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Notizie sull'operazione speciale condotta dall'esercito russo in Ucraina
Le parole dovrebbero essere annoverate nell’elenco delle droghe pesanti, e purtroppo a chiunque può capitare di farsi ogni tanto una “pera” eccessiva. Il quotidiano neocon “il Foglio” si è approfittato del “trip” di uno dei padri costituenti, Umberto Terracini, per fargli fare una figuraccia postuma mettendo in evidenza alcune sue frasi poco felici in sostegno di Israele. Dopo averci ammonito sul fatto che anche Terracini considerava l’antisionismo una forma di antisemitismo, ci viene proposta una citazione nella quale il vecchio comunista...
Da questa parte del "mondo democratico occidentale", molti di noi si dibattono tra rabbia e la sensazione drammatica di impotenza nell'assistere allo sterminio in diretta di un intero popolo. A volte questo senso di frustrazione si trasforma in disagio somatizzato, in depressione (parlo per me e per gli amici e compagni con cui mi confronto ogni giorno). In altri casi, invece, rischia di generare reazioni di autoconservazione fatalista, ricerca del deus ex machina, rimozione. Eppure qualcosa si muove. Qualcosa possiamo fare. Una piccola...
1. Seguendo un copione creato a tavolino per ingannare la mente di chi si abbevera ai telegiornali della sera, gli Stati Uniti continuano a tirare il guinzaglio legato al collo del cagnolino d’oltremanica. Quel cagnolino era un tempo l’Impero britannico’, oggi solo un maggiordomo che esegue gli ordini dell’Impero Atlantico: tenere Julian Assange in prigione fino alla morte. Per la più grande democrazia al mondo – da esportare, se del caso, a suon di bombe e che ormai solo i politici europei (e italiani) credono sia tale – il rischio più...
Qualcuno parla di rischio di terza guerra mondiale davanti alla rappresaglia dell’Iran verso Israele, ma cari miei, una terza guerra mondiale sarebbe solo nucleare. Perciò, definitivamente distruttiva dell’umanità. Avete presente l’anime e il manga “Ken il Guerriero”? Lì, almeno, le armi nucleari sono state relativamente innocue: hanno distrutto il mondo, ma non hanno lasciato radiazioni. Ma nella realtà, una guerra di tale portata, ridurrebbe il mondo a una landa desolata radioattiva, invivibile. E per quanto noi siamo governati dai...
Il Governo è in difficoltà, è debole. Questo è il precipitato politico di un ragionamento che prende le mosse dalla scelta del Governo di approvare un Documento di economia e finanza (DEF) privo delle principali informazioni sulle tendenze della finanza pubblica e dei conseguenti effetti macroeconomici. Il DEF è il principale strumento di programmazione economica del Governo, serve a definire il quadro della finanza pubblica per l’anno in corso e per il successivo triennio. In pratica, con il DEF il Governo è chiamato a mettere nero su bianco...
Dopo l’oblio dell’attacco al Crocus da parte dei media d’Occidente, preoccupati solo di discolpare l’Ucraina dalle evidenti responsabilità, come peraltro accaduto varie volte in passato – a parte eccezioni che confermano la regola – per altre azioni oscure di Kiev, anche l’attacco di droni alla centrale atomica di Zaporizhzhia è passato sottotraccia, come qualcosa di marginale. L’attacco alla centrale di Zaporizhzhia e i topos delle guerre infinite E ciò nonostante la gravità dell’accaduto: se l’attacco fosse riuscito al 100% poteva creare...
Il senso di colpa domina incontrastato nella multiforme platea dei sentimenti umani. Senso di colpa per non essere abbastanza, per non aver superato l’esame, per non aver performato quanto desideravamo, per aver disatteso le aspettative, per non aver concluso un lavoro, per aver trascurato passioni e interessi, per aver manifestato rabbia, tristezza e paura, per gli errori commessi, per le azioni compiute, per una parola fuori posto, per non esserci stata, per aver mangiato, per aver risposto nervosamente, per quella carezza non data, quei...
Immancabili, come ogni anno, i dati Istat sull’andamento demografico del paese registrano un deciso segno meno”. Che non è grave soltanto in sé, ma soprattutto perché conferma una tendenza di lunghissimo periodo. Dal 1964 a oggi sono stati pochissimi gli anni in cui le nuove nascite sono state più numerose dell’anno precedente, ma anche a uno sguardo disattento balza agli occhi che la dimensione delle diminuzioni è sempre alta, mente i “rimbalzi” sono sempre appena percettibili. Il risultato finale, al 2023, non lascia dubbi: i nuovi nati...
‘Essere democratici è una fatica immane. Allora perché continuiamo a esserlo quando possiamo prendere una scorciatoia più rapida e sicura?’. Così Michela Murgia, la scrittrice sarda recentemente scomparsa, nel suo pamphlet del 2018 dal titolo provocatorio: ‘Istruzioni per diventare fascisti’. Con una originale sapienza dialettica, com’era suo stile di comunicazione in ogni dibattito pubblico e nel relazionare sulle grandi ingiustizie e ineguaglianze che affliggono le società odierne, Michela Murgia, nel suo saggio, ci invita a sottoporci a...
I due anni della pestilenza da Covid-19 si sono rivelati una grande imprevedibile opportunità per testare il livello di ubbidienza che, si può ottenere applicando un regime disciplinare come lo è stato l’obbligo di vaccinarsi, appunto. La narrativa secondo la quale il barbaro no-vax e chi lo sostiene rappresentano il Male, e quindi vanno denigrati, censurati, emarginati, criminalizzati ha funzionato. Pertanto, lo stesso identico canone è stato applicato su una nuova dicotomia buono-cattivo nella politica internazionale. Stesso manicheismo,...
L’avesse compiuto, per dire, il Ministro degli esteri russo Sergej Lavrov, un gesto come quello del suo omologo britannico David Cameron, recatosi in “visita di lavoro” da Donald Trump in USA, intrattenendosi – magari – in Germania, con Sahra Wagenknecht, per di più alla vigilia delle elezioni, il coro liberal avrebbe subitamente gridato alle «interferenze russe nei processi democratici dei paesi liberi». Ma fatto tra “alleati”, per di più di estrazione anglosassone, la cosa rientra nella normalità e, trattandosi della “democratica Ucraina...
