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Una battaglia per l'Amazzonia che può servire da ispirazione per il mondo

di Johann Hari

The Independent

La sollevazione in Amazzonia è più urgente di quella dell’Iran – può essere determinante per il futuro del pianeta

indigeni2Mentre il mondo osserva con nervosismo la protesta in Iran, una sollevazione ancora più importante sta passando inosservata – Eppure ciò che comporterà influirà sul vostro futuro ed il mio.

Nel profondo della foresta pluviale amazzonica il popolo più povero del mondo ha sfidato le persone più ricche del mondo per difendere una parte dell’ecosistema senza il quale nessuno di noi può vivere. Essi non avevano nient’altro che dei giavellotti di legno e la forza morale per sconfiggere le compagnie petrolifere, e, per oggi, hanno vinto.

Ecco la storia di come è successo e del perché noi tutti dobbiamo fare nostra questa lotta. All’inizio di quest’anno, il Presidente del Perù, appartenente alla corrente di destra, Alan Garcia, ha venduto a una serie di compagnie petrolifere i diritti di esplorare, disboscare e trivellare il 70 per cento della fascia di Amazzonia che fa parte del suo paese. Sembra che Garcia veda la foresta pluviale come uno spreco di buone risorse, e parlando degli alberi dell’Amazzonia dice: “Ci sono milioni di ettari di legname che giacciono là, inutilizzati”.

Nel piano di Garcia c’era solo una fastidiosa pecca: il popolo indigeno che vive in Amazzonia. Questo popolo è il primo popolo dell’America del Sud che è stato soggetto a ondate su ondate di genocidi sin dall’arrivo dei Conquistadores. E’ debole. Non ha armi. Ha si è no l’elettricità. Il Governo non si è dato la pena di interpellarlo: che cosa conta un manipolo di indiani, che cosa mai potrebbe fare?

Ma il popolo indigeno ha visto quello che è accaduto in Amazzonia ovunque sono arrivate le compagnie petrolifere.. La Occidental Petroleum ora sta affrontando processi nelle Corti di giustizia statunitensi per avere scaricato una cosa come circa nove miliardi di barili di rifiuti tossici nella regione dell’Amazzonia dove hanno operato dal 1972 al 2000. Andres Sandi Mucushua, la guida spirituale della zona che alle compagnie petrolifere è nota come Block (12°)B, nel 2007 ha dichiarato: “La mia gente è ammalata e sta morendo a causa degli ossidi. Le acque dei nostri fiumi non sono potabili e non possiamo più mangiare i pesci dei nostri corsi d’acqua né la carne degli altri animali della foresta”. Le compagnie hanno negato qualsiasi responsabilità dicendo che “sapevano che i dati relativi all’impatto negativo sulla salute dei membri della comunità non erano credibili”.

Nell’Amazzonia ecuadoriana, secondo un inchiesta indipendente, i rifiuti tossici presumibilmente scaricati dopo le trivellazioni della Chevron – Texaco hanno provocato, secondo una ricerca scientifica indipendente, 1401 morti per cancro, la maggior parte dei quali bambini. Quando Greg Palast, investigatore della BBC ha mosso queste accuse all’avvocato della Chevron, questi ha risposto: “Ed è l’unico caso di cancro nel mondo? Quanti casi di bambini malati di cancro ci sono negli Usa? Devono provare che sia colpa del greggio, (cosa che) è assolutamente impossibile”.

Il popolo amazzonico non vuol vedere la propria foresta abbattuta né le proprie terre avvelenate. E’ qui che la necessità del popolo indigeno, di preservare il proprio habitat, coincide con la vostra necessità di preservare l’habitat. La foresta pluviale assorbe massicce quantità di gas serra (riscaldanti) e li tiene immagazzinati e quindi fuori dall’atmosfera terrestre. Già stiamo abbattendo alberi a una velocità che sta provocando un inquinamento pari al 25 per cento delle emissioni di anidride carbonica dovute all'uomo, pari a molto più di quello di tutti gli aeroplani, i treni e le automobili messi insieme. Ma è doppiamente distruttivo tagliare gli alberi per trovare il petrolio, cosa che poi finirà per cuocere ancora di più il pianeta. Il piano di Garcia era di trasformare l’Amazzonia da enorme condizionatore del pianeta a caminetto personale.

Perché stava facendo questa cosa? Doveva rispondere all’intensa pressione effettuata dagli Usa, il cui nuovo Free Trade Pact (Patto di libero mercato), richiede queste “aperture”, e dal Fondo Monetario Mondiale alimentato dalle nostre tasse. In Perù è stato anche asserito che il partito al governo, APRA, è motivato dalle bustarelle delle compagnie petrolifere. Alcuni degli alleati di Garcia sono stati colti e registrati mentre parlavano di come vendere l’Amazzonia a loro amici. Il capo del comitato parlamentare che sta indagando su questo affare, Rep. Daniel Abugattas, dice : “Il governo ha svenduto le nostre risorse naturali ai peggiori offerenti. Ciò non ha recato alcun beneficio al Perù, ma soltanto agli amici di questa amministrazione”.

Perciò la popolazione indigena ha agito per la propria auto difesa e anche per la nostra. Usando i loro corpi e le loro armi di legno hanno bloccato i fiumi e le strade per fermare le compagnie petrolifere in modo che non potessero più muoversi né all’interno né fuori. Hanno sequestrato le due valvole del condotto petrolifero che collega la sorgente di petrolio nel paese e la costa, cosa che avrebbe portato a dover razionare la benzina. I leader seguono un preciso dettato che dice: “Lotteremo tutti insieme con i nostri genitori e i nostri figli per difendere la foresta, per salvare l’ecosistema equatoriale e il mondo intero”.

