai sindacati: le pensioni e Carlo Cottarelli
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2833739.html oppure
http://vincesko.blogspot.com/2015/06/lettera-ai-media-al-governo-al-pd-e-ai.html
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Francesco Zucconi
Saturday, 29 October 2016 16:22
Concordo pienamente con Giulio Sapelli. Resta il fatto che una politica anti-Ciampi, anti-Prodi e anti-Monti non può prescindere da una ridefinizione dell' influenza statunitense sulla sovranità italiana. Questo problema basilare, Berlusconi non lo ha veramente capito e non era l'uomo che poteva affrontarlo. E' ovvio che stiamo sostenendo uno scontro durissimo, in politica estera ed economica, contro gli interessi inglesi e francesi, in particolare per quel che concerne il ruolo dell'Italia nel Mediterraneo, ma non basta andare a piagnucolare alla casa bianca! Dobbiamo, coraggiosamente, proporci 1) il definitivo superamento del trattato di pace del 1947, 2) la ricostituzione di un servizio segreto nazionale, sovrano e scisso da qualsivoglia controllo franco-inglese, 3) l'indipendenza della nostra spesa militare, 4) la normalizzazione della magistratura quale attore che non agisce oramai più nell' interesse nazionale, 5) un accordo con la Germania di fuoriuscita dell'Italia dall'euro o una modifica sostanziale della politica economica tedesca a vantaggio dell'industria italiana. Tuttavia quanto sopra e' incompatibile con 1)l'evasione fiscale, 2)l' americanizzazione delle università pubbliche italiane o loro sostanziale distruzione, e 3) con l'allocazione di importanti quote di debito pubblico presso centrali finanziare non nazionali. Tremonti, che uomo coraggioso certo non è, non ha potuto agire anche per i suoi evidenti limiti intellettuali, per l'enormità del suo conflitto d'interesse e a causa della bassa venalità che trasudava da ogni sua proposta; certo, non possiamo dimenticare che lo hanno azzopparto con delle inchieste che odoravano di servizi al soldo dei soliti noti, ma un vero politico, distaccato dalla vile pecunia, avrebbe combattuto fino alla fine. Dobbiamo riunire le forze residue in un unico partito nazional democratico, che si proponga di cambiare gli assetti geopolitici sanciti da trattati oramai vetusti per esser ancora rispettabili. IL resto segue...
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