Un’analisi di cosa succede e di cosa si prospetta in Medioriente, a partire dal genocidio in atto a Gaza, dalla rivolta generale palestinese, dallo scontro tra Stato Sionista e Asse della Resistenza in Libano, Siria, Iraq, Yemen, all’indomani dell’attacco israeliano all’ambasciata iraniana a Damasco. Una panoramica che parte dalla ritirata della FOI (Forza di Offesa Israeliana) dalla metà sud di Gaza, dopo sei mesi di offensiva del presunto “esercito più potente del Medioriente” che non è riuscito a controllare la Striscia, annientare Hamas e...
In vista della settimana di mobilitazione dei lavoratori all’interno dell’accademia italiana, proponiamo qui un resoconto delle linee d’intervento del movimento negli ultimi mesi, mettendo al centro i punti politici principali che stanno caratterizzando le proteste dei lavoratori e delle lavoratrici dell’università di concerto con i movimenti studenteschi. Si tratta di una riflessione che vuole essere un punto di partenza che ci porti allo sciopero del 9 aprile di tutto il mondo universitario, una data che deve essere un punto di partenza per...
Trent’anni dopo il genocidio in Ruanda, innescato dall’abbattimento dell’aereo privato su cui viaggiavano il presidente del Paese e il suo omologo del Burundi, e spacciato per l’esplosione di un conflitto etnico tra Hutu e Tutsi, si continua a discutere sulle cause del massacro di quasi un milione di persone. Dopo tre decenni, si evidenziano implicazioni che gettano una luce meno semplificata su quegli eventi drammatici: a cominciare dal ruolo delle grandi potenze che cercavano di accaparrarsi le enormi risorse strategiche nella regione dei...
È certamente corretto sostenere che le motivazioni che stanno spingendo Washington a mettere sotto assedio Pechino sono di natura economica. Paradossalmente questa tesi è stata infatti espressa indirettamente dalla stessa Segretario al Tesoro Yellen, in una intervista della settimana scorsa che non ha avuto la risonanza che avrebbe meritato nonostante anticipasse i temi che la stessa Yellen sta trattando con l'élite politica cinese nel suo viaggio diplomatico in corso in questi giorni. Di importanza capitale per comprendere la situazione a...
Pubblichiamo un estratto della prefazione del libro “Ucraina, Europa, mondo. Guerra e lotta per l’egemonia mondiale” di Giorgio Monestarolo (Asterios, Trieste, pp.106, euro 13). L’autore è ricercatore presso il Laboratorio di Storia delle Alpi dell’Università della Svizzera italiana e docente di Storia e Filosofia al liceo Vittorio Alfieri di Torino. La prefazione è del generale Fabio Mini, che tra le altre cose è stato generale di Corpo d’Armata, Capo di Stato Maggiore del Comando NATO del Sud Europa e comandante della missione...
Volete uscire dal dominio neoliberista, volete allentare la morsa della gabbia d’acciaio capitalista, volete invertire l’allungamento in corso da decenni della scala sociale di cui tra l’altro vi è vietato l’uso per provare a scalarla. Avete idee di mondo migliore, più giusto, qualsiasi sia la vostra idea di “giusto”. Tutto ciò è politico. Ma la vostra società non è ordinata dal politico, è ordinata dall’economico. È l’economico il regolamento del gioco sociale, è lui a dettare scala di valori, premi, punizioni, mentalità e cultura comune. E...
Nelle Conferenze di La Paz, nel 1995, il teologo e filosofo argentino, tra i pionieri della Teologia della Liberazione e in esilio dalla sua patria durante il regime fascista sviluppa la sua attentissima lettura di Marx dal punto di vista rivendicato dell’esternità e del lavoro ‘vivo’; ovvero della persona effettiva, reale, completa. Questo, declinato nelle sue diverse forme, marginali e ‘poveri’, stati subalterni e periferici, è il tema centrale della filosofia e della prassi politico-culturale ed etica di Dussel. Proviamo, dunque, a...
Come ha potuto succedere? Che mostruosità! Tutte quelle armi che circolano! Ma in che tempi viviamo! Colpa dei genitori….Colpa della scuola…. Sono le esclamazioni dei manigoldi ipocriti che tendono a ottunderci il cervello mentre cerchiamo di farci capaci dell’enormità di un bambino di dodici anni che entra in classe con una pistola e spara e uccide suoi compagni. Si assembrano sugli schermi e nelle paginate psicologi, sociologi, esperti di ogni risma da un euro all’etto a disquisire sul fattaccio. E tutti, indistintamente, a mancare...
L’apparente moderazione dell’Iran di fronte all’aggressione israeliana non dovrebbe essere confusa con la debolezza. Teheran esercita costantemente pressioni su Tel Aviv attraverso i propri metodi, preparando attentamente il terreno per il disfacimento di Israele. «La leggenda narra che una rana posta in una pentola poco profonda piena d’acqua riscaldata su un fornello rimarrà felicemente nella pentola d’acqua mentre la temperatura continua a salire, e non salterà fuori anche se l’acqua raggiunge lentamente il punto di ebollizione e uccide la...
Più passano i giorni, più Israele procede nella sua campagna di sterminio, più si isola dal resto del mondo, più comprendo che il pogrom del 7 ottobre, pur essendo, come non può che essere un pogrom, un’azione atroce moralmente inaccettabile, è stato un atto politico capace di cambiare la direzione del processo storico. La conseguenza immediata di quell’azione è stata lo scatenamento di un vero e proprio genocidio contro la popolazione di Gaza, ma il genocidio era in corso in modo strisciante da settantacinque anni, nei territori occupati, in...
Marx era consapevole della difficoltà che l’idea di classe poneva come categoria che rappresenta un insieme eterogeneo di lavoratori, perché sapeva che il proletariato era composto non solo dagli operai di fabbrica ma da tanti altri lavoratori che, al pari di oggi, avevano in comune il fatto di trovarsi nella stessa posizione nei rapporti di potere. Tuttavia, nel pieno del capitalismo industriale, la classe in termini marxiani ha rappresentato una categoria utile a descrivere l’asimmetria dei rapporti di produzione e come questi fossero...
Premettendo che l'uscita di CS dai social ebbe molte ragioni circostanziate e che continuo a pensare che i social network siano già da tempo "territorio nemico", cominciamo mettendo in rilievo l'annuncio nell'articolo: Sabato 11 Maggio alle ore 10 presso il Centro Congressi Cavour sito a Roma in Via Cavour 50/a, ci riuniremo per il decennale de L’Interferenza e sarà l’occasione, oltre che per un dibattito politico sui vari temi di politica e di politica internazionale, anche per lanciare una battaglia per la libertà di informazione, per...