Garcia ha risposto con l’invio di truppe militari. Ha dichiarato “lo stato di emergenza” in Amazzonia, sospendendo quasi tutti i diritti costituzionali. Gli elicotteri dell’esercito hanno aperto il fuoco sui manifestanti con proiettili e granate assordanti. Hanno ucciso più di dodici persone. Ma gli indigeni non sono fuggiti. Anche se sapevano di rischiare la vita, sono rimasti sulla loro terra. Uno dei loro leader, Davi Yanomami, ha detto semplicemente: “La terra non ha prezzo. Non può essere comperata o venduta o scambiata. E’ molto importante che i bianchi, i neri e gli indigeni combattano insieme per salvare la vita della foresta e la terra intera. Se non combattiamo insieme, quale sarà il nostro futuro?” E allora è successo qualcosa di straordinario. Gli indigeni hanno vinto. Il congresso peruviano ha cassato la legge che permetteva le trivellazioni alle compagnie petrolifere, e i voti sono stati 82 a favore e 12 contro. Garcia ha dovuto scusarsi per il suo “grave errore e per la sua esagerazione”. I manifestanti hanno festeggiato la vittoria e sono tornati alle loro case nel cuore dell’Amazzonia.

Certo, le compagnie petrolifere si riaggregheranno e torneranno, ma questa è una vittoria che può ispirare le forze della salute mondiale e quindi qualcosa che sarà difficile capovolgere.

Gli esseri umani hanno bisogno di molte decisioni come questa: lasciare il petrolio nel suolo e permettere alla foresta pluviale di vivere. In piccolo, questa battaglia nella giungla è come la lotta che noi ora affrontiamo. Vogliamo permettere a un piccolo gruppo di ricchi di guadagnare a breve termine sezionando e bruciando le risorse, a spese della possibilità di sopravivenza collettiva?

Se ciò vi sembra un’iperbole, sentite ciò che dice il professor Jim Hansen, il primo climatologo del mondo le cui previsioni sono difficilmente sbagliate. Dice: “E’ chiaro che, se bruciamo tutta la benzina proveniente dal petrolio, distruggeremo il nostro pianeta. Porteremmo il pianeta ad un’accelerazione dello scioglimento dei ghiacci con un aumento del livello dei mari di 75 metri. I disastri lungo le coste sarebbero continui. L’unica incertezza concerne i tempi che impiegheranno i ghiacci per giungere a una totale disgregazione”.

Ovviamente i sostenitori del petrolio eccepiranno che l’unica alternativa a bruciare ciò che rimane delle riserve di petrolio e di gas (metano?) per noi è vivere come la popolazione indigena dall’Amazzonia. Ma nello stato vicino al Perù potrete vedere un sistema molto diverso ed ecologicamente sano di crescita di un paese emergente, se solo vorrete andarci.

L’Ecuador è un paese povero con grandi riserve di petrolio all’interno della sua foresta pluviale, ma il suo presidente, Rafael Correa, ci ha presentato un piano esattamente opposto a quello di Garcia. Ha infatti annunciato la sua volontà di lasciare le grandi riserve petrolifere del suo paese nel sottosuolo, se il resto del mondo pareggerà i 9,2 miliardi di dollari di ricavi che produrrebbe quel petrolio.

Se non cominciamo a cercare di raggiungere questa alternativa, finiremo per rendere priva di significato la vittoria degli indigeni dell’Amazzonia. Il Centro Hadley di Exeter, uno dei centri scientifici maggiormente sofisticati e avanzati nello studio dell’impatto del surriscaldamento globale, ha messo in guardia tutti: se continuiamo a produrre gas che creano l’effetto serra all’attuale velocità, l’umida Amazzonia si prosciugherà e brucerà, e anche presto.

Il loro studio presentato all’inizio di quest’anno spiegava: “La foresta pluviale amazzonica sta per subire un danno catastrofico anche se si verificherà un lieve aumento della temperatura terrestre, così come previsto nei mutamenti del clima. Più del 40 per cento della foresta pluviale andrà perduta se l’innalzamento delle temperature si limiterà a 1 grado, così come molti climatologi prevedono che ci si possa attendete a partire dal 2050. Un innalzamento che giunga a 3 gradi è probabile che provochi la sparizione del 75 per cento della foresta pluviale mentre se si raggiungono 4 gradi, considerato come il più probabile aumento nell’attuale secolo, a meno che le emissioni dei gas serra non vengano eliminate, sarà l’85 per cento della foresta pluviale a sparire.”. Ciò immetterebbe nell’atmosfera gigatoni di carbonio, rendendo il mondo ancor più inabitabile.

C’è qualcosa di eccitante nella sollevazione dell’Amazzonia, ma anche qualcosa di cui vergognarsi. Questo popolo non possiede nulla e tuttavia è rimasto in piedi a fronteggiare le compagnie petrolifere. Noi abbiamo tutto, eppure troppi di noi se ne stanno seduti calmi e passivi, riempiendo serbatoi con benzina rubata e senza pensare al domani. Il popolo dell’Amazzonia ha dimostrato di essere pronto a lottare per salvare il nostro ecosistema. Noi lo siamo?

Titolo originale: "A fight for the Amazon that should inspire the world "

Fonte: http://www.independent.co.uk
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24.06.2009

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