I ricchi sono sempre più ricchi, i poveri sono sempre più poveri. Alla base del divario, tra gli altri fattori, anche le eredità che in molti Paesi passano di mano senza essere tassate, o quasi. Così per la prima volta in 15 anni, secondo i dati di Forbes, tutti i miliardari sotto i 30 anni hanno ereditato la loro ricchezza. Detto in altri termini: nessuno di loro ha un’estrazione socio-economica familiare differente e si è “fatto da solo”. Addio ascensore sociale: il “grande trasferimento di ricchezza” – 84.000 miliardi di dollari nei...
Il giornale statunitense Politico ha intervistato alcuni ufficiali militari ucraini di alto rango che hanno prestato servizio sotto il generale Valery Zaluzhny silurato a febbraio da Zelenski. Le conclusioni sono che per l’Ucraina “il quadro militare è cupo”. Gli ufficiali ucraini affermano che c’è un grande rischio che le linee del fronte crollino ovunque i generali russi decidano di concentrare la loro offensiva. Inoltre, grazie a un peso numerico molto maggiore e alle bombe aeree guidate che stanno distruggendo le posizioni ucraine ormai...
L’assassinio del generale Reza Zahedi in un edificio dell’ambasciata iraniana di Damasco, assassinato insieme ad altri membri delle guardie rivoluzionarie, supera un’altra delle linee rosse che normalmente hanno limitato la portata dei conflitti del Secondo dopoguerra, evitando al mondo escalation ingestibili (il mondo guidato da regole esisteva prima dell’89; dopo il crollo del Muro, le regole sono state riscritte a uso e consumo degli Usa…). Anzitutto perché Israele ha colpito un alto ufficiale di una nazione non ufficialmente in guerra....
Sul quotidiano La Stampa di ieri è stata pubblicata una significativa intervista al fisico Carlo Rovelli che ha preso posizione a sostegno delle mobilitazioni degli studenti che chiedono la sospensione della collaborazione tra le università italiane e le istituzioni israeliane. Qui di seguito il testo dell’intervista Carlo Rovelli, fisico teorico, autore dei bestseller di divulgazione scientifica “Sette brevi lezioni di fisica” e “L’ordine del tempo”, non è uno da giri di parole. Nemmeno quando le idee rischiano di essere impopolari. Di...
Riporto questo articolo di Xi Jinping uscito ieri sul L’Antiplomatico, che conferma quanto ho avuto modo di analizzare in un mio contributo apparso si Carmilla e ripreso da Sinistrainrete poche settimane or sono. Non starò a ripetermi in queste sede e in estrema sintesi, mi limito a ribadire che quello cinese non è socialismo, ma nell’ambito di un processo internazionale multipolare occorre sostenere tutte le forze e i paesi che vanno in quella direzione e che di fatto contribuiscono al declino storico e generale dell’imperialismo atlantista,...
Mi scuso con chi legge questo articolo perché era mia intenzione aprire alla grande con una congrua citazione marxiana dai Grundrisse, quella che si avvia con: «Der Krieg ist daher eine…». Poi ho assistito in TV a una pensosa trasmissione condotta dal noto filosofo con nome primaverile, Fiorello, e ho cambiato idea. Il pensatore ha introdotto la categoria post-postmoderna di Ignoranza Artificiale. A questo punto ho meditato. Grande LLM di GPR-3! Grandissimo PaLM-2 che è addestrato da 340 miliardi di parametri! Grandioso GPT-4 addestrato da un...
Terminata la lettura delle scarse 150 pp. del volume di Stefano Isola, A fin di bene: il nuovo potere della ragione artificiale (Asterios, 2023), la sensazione è di inquietudine. Il dibattito sulle potenzialità della cosiddetta “intelligenza artificiale” (AI) è salito al punto da echeggiare i temi della fantascienza sulla “rivolta delle macchine”. Impressiona il fatto che la denuncia dei rischi venga non da qualche sorta di “primitivista”, ma da imprenditori del settore e da ricercatori. “Il 49% dei ricercatori di intelligenza artificiale ha...
Aleksandr Herzen diceva che il nichilismo non è il voler ridurre le cose a nulla, bensì riconoscere il nulla quando lo si incontra. La nulliloquenza non sarebbe difficile da individuare, dato che consiste nel muoversi costantemente su categorie astratte senza mai scendere nel dettaglio concreto. Purtroppo a volte è sufficiente drammatizzare la mistificazione nel modo giusto per far cascare l’uditorio nell’illusione. Nel gennaio scorso ci hanno raccontato la fiaba sul liberista, “libertario” e “anarco-capitalista” Xavier Milei, neo-presidente...
Ieri sera nel salotto di Floris il padre di Ilaria Salis ha pronunciato le seguenti parole: “Mia figlia è in carcere perché è una donna, perché è antifascista e perché non è ungherese”. Ora, un padre direbbe e farebbe di tutto pur di tirar fuori la propria figlia dalla galera, e questo ci sta tutto ed è ciò che lo nobilita. Dopo di che se crede o meno in ciò che dice o sia solo una escamotage per aiutare la figlia non lo sappiamo perché non siamo nella sua testa e, tutto sommato, è anche irrilevante saperlo. Chiarito questo, lo spropositato...
In prima serata per modo di dire, ovviamente. Come diceva qualcuno, se campi abbastanza ne vedi di tutte le specie. Aggiungerei che finisci per vedere tutto e il contrario di tutto. Esce su Netflix Il problema dei tre corpi e improvvisamente tutti parlano di caos deterministico, il che è molto curioso ai miei occhi. È molto curioso perché mi ricordo molto bene di quando iniziai a parlare di teorie del caos. Fu nel 2016 e il partito de lascienza ci mise poco a classificare la cosa: "le teorie del caos sono un marker dell'antivaccinismo". Mi...
Quattro autorevoli personalità tedesche – Peter Brandt, storico e figlio del cancelliere Willy Brandt, il politologo Hajo Funke, il generale in pensione Harald Kujat e Horst Teltschik, già consigliere del cancelliere Helmut Kohl – hanno presentato un piano di pace (qui il testo tradotto) altamente competente e realistico su come si potrebbe porre fine alla guerra in Ucraina attraverso un cessate il fuoco e successivi negoziati di pace. Si tratta probabilmente della proposta di pace più completa e innovativa che sia stata avanzata da un...
Quando il conflitto in Ucraina passerà alla storia, le passioni si placheranno e gli storici professionisti inizieranno ad analizzare gli eventi del recente passato, rimarremo tutti scioccati: come è potuto accadere che abbiamo accettato per oro colato un'ovvia menzogna? È consuetudine ironizzare sul passato di Vladimir Zelenskyj nel mondo dello spettacolo, ricordando come simulava suonare il pianoforte con i genitali per il divertimento del pubblico. C'erano altre battute di basso livello nel suo repertorio. Ma questo fu l’inizio, e...
Il libro di Giorgio Monasterolo, Ucraina, Europa mondo. Guerra e lotta per l’egemonia mondiale, pubblicato dalla casa editrice Asterios (2024), affronta l’argomento guerra in Ucraina e quella fra Israele e palestinesi della striscia di Gaza rispondendo contemporaneamente a due domande: come scoppiano i conflitti militari e perché. E’ opportuno, sostiene, spostare l’attenzione dal “come”, dalla logica aggressore-aggredito – secondo la quale la guerra ucraina è iniziata nel 2022, con l’attacco russo e quella di Gaza nell’ottobre 2023 con il...
«Indipendentemente dalla volontà degli uomini e delle autorità che li dirigono», scrive Fernand Braudel, i fenomeni collettivi si generano, accadono, tramontano, mutano (Civiltà materiale, economia e capitalismo (secoli XV-XVIII), vol. III, I tempi del mondo, trad. di C. Vivanti, Einaudi, Torino 1982, p. 65). Una volta avviate, le dinamiche sociali e politiche vivono di vita propria, seguendo regole certo non rigide come quelle che guidano il mondo fisico ma molto forti e a volte assai simili ai principi che sottendono le trasformazioni...
Dall’intelligenza artificiale allo sfruttamento dei satelliti. Dai dati sul traffico marittimo alle operazioni di compravendita che si chiudono in millesimi di secondo. Vale tutto sui mercati finanziari, pur di vincere la gara. Arrivare per primi, avere le informazioni una frazione di istante prima degli altri. Essere i più veloci a realizzare qualsiasi operazione di acquisto o vendita. Secondo un recente articolo di Les Echos alcuni fondi analizzano le foto satellitari dei porti per monitorare il numero di container in attesa. L’analisi di...
Dopo sole 24 ore dall’orribile eccidio del 22 marzo al Crocus City Hall di Mosca, che ha provocato la morte di almeno 137 persone innocenti e il ferimento di altre 60, i funzionari statunitensi avevano attribuito la responsabilità del massacro all’ISIS-K, la branca di Daesh dell’Asia centro-meridionale. Per molti, la rapidità dell’attribuzione aveva sollevato il sospetto che Washington stesse attivamente cercando di spostare l’attenzione dell’opinione pubblica occidentale e del governo russo dai veri colpevoli – l’Ucraina e/o la Gran...
Una premessa e otto tesi per essere (criticamente) molti in poesia[1]*
di Ennio Abate
Premessa Partiamo da qui: è crollata una chiara definizione dei confini della poesia, è stata svalutata dal prevalere della società dello spettacolo e dalla TV la lettura in generale e lo studio di quei testi, che autorità riconosciute nel campo della critica e nella comunità dei poeti avevano fino a ieri garantito come poesia. La poesia, come dopo un’esplosione, sembra disseminata dappertutto: nelle canzoni, nei testi di amici e conoscenti, nei poeti pubblicati dai massimi e dai minimi editori, nelle plaquette autoedite, sul Web…
Questa crisi ho cercato di leggerla attraverso il fenomeno dell’essere molti in poesia.Che è sotto gli occhi di tutti, ma rimosso, non pensato, poco indagato nei suoi aspetti ambivalenti, positivi e negativi. La proliferazione elefantiaca e incontrollata delle scritture poetiche, parapoetiche o similpoetiche (Raboni) è dovuta a tanti fattori (sociali, economici e tecnologici) sui quali qui non posso fermarmi.[2]
Ma mi preme indicare come concausa anche il disarmo della critica. Che, tranne eccezioni, ha preferito affrontare la crisi della poesia (e di se stessa) tirando i remi in barca e vivendo di rendita, come fecero gli antichi mercanti borghesi che, durante il Seicento, nel periodo della rifeudalizzazione, diventarono proprietari fondiari e rinunciarono ai rischi “militanti”.
Il problema di cosa in tale produzione sia o non sia poesia (o se, non più dopo Auscwitz, ma dentro questa globalizzazione selvaggia, abbia ancora senso scrivere o fare poesia), non è stato neppure affrontato o non ha ottenuto ragionevoli risposte. A sei anni dai suoi inizi (2006) c’è da dire che il Laboratorio Moltinpoesia, nato per capire proprio tale fenomeno, non è quello che dovrebbe essere: uno dei luoghi possibili della difficile progettazione di un essere (criticamente) molti in poesia; e neppure uno dei soggetti di una vera democratizzazione della poesia, un po’ diversa da quella deludente promossa dalla scuola di massa a partire dagli anni Sessanta e poi dall’industria culturale o spettacolare. In esso solo saltuariamente è stato possibile discutere a fondo della crisi della poesia o delle sue cause (è dovuta al prevalere dei mass media, che poi sono una delle emanazione di Das Kapital o no? al venir meno delle Grandi Narrazioni, sulle quali la poesia in passato poteva appoggiarsi? alla “mutazione antropologica” pasoliniana? alla globalizzazione “selvaggia” delle culture nazionali o locali?).
Non si è capito neppure a sufficienza che l’essere molti in poesia è uno dei segni della crisi della poesia e non la soluzione già trovata; e che una ipotetica democratizzazione della poesia (sulla quale mi va di scommettere, sapendo però che di scommessa si tratta…) è tutta da pensare; e richiederebbe di essere perseguita con strumenti adeguati.
Se altrove la crisi della poesia si manifesta nelle ingessature elitarie o neosacerdotali, nel Laboratorio, data l’impronta democratica del suo progetto, s’è manifestata più spesso con spinte democraticiste. Che sono affiorate, ad esempio, in discorsi del tipo “tutto è poesia”, “ma a che serve la critica?”, “non esistono più canoni e, dunque, criteri per distinguere poesia da non poesia”. O in proposte (purtroppo astratte e mai seguite da iniziative conseguenti) di “evangelizzazione poetica” nei confronti di quanti “non leggono poesia” e andrebbero “sensibilizzati”. O ancora in vaghe intenzioni di fare del Laboratorio uno strumento di rivalsa o di contestazione dei poeti esclusi o emarginati (che in effetti sono molti) nei confronti di quelli affermati.
Non vorrei che persino la scelta dell’immagine del Quarto stato di Pelizza da Volpedo come logo del fogliettone[3] o del blog, simbolo per me di un legame ideale con la tradizione del movimento operaio, avesse suggerito solo una facile e superficiale analogia con i molti in poesia.
Il Laboratorio è stato vissuto perlopiù come una microcomunità più emozionale (come tante in verità) che operativa, nella quale si sta per uscire dalla solitudine, incontrarsi, leggere soprattutto i propri versi, ricevere incoraggiamenti. Non sarebbe una funzione in sé disprezzabile, ma certo è un suo uso improprio che non può essere predominante (a meno di non cercare nella poesia le consolazioni della religione o del gruppo terapeutico).
Nel 2012 l’ipotesi di partenza del Laboratorio Moltinpoesia pare reggere: esiste una nebulosa di molti in poesia ampia, meno passiva rispetto al tradizionale pubblico della poesia ed essa può/deve cercare la sua strada in poesia (o accertarsi che è bloccata e indirizzare altrove le sue energie). Ma lo deve fare tenendo conto che la poesia è in crisi; e che ambivalenze, velleità, narcisismi, passiva adozione di modelli poetici assunti criticamente non giovano. Va detto onestamente e senza pietismi o diplomatismi che non tutti, ma molti dei molti, in poesia cercano di entrarci col piede sbagliato. È come se s’introducessero in una bottega artigiana, che non hanno mai visto o di cui sanno per sentito dire, ma subito pretendono di usare gli attrezzi che lì trovano, rifiutando il necessario studio che l’arte poetica di un tempo richiedeva anche solo per essere compresa. Va detto pure che molti dei molti spesso non entrano neppure nel reale terreno storico che fu della poesia, ma seguono piste diverse, quelle più di recente aperte dalle avanguardie o dalle neoavanguardie. In questi casi è come se la poesia la si afferrasse già nella vita (nelle emozioni, in una sensazione, in un’intuizione) e che si debba semplicemente trascriverla o esprimerla solo improvvisando e mescolandola con altre forme espressive: dal cabaret al teatro, dalle arti visive alla vocalità o alla gestualità. E in molti dei molti, infine, è strabordante la coazione a partecipare, a pubblicare o a non aspettare, a non confrontarsi con gli altri, a cercare soprattutto amici di solito dal facile applauso. Ci si occupa insomma della poesia in preda a passioni oscure che non vengono mai, neppure nella scrittura, sufficientemente chiarite. Insomma, la discussione del Laboratorio Moltinpoesia tra 2006 e 20012 ha mostrato quanto un progetto (poco definito al suo nascere o poco inteso da chi vi ha aderito?) calamiti ideologie e immaginari che potrebbero arricchirlo solo a patto che si riesca a orientare le energie e a lavorare dentro la realtà, assumendosene la fatica e i rischi.
Parafrasando il Fortini del «Non esiste un Petrarca per tutti», dobbiamo dire più decisamente che non esiste un Parnaso per i molti. Tra l’altro esso oggi è alquanto diroccato, anche se quelli che ci stanno o ci sono entrati per il rotto della cuffia effettivamente danno mostra di scacciare i molti e di arruolare solo alcuni giovani sacerdoti per l’improbabile pomerio dei veri Spiriti Magni. E tuttavia, quelli che sono o si sentono esclusi e, come la volpe di Esopo, dopo alcuni salti vani rinunciano all’uva, possono autorizzarsi da soli e dichiararsi poeti o con una qualche pubblicazione o con una rivista o con un blog, insomma con un Parnaso fai-da-te, che è evidentemente un surrogato di quello - ripeto - diroccato e cadente? O ricopiare sempre più stancamengte il gesto ribelle dell’avanguardismo?
In ogni caso il vero problema è che la crisi della poesia come istituto si fa sentire sugli uni e sugli altri, sui pochi e sui molti. È come se fossero impraticabili le strade sia del ritorno ad un passato idealizzato sia della proiezione in un futuro delineato almeno in alcuni suoi contorni. Siamo in mezzo al guado. E ci dibattiamo tra mito delle origini e nevrosi della fine[4] o nello stagno della post-poesia e dell’epigonismo, come denuncia Giorgio Linguaglossa,[5] o tra rifondazione ed esodo (come tendo a dire io). Per riflettere assieme su questo blocco della ricerca poetica e critica ecco otto tesi tutte discutibili e da discutere…
1. Essere molti in poesia è prendere atto che non esiste una sola poesia
Perché essere molti in poesia e non semplicemente essere in poesia[6]? Perché la poesia non è (mai stata) una; e non è neppure il luogo dove una pluralità di soggetti la producono convivendo rispettosamente tra loro. Sono esistite in altri tempi (forse più limpidi se non tranquilli) le patrie lettere. Non esistono oggi. Né abbiamo una ONU della poesia mondiale né un internazionalismo poetico, ma solo una “Babele poetante” che ricalca in piccolo la Babele globalizzata. La poesia resta, almeno a partire dall’Ottocento, un campo disomogeneo in sé e dai confini variabili e di continuo ridefiniti sotto le spinte più varie (nobili e meno nobili). In poesia un’opposizione storica - pochi /molti - per me resta significativa. Il suo campo, infatti, ora sembra restringersi e iper-formalizzarsi per il prevalere nei singoli o nei gruppi organizzati che vi intervengono di una visione elitaria; e ora sembra ampliarsi sotto la pressione di spinte democratiche. La crisi della poesia può essere letta, dunque, anche alla luce di tale opposizione. In poesia ci si aggrega e ci si divide, ci si confronta e ci si scontra anche nel voler essere pochi o molti a farla o a parlarne.[7]
Non esiste, insomma, una Casa della poesia nella quale abitare tutti in santa pace, come pur ciascuno nel profondo di sé magari desidera. E perciò, come in tutti gli altri campi della vita, le persone reali che, dall’epoca moderna in poi, s’occupano di poesia (poeti, lettori, pubblico che segue le iniziative, critici, contestatori della poesia) di continuo, generazione dopo generazione, stabiliscono e ristabiliscono valori, gerarchie e mode al posto di valori, gerarchie e mode concorrenti o opposte alla propria (elitaria o democratica), che del resto alludono a concezioni diverse non solo della poesia ma dei rapporti sociali possibili nel mondo storico.
2. Essere molti in poesia non significa che lo siamo già: è una contraddizione da gestire e un progetto da costruire
Il termine moltinpoesia contiene in sé una contraddizione. Essere molti in poesia è come voler essere molti in cima a un monte (magari il Parnaso) o voler abitare dentro un vetusto edificio, costruito secoli fa e pensato per soddisfare le esigenze di pochi (malgrado una secolare ideologia universalistica che va dal Convivio ai nostri giorni). Non è possibile. Già Fortini ammonì: non esiste il Petrarca per tutti. E coerentemente le avanguardie artistiche del primo Novecento, quando assaltarono la Casa della Poesia di allora, mirarono a distruggerla non ad abitarla. Sapevano bene che i molti non potevano starci e avevano bisogno d’altro. Mirarono a una rivoluzione, non a un cambio di proprietà. (Anche se poi, sconfitti, quando non si suicidarono, ripiegarono e si adattarono a spodestare i precedenti inquilini per mettersi al loro posto. Anche se nessun esercito “proletario” raggiunse mai il terreno dove le avanguardie avevano distrutto/innovato. Anche se una poesia per tutti, sognata ad es., da Eluard non ci fu).
Va aggiunto che la crisi non tocca solo i molti in poesia ma anche i pochi in poesia. Dopo i tentativi rivoluzionari delle avanguardie primo novecentesche, non c’è stata più la Poesia di prima o di sempre; e la crisi non ha fatto che prolungarsi fino ai nostri giorni. I molti che sono entrati in poesia hanno trovato un campo in crisi e comunque organizzato per le esigenze di pochi. Hanno cercato dei maestri e non ce n’erano più. Oppure i pochi vecchi maestri sopravvissuti non davano risposte ai loro bisogni. S’era rotta, già attorno agli anni Settanta, una continuità nella stessa trasmissione dei saperi poetici. E, dunque, l’ingresso disordinato e inquieto dei molti in poesia ha trovato una situazione disordinata e caotica: la stessa, di cui soffrono le pur recidive corporazioni nepotistiche. (Un processo simile è accaduto anche nella scuola. Dalla ventata del ’68, quando i molti, prima esclusi dalla scuola “di classe”, vi penetrarono tentando senza riuscirci di cambiarla, la scuola non è più quella di prima, malgrado le apparenze, ma geme in perpetua crisi. Per non parlare più in generale della democrazia…)
3. Essere molti in poesia è soprattutto essere laboratores di poesia (essere in laboratorio), più che oratores della Poesiasacerdotale o bellatores della Poesia d’avanguardia
Per correggere un’immagine ingenua o falsata dell’essere molti in poesia, bisogna dare importanza all’idea di laboratorio (tra poeti e poeti, tra poeti e critici ed altre figure ancora…); e quindi al lavoro, ad un’attività niente affatto naturale o spontanea, priva di ostacoli e soprattutto non romanticamente solitaria. Solo in un’attività di laboratorio le due spinte fondamentali del fare poesia - quella espressiva dell’ ‘io’ (privata, individuale, apparentemente libera) e quella pubblica del ‘noi’ (sorvegliata, critica, pedantemente normativa) - potranno ritentare un confronto. Il laboratorio può/deve funzionare da cerniera tra il momento della ricerca in solitudine dei singoli poeti e il momento dell’incontro con gli altri. Avvertenza: ma non è facile costruire un buon laboratorio, farne un luogo di cooperazione, imparare da altri ed insegnare ad altri su un piano di rapporti tendenzialmente paritari, malgrado differenti orientamenti e tensioni inevitabili. Non basta avere delle buone intenzioni o rispettare con convinzione una logica democratica di comunicazione tra singoli e singoli, e poi tra il singolo e il gruppo (che ha dinamiche proprie), e infine del gruppo in rapporto ad altri gruppi. Non basta concordare sull’obiettivo di moltiplicare le potenzialità costruttive reali di tutti quelli che entrano nel discorso che si va costruendo. Anche nel laboratorio e nelle posizioni dei singoli echeggerà la medesima tensione tra molti e pochi.
4. Essere molti in poesia è ricongiungere il fare poesia col fare critica
Bisogna riaccostare il fare poesia al fare critica e non, come accade oggi, separare o contrapporre le due funzioni. E non perdere di vista la ragione profonda del loro “starsi addosso” anche in passato. Oggi si finge che non sia così o che non sia più possibile. Eppure poesia come espressione e poesia come critica convivono quasi dall’inizio. Ciascuno s’accorge di stare tra due fuochi contrapposti: dell’esprimersi e del censurarsi, del dire senza freno e del dire controllato, dell’ascoltarsi e del non ascoltare gli altri, del criticare e non criticare, del sottoporsi alla critica e dell’averne timore. Ma è solo un’ideologia (romantica o classicista) che induce ad isolare l’espressione rispetto al controllo formale o viceversa. È vero, oggi l’alleanza, mai priva di contesa, tra poesia e critica non è affatto facile. Entrambe sono boccheggianti. Né la situazione incoraggia. Ma bisogna insistere. Non si può poetare né criticare azzoppando uno dei due piedi o saltellare su uno solo.
5. Essere molti in poesia è rendere scorrevoli i rapporti tra livelli alti medi e bassi del fare poesia (o parapoesia o similpoesia)
Nei molti che oggi vogliono fare poesia ci sono differenze reali di preparazione e di consapevolezza dei problemi della poesia. Parafrasando Spinoza, che si riferiva alla lingua, potremmo però dire che la poesia «è conservata contemporaneamente sia dal volgo che dai dotti» e che il suo senso è prodotto dall’uso che ne fanno sia i più «dotti» che i più «ignoranti». Se alcuni poeti o poetanti ne sanno più di altri, questo non significa che la loro conoscenza debba servire a istaurare rapporti di obbedienza o di timore reverenziale. Eppure realisticamente è questo che accade il più delle volte. Il fatto che poeti di lunga pratica o con talento straordinario scrivano ottime poesie sarebbe un arricchimento per gli altri, perché accedono a un patrimonio di saperi di cui godere e da sfruttare. Ma, affinché i molti in poesia possano inoltrarsi sui percorsi aperti dai grandi poeti, c’è bisogno che venga corretta (non ci illudiamo di superarla a parole!) la divaricazione fra specialismo e dilettantismo, fra «eccellenza» e «mediocrità», fra «uomini di qualità» e «uomini senza qualità». E qui c’imbattiamo purtroppo nel’area scivolosa degli utopismi che hanno caratterizzato molto Novecento “democratico”; e che hanno fatto cilecca. Qui il discorso sulla crisi della poesia va intrecciato per forza di cose con dei bilanci severi della crisi del progresso, della democrazia e del fallimento del comunismo. Le semplificazioni e i dubbi sono in agguato. Come si fa a predicare la democrazia in poesia, se la stanno azzerando nella società? Che senso ha portare i molti in poesia mentre la poesia quasi non c’è più? Non è possibile placare dubbi e scetticismi con risposte rassicuranti. È possibile solo reggere la contraddizione, scommettere su ciò che pare il meglio senza abbandonarsi al nichilismo e vedere cosa avverrà. Anche se i tempi sono bui, almeno si può scommettere. E nel frattempo tentare di rendere fluidi i contatti tra espressioni e discorsi che si sviluppano ai piani alti, medi e bassi della ricerca. O mettere in relazione le singolarità “forti” e quelle “deboli”, affinché qualcosa possa pur scorrere in una direzione e in quella inversa, non irrigidire le differenze, non ingessarle o considerarle insuperabili, fino cancellarsi a vicenda e a chiudersi in pose identitarie o di superbia statuaria o di tragicità orgogliosa. Ecco perciò la necessità di una presa di distanza da entrambi gli snobismi più incalliti (quelli elitari e quelli democraticisti), refrattari entrambi non solo al confronto ma persino allo scontro; e alla fine tendenti al ghetto (o dorato o plebeo). Bisogna puntare agli scambi, alle dialettiche ( ma non più a senso unico, come quelle progressiste o pedagogiche, che spesso sono partite dall’alto di una Tradizione per depositarsi nel basso della quotidianità, verniciandone la miseria senza però rivitalizzarla).
6. Essere molti in poesia è costruire una nuova estetica
Uno dei punti massimi di resistenza sta nella difficoltà di apprezzare il bello di essere molti. Lo so che l’espressione è quasi scandalosa, perché nella cultura e nella poesia italiana persiste una illustre tradizione di sensibilità anti-molti (ridotti a folla o a masse informi sempre e solo minacciose). Uno dei rappresentanti di questa solidissimo pregiudizio fu Eugenio Montale. Ma tutta la storia letteraria e la storia tout court ci mostrano esempi a iosa di un elitarismo, ora occulto ora mascherato; e anche nella Sinistra che si è voluta democratica. E perciò è davvero arduo smantellare un monumento ideologico tanto imponente. Che esistano empiriche, storiche ed accertabili differenze di qualità fra i testi o fra le facoltà degli individui, che non si debbano negare le gerarchie fra bello e brutto, riuscito e non riuscito, mi pare indiscutibile e facile costatazione. Ma accettabile solo a due chiare condizioni: - che esse, da provvisorie e accertate nella realtà, non diventino permanenti e “naturali”; - che non si taccia sul grado di violenza che comunque fissano a livello simbolico (e quasi sempre a vantaggio dei pochi).
Potranno mai ‘eccellenza’ e ‘mediocrità’ avere un altro senso (includente e non escludente)? Non so dirlo. Diffido sempre più sia delle facili proiezioni utopiche sia del realismo statico. Mi pare giusto riconoscere e anche valorizzare tutte le possibili differenze, senza però irrigidirle per sempre come fa il pensiero elitario (liberale, razzista, classista o sessista) e senza fissare - con un automatismo che ha profonde radici inconsce tutte da indagare - tale operazione in gerarchie addirittura “naturali” del tutto indimostrate teoricamente. In poesia, dunque, mi pare pensabile , anche se ardua come ho detto, una valutazione dei testi di chiunque secondo una dialettica fra riuscito e non riuscito. Come mi sembra possibile un andare avanti e indietro del pensiero critico fra livelli qualitativamente alti, medi, bassi e viceversa, senza limitarsi a separare definitivamente e di netto l’eccellente dal mediocre (e dunque anche il poetico, dal parapoetico o dal similpoetico). Ripeto: non si tratta di negare le gerarchie, ma di non renderle statiche e respingenti. Non si può comunque continuare a difendere in poesia una qualità neutra, una bellezza neutra. Non solo perché a me pare continui ad avere dei connotati troppo elitari. Ma anche perché le sue estensioni “democratiche” sono spesso soltanto un annacquamento di valori nati dai modi di vita delle élite oggi impraticabili (insomma: il Petrarca per tutti). I modelli di questa bellezza neutra, continuamente riusati e quindi convalidati socialmente (prima attraverso la scuola e oggi soprattutto attraverso i mass media), diventano indiscussi e, automaticamente, con la loro evidenza materiale ed emotiva impediscono di porre il problema di una qualità e di una bellezza che sfugga a queste stereotipie consolidate. Certo una nuova estetica (che dovrebbe nascere da una nuova critica e da una nuova poesia) per affermarsi avrebbe bisogno di un linguaggio nuovo dei molti in poesia. Ma per ora è solo un auspicio. Non è certo quello semplificato sì, ma inerte, di cui i mass media c’invadono. E neppure, credo, vi possono rientrare quelli novecenteschi elaborati dalle neo e postavanguardie in lotta contro la banalizzazione mediatica inferta alla lingua di uso. O quelli neosacerdotali o orfici o neo orfici. Un linguaggio nuovo (non oso dire ‘comune’ data l’inflazione ambigua e appunto anch’essa democraticista del termine, specie negli ultimi anni) può forse venire solo da una piena espansione delle potenzialità positive (poetiche e critiche) dei molti in poesia liberati dalle scorie di cui ho detto sopra.
7. Essere molti in poesia è riusare criticamente ciò che è stato finora considerato poesia
Non è stata mai esclusa dal Laboratorio una dimensione diciamo pure scolastica, educativa, pedagogica, che miri al “riuso” della poesia, come si faceva o si dovrebbe fare ancora in qualsiasi buona scuola o gruppo di lavoro. È una cosa semplice e ragionevole (o almeno lo fu in passato nei limiti unidirezionali, che ho indicato, di una logica progressista e di un’educazione dall’alto verso il basso senza ritorno…). Avvicinare molti alla poesia resta un obiettivo “scolastico”, ma da prendere sul serio. Si tratta di capire però che tipo di scuola non deve essere un Laboratorio che operi nella crisi della poesia. Questo per non illuderci che il contatto con la Bellezza dei capolavori ci faccia uscire dalla crisi della poesia (o per non farci ammaliare e distrarre …).
8 . Essere molti in poesia e essere pochi in poesia sono ideologie della poesia
Questo dev’essere molto chiaro. Ci sono schiere di poeti pronti a giurare che la poesia c’è quando e dove l’ideologia tace. E, quindi, a ritenere del tutto secondaria l’opposizione molti/pochi in poesia. Per loro il problema della democratizzazione della poesia potrebbe riguardare al massimo la sua divulgazione e non il momento della sua produzione, che - dicono - è impensabile possa essere affidata ai molti; anzi è meglio che sia attività in mano a quei pochi che la sanno davvero fare. Come ci sono schiere di critici pronti a sostenere che le loro argomentazioni teoriche o estetiche sono neutrali e al di sopra di qualsiasi ideologia. Come ci sono schiere di poeti o di poetanti che, stanchi di queste “chiacchiere” o “inutili polemiche” si rifugiano nella “poesia fatta in casa”, nella poesia fai-da-te, espressione di virtù private, solitarie o di esercizio che ciascuno esegue per conto suo e a modo suo, “liberamente”. Eppure, anche se il linguaggio poetico può allontanarsi di molto dalla lingua sociale fino a rarefarsi e la poesia è pensata e scritta da un singolo e non può essere, se non per gioco, costruita in immediata collaborazione con altri, nel testo, alla fine di un complesso e mai del tutto afferrabile processo, si sedimentano anche (non dico solo o soprattutto) le ideologie dei molti o dei pochi, che il linguaggio sociale e persino quello poetico più rarefatto comunque conservano - o in modi evidenti o in modi celati - in sé nelle loro strutture più profonde. E poi , come tutte le altre pratiche umane, la poesia è soprattutto istituzione pubblica. Poesia è solo ciò che in un determinato spazio e tempo certe istituzioni o comunità - quella dei poeti, quella dei critici, quella del pubblico o dei lettori - autorizzano ad essere poesia; poi ciascuno nel suo intimo potrà ritenere poesia un sospiro, un gesto, una sua parola, ma resterà poesia solo nel suo foro interiore fino a che una qualche autorità - di governo o di opposizione della poesia, ufficiale o antagonista - non riuscirà ad imporre quel sospiro, quel gesto, quella parola come poesia.
Nota. Sia lo schieramento dei molti (democratico) che quello dei pochi (elitario) possono essere portatori di valide ragioni (o quantomeno di problemi irrisolti e magari rimossi dall’uno o dall’altro schieramento o da entrambi). E sia un singolo (poeta o critico) che un gruppo possono ridimensionare di molto (ma mai abolire) l’ideologia di partenza, che comunque resta e permette di distinguere appunto testi e poeti anche secondo che siano portatori di un’ideologia dei pochi o dei molti.
*Una riflessione per la serata del 7 giugno 2012 Palazzina Liberty di Milano
[1] Il termine moltinpoesia è nato attorno al 2006, dopo un periodo di incubazione in cui avevo scritto sulla crisi della poesia da un’insolita angolazione: partendo cioè dal fenomeno dei tanti “scriventi versi” o “poeti massa” o “similpoeti” o “irregolari”. In uno dei primi incontri di fondazione del Laboratorio, circolarono non senza scetticismo e autoironia i termini di “nebulosa poetante” e “moltitudine poetante”. Poi optammo per il più semplice (e augurale) molti in poesia assemblato alla fine in moltinpoesia. [2] L’ho fatto in passato in Poesia moltitudine esodo pubblicato su Inoltre N.7 inverno 2003/2004 e ora leggibile qui: http://www.backupoli.altervista.org/IMG/POESIA_MOLTITUDINE_ESODO_2003.pdf [3] Il fogliettone del Laboratorio Moltinpoesia è un foglio A4 stampato con brevi notizie, dizionarietto di poeti e riflessioni. Ne sono usciti finora cinque numeri. [4] Cfr. Gianluigi Simonetti sul blog Le parole e le cose: http://www.leparoleelecose.it/?p=5322 [5] Giorgio Linguaglossa, DALLA LIRICA AL DISCORSO POETICO, Storia della poesia italiana (1945-2010), Edilet, Roma 2011 [6] Come ha obiettato Patrizia Villani. Cfr. http://moltinpoesia.blogspot.it/2012/05/essere-moltinpoesia-in-vista-della.html [7]La collocazione dei poeti o dei critici nell’una o nell’altra di tali categorie non è facile da stabilirsi perché in gioco non entrano solo fattori semplici o accertabili sul testo (come ad es. la leggibilità o il contenuto), ma altri complessi o extratestuali (come ad es. il gusto, l’organizzazione della cultura, lo “spirito del tempo”, le mode spontanee o costruite). Spunti elitari e spunti democratici si possono ritrovare in varie misure in autori di segno culturale e politico anche opposto.
Enrico Grazzini è giornalista economico, autore di saggi di economia, già consulente strategico di impresa. Collabora e ha collaborato per molti anni a diverse testate, tra cui il Corriere della Sera, MicroMega, il Fatto Quotidiano, Social Europe, le newsletter del Financial Times sulle comunicazioni, il Mondo, Prima Comunicazione. Come consulente aziendale ha operato con primarie società internazionali e nazionali.
Ha pubblicato con Fazi Editore "Il fallimento della Moneta. Banche, Debito e Crisi. Perché bisogna emettere una Moneta Pubblica libera dal debito" (2023). Ha curato ed è co-autore dell'eBook edito da MicroMega: “Per una moneta fiscale gratuita. Come uscire dall'austerità senza spaccare l'euro" ” , 2015. Ha scritto "Manifesto per la Democrazia Economica", Castelvecchi Editore, 2014; “Il bene di tutti. L'economia della condivisione per uscire dalla crisi”, Editori Riuniti, 2011; e “L'economia della conoscenza oltre il capitalismo". Codice Edizione, 2008
Salvatore Minolfi: Le origini della guerra russo-ucraina
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